“A tiempu di li mussa luordi”,
quand'ero ragazzo, indicava tra i vecchi popolani un'epoca remota, ma
non del tutto imprecisata. Era un tempo in cui loro non erano
vissuti, ma i loro padri e i loro nonni sì, significava più o meno “due
generazioni fa”. Pare che questi “mussa luordi”
(“musi sporchi”) fossero in realtà gli operai venuti sul finire
dell'Ottocento a costruire una tratta ferroviaria e la stazione
Campobello-Ravanusa. Dovevano essere una quindicina, tutti calabresi,
perché calabrese, stando alle memorie che ho raccolto, era l'impresa
costruttrice, e portavano quasi tutti folti baffi come segno di
distinzione, una sorta di elemento identitario.
Rimasero
più di un anno e all'osteria facevano gruppo a sé. A quanto pare
per condire le loro sarde o olive, che lui stesso vendeva loro, o la
“roba cotta”,
frattaglie e scarti della macellazione dei suini a lungo bolliti, che
compravano dal macellaio, l'oste si era procurato i piccanti
peperoncini secchi che i calabresi tanto amavano e continuano ad
amare, mentre da noi quel condimento era pochissimo usato e la spezia del
piccante era soprattutto il pepe (“pipispieziu”). Pare che il piccante del peperoncino "chiamasse" il vino e ne facesse aumentare il consumo.
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