La cultura zingara
possiede una ricca tradizione orale. Le fiabe vengono narrate da
chiunque le conosca in moltissime occasioni: serate tra amici, lunghi
viaggi, oppure riunioni formali come i battesimi e specialmente le
veglie funebri che possono durare molti giorni e molte notti e dove
le fiabe vengono narrate non per intrattenere ma per consolare.
Questa tradizione, tuttavia, oggi rischia di disperdersi; si presenta
quindi tanto più utile e interessante l'opera di Diane Tong che ha
raccolto in forma scritta alcune delle fiabe più note traendole da
un vasto repertorio internazionale. (Storie e fiabe degli zingari,
traduzione di Andrea Di Gregorio, Guanda, pagg. 320, lire 30.000).
Non conosciamo
statistiche precise sulla popolazione zingara sparsa nel mondo;
gruppi di zingari si sono stabiliti in ogni nazione dell'Europa, in
Medio Oriente, nel Nord Africa, in America, nelle Hawaii, in
Australia e in Nuova Zelanda e si calcola che oltre ai circa venti
milioni che vivono in India, ci siano dai dieci ai venti milioni di
zingari sparsi un po' in tutti i paesi. Originari dell'India
settentrionale, gli zingari si mossero, a partire dal decimo secolo,
in successive ondate verso l'Europa dove la loro presenza è
menzionata per la prima volta nel XV secolo. Popolo nomade per
antonomasia, ha sempre svolto varie attività, quelle stesse che
ritroviamo più frequente nelle fiabe: la lavorazione del ferro, il
commercio dei cavalli, la musica, la chiromanzia e, non ultima,
proprio la narrazione di fiabe.
Percepiti, in quanto
stranieri e nomadi, come portatori di valenze negative, gli zingari
sono stati perseguitati dovunque andassero con massacri, deportazioni
e per più di cinque secoli, nell'Europa sud orientale e centrale,
ridotti in schiavitù. Liberati ufficialmente alla metà
dell'Ottocento, gli zingari hanno però dovuto sottostare da quel
momento e quasi dappertutto ai tentativi di assimilazione forzata e
di rinuncia alla loro cultura. L'odio contro di essi ha raggiunto il
suo culmine con il nazismo durante il quale mezzo milione di zingari
perirono nell'Olocausto.
Matrimoni misti
Una testimonianza di
questa tragedia è entrata a far parte della tradizione orale zingara
con il racconto Il piccolo zingaro di Auschwitz. Ma, malgrado
il generale raccapriccio nei confronti dell'Olocausto, l'immagine
negativa degli zingari è rimasta e se ne trova qualche traccia anche
in Italia dove spesso succede che quartieri cittadini si sollevino
contro la vicinanza delle roulotte e che le madri rifiutino di
mandare a scuola i loro figli se vi si trovano anche bambini zingari.
Naturalmente è il loro stile di vita, riassunto nel nomadismo, che
si configura in modo negativo negli stereotipi che li accompagnano:
essere sporchi, essere mendicanti, essere ladri, essere incapaci di
lavorare e così via. Il disprezzo di cui gli zingari sono oggetto da
parte del resto del mondo è uno dei temi maggiormente trattati nelle
loro storie. Nella Zingara e la caverna si parla di una delle
difficoltà più comuni, ossia del non poter trovare luoghi dove
accamparsi perché nessuno li vuole vicino; nell'Uccello è
descritto l'orrore con il quale molti non-zingari vedono i matrimoni
misti: la profezia dell'uccello che la figlia del nobile sarebbe
andata sposa ad uno zingaro tormenta il nobile che non sa pensare ad
altro. Nel racconto americano Alifi e Dalifi l'eroe ha
imparato che di solito non è opportuno rivelare la propria identità
etnica: “Il ragazzino non voleva parlare di sé perché sapeva che
se avessero saputo che era zingaro, non l' avrebbero più voluto.
Così, quando vide la bella casa e con che riguardo veniva trattato,
rifiutò di dire qualsiasi cosa su di sé: né da dove venisse né
chi fossero i suoi genitori. Fece finta di non saperne nulla”. In
due racconti: La vendetta del rospo e Come si sta nel
paradiso degli zingari troviamo bene espressa la loro collera di
fronte al modo con cui sono trattati e le fantasie di rivalsa con cui
tentano di consolarsi: “In questo nostro paradiso zingaro, i nostri
figli zingari si incontrano per contarsela e bere alla propria
salute. I figli dei gagé (i non-zingari), invece, se ne stanno fuori
a tremare di fame e di freddo e a elemosinare un po' di cibo dai
nostri figli. Ma i nostri figli zingari ridono, ridono di loro. Li
prendono in giro e mangiano, e mangiano ma non danno loro neanche un
boccone”.
