Negli ultimi scampoli del
passato millennio non tornò in voga solo il paradiso, ma anche il
diavolo tornò sulla terra a compiere il suoi traffici. Tra gli anni
Ottanta e Novanta storie di sette demoniache a Torino, film orrifici
o comici su diabolici invasamenti, curiosità e interesse diffuso.
Anche “il manifesto”, il quotidiano comunista, dedicò al tema
una delle sue “talpe” da cui ho tratto l'articolo che segue.
(S.L.L.)
È ritornato il tempo, a
quanto sembra, del diavolo e dei suoi traffici con le donne. Ogni
tanto accade. D’altra parte, cosa mai faremmo senza di lui? Angelo
ribelle, non si arrende mai. Figura tragica e patetica insieme, il
diavolo è ammirevole per la sua perseveranza e per le sue illusioni.
Sa che non può mai vincere, eppure insiste. Ha carattere. Angelo
decaduto, egli è ridotto a semplice strumento degli uomini, per la
loro perdizione o salvazione. Gli va un po’ meno peggio della
donna, a sua volta strumento di uno strumento. Servo e padrone
insieme, formidabile conoscitore delle leggi della natura, imitatore
eccelso, astuto, mentitore, è tuttavia capace di fare patti e
contratti con gli uomini, i quali, qualche volta, non li rispettano.
Desidera donne e uomini, ma in realtà sa di essere solo mezzo dei
loro desideri. Dinamizza la vita umana, evita che le cose vadano come
devono andare, permette che sia lasciato spazio al caso, alla libera
scelta, al disordine, all’instabilità, al turbamento. Il diavolo
muove le passioni, mette un po' di sale in una vita che altrimenti
sarebbe terribilmente uguale a se stessa, sicura, certa, stabile,
serena. In breve, dispoticamente beata. Pare che verrà anche il
tempo della sua fine. Ci auguriamo solo che esso non coincida con la
noia. Quest’ultima, infatti, è, come è stato detto, coscienza del
tempo, ma noi vogliamo anche viverlo il tempo, non solo guardarlo
eternamente passare.
Il libro che Ludovico
Maria Sinistrari scrisse nel 1699, intitolato Demonialità,
ossia possibilità, modo e varietà deil’unione carnale dell’uomo
col demonio, pubblicato da Sellerio, a cura di Carlo Carena, giunge
ora a noi per rendere il quadro demonologico più complesso. Non vi
sono soltanto demoni cattivi, ve ne sono alcuni solo un po’
libidinosi.
La breve ma bella
introduzione di Carena fornisce i dati storici, biografici e
filologici di questo scritto. Ludovico Maria Sinistrari, francescano,
autore di un grande trattato giuridico e morale, De delictis et
poenis, esorcista, consultore del Sant’Uffizio, nel 1670 scoprì
e fece condannare l’eretico Girolamo Rivarola, finito sul rogo a
Roma.
Sinistrari dunque ci
parla di poveri diavoli, di satiri, fauni, di esseri realmente
esistenti che hanno anima e corpo, passioni e desideri, in grado di
perdersi o di salvarsi, come noi. Si tratta degli incubi e dei
succubi, diavoli tentatori che cercano di congiungersi con uomini e
con donne. La differenza fra il demonio e questi incubi è
sostanziale. Il rapporto con il primo implica un patto, il culto r
l'adorazione, il rapporto con gli altri è solo rapporto carnale. Il
rapporto col primo è un peccato contro la religione, quello con il
secondo non lo è.
Dice infatti il
Sinistrari: «Si potrebbe osservare che in confessione occorre
dichiarare la circostanza del rapporto col demonio perché vi si
offende la religione. Ma si osservi: il peccato contro la religione
si commette o col culto o con l’ossequio o con l’invocazione resi
al demonio o con un patto di associazione con lui; ma... si trovano
incubi e succubi che non rientrano in nessuno dei casi predetti,
eppure avviene un rapporto carnale; quindi nel loro caso non si ha
nessuna empietà, e il rapporto non sarà che un puro e semplice
coito». D’altra parte, sempre secondo il Sinistrari, questi demoni
— gli incubi — esistono, hanno un corpo e sono capaci di
procreare. Ma come mai allora nessuno li ha mai visti?