Un altro tema
significativo di questi racconti è l'orgoglio di essere zingari. Nel
racconto La creazione, per esempio, il colore giusto della
pelle è quello zingaro; e nella Zingara e la caverna il
narratore esalta l'intelligenza e l'ingegnosità degli zingari: “Ecco
perché da allora fino a oggi, dieci milioni di anni dopo, la gente
dice ancora che gli zingari sanno tutto. Ed è vero”.
Molti racconti eziologici
presentano una spiegazione del perché gli zingari sono sparpagliati
sulla terra: “Questo fatto accadde molto tempo fa. Uno zingaro era
in viaggio con la sua famiglia. Il suo cavallo era magro e malfermo
sulle gambe, e più la famiglia dello zingaro cresceva, più a lui
riusciva difficile tirare avanti il suo pesantissimo carro. Ben
presto, d'altronde, il carro fu talmente pieno di ragazzetti che
saltavano l'uno sull'altro che il povero cavallo a malapena poteva
trascinarsi lungo la pista sconnessa. Mentre il carro procedeva
faticosamente, inclinandosi prima a sinistra, poi piegandosi a
destra, pentole e padelle finivano per rotolare fuori e, di tanto in
tanto, anche qualche bambino veniva scagliato a capofitto sulla
strada. Certo, non era poi così terribile di giorno, quando potevi
sempre fermarti a raccogliere da terra pentolame e marmocchi, ma di
notte poteva cadere qualsiasi cosa e neppure te ne saresti accorto. E
in ogni caso, chi mai sarebbe riuscito a tenere il conto di una tribù
simile? E intanto il ronzino continuava per la sua strada. Lo zingaro
continuò a viaggiare per il mondo e, dovunque andasse, si lasciava
dietro un figlio e un altro, e un altro ancora. E così, vedete,
accadde che gli zingari si sparpagliarono in tutto il mondo”.
Anche sulla presenza
della musica nella loro vita si narrano molte fiabe, come per esempio
in Come gli zingari sono diventati musicisti, Il rom nel
pianoforte e Il violino tzigano in cui è il diavolo che
insegna a una ragazza, infelice per amore, a suonare il violino
traendone dolcissime melodie.
Esperienza di vita
Alcuni dei temi trattati
nelle fiabe zingare sembrano essere originali del loro folclore, ma
molti altri sono comuni alla tradizione universale; così, per
esempio, troviamo una specie di versione maschile di Cenerentola
nel racconto polacco Il fratello stolto e il cespuglio magico,
con il trionfo finale dell'umile eroe e il riconoscimento del suo
valore; nella storia gallese Jack e la tabacchiera d'oro vi
sono invece tre motivi diffusissimi nel folclore universale, quali
quello del giovane che parte per vedere il mondo, quello del padre di
una principessa che impone un arduo compito al pretendente alla mano
di sua figlia e quello, analizzato da Bettelheim dal punto di vista
psicoanalitico, degli animali che aiutano l'eroe nelle sue difficoltà
e senza il cui intervento non sarebbe in grado di affrontare la vita
reale. In l'Uccello e la gabbia d' oro si trovano elementi
comuni a temi universali come quello del fratello minore che riesce
nella sua impresa nonostante la slealtà dei due fratelli maggiori, e
nella Volpe e il mugnaio troviamo una versione del Gatto con
gli stivali in cui appunto, contrariamente alla tradizione
dell'Europa occidentale in cui l'animale servizievole è il gatto, il
suo ruolo è assunto dalla volpe, come nella versione italiana,
greca, russa e in genere quelle orientali. Nel Rimborso del morto
troviamo una variante del racconto-tipo, diffuso ovunque, nel quale
un misterioso straniero torna dall'aldilà per pagare un debito di
riconoscenza, racconto trattato letterariamente da Hans Christian
Andersen nella fiaba Il compagno di viaggio; nell'Ingegnosa
figlia del sarto c' è invece un tema greco, ripreso in una
variante siciliana nella Caterina la sapiente di Italo
Calvino. In effetti la maggior parte dei racconti zingari appartiene
alla tradizione folclorica indoeuropea e forse furono proprio gli
zingari, nel loro vagabondare e nel ruolo di narratori professionisti
che gli è proprio, a trasportare nei vari paesi questi racconti,
adattandoli alla loro esperienza di vita e cercando di giustificare e
di rendere positivi soprattutto quegli aspetti che continuano ad
essere percepiti come disvalori dal mondo nemico che li circonda.
“la Repubblica”, 7
dicembre 1990
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