L'argomentazione del francescano è addirittura stupefacente e segna
il punto cruciale di un ibrido fra l’immaginario
religioso-demonologico e il metodo scientifico, vero e proprio
crogiuolo di ciò che è stato il XVII secolo, epoca di streghe, di
diavoli, di roghi; e fra danze, congiunzioni, possessioni, esorcismi,
condanne, Galileo e Cartesio stavano in mezzo al fumo delle sentenze
eseguite.
Ma si legga appunto come
argomenta il Sinistrari, cacciatore di eretici: «degli enti naturali
presenti nel mondo l’uomo non ha ancora scrutato bastantemente né
l’esistenza né la natura, così da dover negare risolutamente un
fatto per la sola ragione che nessuno ne ha mai parlato o scritto.
Non vediamo che nel corso del tempo si sono scoperte nuove terre,
ignote ai nostri predecessori, nonché nuovi animali, erbe, piante,
frutti, semi ed altre cose mai viste altrove? e se fosse possibile
raggiungere i territori sconosciuti dell’emisfero australe, che
molti fino ad ora tentarono invano di ricercare ed esplorare, altre
novità ancora verrebbero alla luce. E non è evidente che dopo la
scoperta del microscopio e di altri meccanismi e strumenti propri
della moderna filosofia sperimentale, come anche grazie agli esami
più precisi degli anatomisti, si sono acquisite e ogni giorno più
si acquisiscono nozioni dell’esistenza, poteri, natura di molti
oggetti naturali ignoti ai filosofi a noi anteriore?». Sinistrari
non dubitava che con l’affinamento dei mezzi di osservazione, si
sarebbe prima o poi stati in grado di vedere questi incubi. Dal punto
di vista del metodo, egli sta dalla parte dei Moderni: l’autorità
degli Antichi non può ostacolare la ricerca e il suo progresso! Si
schiera con la filosofia sperimentale contro i testi antichi, come,
quasi negli stessi anni, andava facendo l’antropologo francese
Fontenelle, il quale per certo non cercava demoni, folletti e satiri.
Naturalmente, se gli
incubi possono essere scoperti essi hanno un corpo, che però è più
sottile di quello degli uomini e trasparente: ecco spiegata la
ragione della loro invisibilità.
Se dovessimo classificare
questi corpi trasparenti nell’ordine biologico rappresentato da
Adolf Portmann (Le forme viventi, Adelphi, 1969), cioè
secondo lo svilupparsi della distinzione fra «esterno» e «interno»
nel corpo e secondo il passaggio dalla trasparenza all’opacità,
dovremmo classificare gli incubi fra le specie animali inferiori.
Tuttavia, per fortuna delle donne e degli uomini con cui si
accoppiano, essi hanno comunque un corpo e ciò li separa nettamente
dai demoni cattivi, dotati di puro spirito, i quali per avere
pratiche sessuali devono usare un corpo preso altrove o fabbricato da
lui stesso. «Un corpo quindi che si muove, ma non vive». Sono
dunque i demoni cattivi a produrre automi ed a sospingere i cadaveri
ambulanti: cose che hanno apparenza di vita, cause del perturbante.
Ma la fortuna delle donne
e degli uomini che hanno rapporti con gli incubi non è solo quella
di non avere a che fare con un automa o con un cadavere: essi hanno
infatti commesso un crimine meno grave di coloro che si sono
congiunti col demone cattivo. In questo secondo caso, ad avviso di
Sinistrari, «basterebbe a un giudice la prova di testimonianze
sufficienti per procedere all’accertamento della verità mediante
tortura, soprattutto se poco dopo l’atto si fosse visto levarsi
dalla donna un qualche fumo nero e poi alzarsi la donna».
Se qualcuno non crede
ancora che noi vediamo e percepiamo solo quello che vogliamo vedere e
percepire, che il vedere e il percepire dipendono dal modo già
costruito di vedere e di percepire, vada pure alla ricerca del fumo
nero: vi troverà sicuramente il demonio che, a quanto si dice, è
ritornato fra noi. E provi a guardare negli occhi zombies, bamboline,
marionette; cadaveri e automi; e cerchi di resistere alla tentazione.
Da “il manifesto – la
talpa giovedì”, ritagli senza data, ma 1986
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