Seggetta |
Parliamo di sesso senza
troppi problemi. Parliamo anche di morte, che sempre più è visibile
e mostrata in serie tv, romanzi e film. Eppure quando si tratta della
defecazione scegliamo registri lessicali curiosi che tendono a
ingentilire e “pulire” ciò che per sua natura è sudicio,
sporco, schifoso. Qualcuno doveva pur sporcarsi le mani o, meglio, la
penna. L’ha fatto Rose George, giornalista britannica con una
solida formazione a Oxford, nel suo libro Il grande bisogno
(tradotto in Italia da Bompiani), una sorta di Bibbia sul tema.
Lo scienziato cognitivo
Steven Pinker ha elencato una serie di dodici categorie di eufemismi
che includono la parola tabù (merda), quella medica
(defecazione, evacuazione) e quelle formali (feci,
escrementi, escrezioni, defecazione, deiezioni).
Come scrive George, «la scorciatoia moderna più semplice per la
rimozione dello smaltimento degli escrementi umani – i servizi
igienici – è un eufemismo per defecazione, che è un eufemismo per
escrezione, che è un eufemismo per cacare. È questo il motivo per
cui il giovane eroe di It’s Grinch Night del Dr. Seuss può
chiedere il permesso di “andare all’eufemismo”».
Letteratura
scatologica
Sarà pure volgare per i
nostri tempi, eppure in passato non si disdegnava affatto parlarne in
letteratura e non solo. Sin dai classici ritroviamo l’atto e la
parola, a volte richiamato in senso giocosamente beffardo, altre
volte meno. Come nel caso dell’Imperatore Claudio, che tutti
consideravano un idiota, la cui morte è così descritta da Seneca:
«Queste furono le sue ultime parole, pronunciate dopo che si fu
espresso a voce piena con quella parte del corpo con la quale parlava
più volentieri: “oioi, mi sa che mi sono cacato addosso”. Non so
se fosse vero: di sicuro, smerdò tutto».
Ma l’elenco è lungo.
Dante fa un ricorso (a volte un abuso) del tema della “merda”:
“vidi un col capo sì di merda lordo / che non parea s’era laico
o cherco”, scrive nell’Inferno. E qualche canto dopo, il famoso
verso: “Per l’argine sinistro volta dienno; / ma prima avea
ciascun la lingua stretta/ coi denti, verso lor duca, per cenno; / ed
elli avea del cul fatto trombetta”.
Del resto, il “mangiare
merda” è un simbolo ricorrente di ingordigia e avidità presente
in Aristofane, Plauto, Rabelais, Swift, Sterne, fino all’ossessione
“escrementizia” di Gadda. Il tema è sempre piaciuto assai, tanto
che nel Seicento il letterato Tommaso Stigliani scrive Merdeide,
un poema antispagnolo che recava come sottotitolo: Stanze in lode
delli stronzi della Real Villa di Madrid.
Il bagno, pietra
miliare
Ma se l’atto del
defecare è stato cantato e tematizzato dalla letteratura, esiste un
altro aspetto più importante dal punto di vista storico. E si tratta
del luogo dove tutto questo avviene. Infatti, secondo il genetista
dell’università di Harvard, Gary Ruvskun, la toilette è la più
grande singola variabile che ha aumentato la vita media dell’uomo.
Come riporta il libro della George, infatti, nel 2007 il British
Medical Journal chiese ai propri lettori di indicare quale fosse
stata l’invenzione della ricerca medica più importante degli
ultimi duecento anni. Fra le risposte possibili da votare c’era
un’ampia scelta, dagli antibiotici alla pillola anticoncezionale.
Ebbene, fra le scoperte giudicate più importanti nella storia
dell’umanità furono scelte le misure igieniche. Non dovrebbe
stupire, stando perlomeno al lungo e appassionato studio della
George. La quale ci spiega che attualmente circa 2,6 miliardi di
persone al mondo non dispongono di servizi igienici. Il che non
significa che non abbiano un water dove sedersi per liberarsi
comodamente. No, si parla qui di persone che non hanno una
catapecchia, una latrina, una toilette in comune… insomma qualcosa
che in qualche modo “scarichi” altrove i loro escrementi.
Parliamo di 4 persone su 10, al mondo, che defecano liberamente su
strade, campi, viottoli dove camminano, mangiano e vivono.
L’invenzione del
wc
Ecco allora perché
l’invenzione del wc è da considerarsi come una pietra miliare
della nostra civiltà. A Londra, nel XIX secolo, impestata da latrine
a cielo aperto e scarsissima igiene, un bambino su due moriva
prematuramente. Quando furono introdotti pochi, scarsi elementi di
igiene pubblica (latrine con scarichi fognari, il lavaggio delle mani
con il sapone), la mortalità infantile si ridusse a un quinto. Ecco
allora perché gli storici salutano la nascita dell’igiene pubblica
in quel venerdì mattina del 1854, quando il dottor John Snow chiuse
una pompa d’acqua di Broad Street perché aveva capito che il
colera si diffondeva per contagio con gli escrementi finiti nel
sistema idrico.
Da allora è stato tutto
un fiorire di wc, l’acronimo inglese per water closet – ma
anche qui ci si può sbizzarrire su come, nel tempo, le lingue si
sono esercitate nell’indicare quel posto lì: il francese toilette
(cioè la “tela” che veniva usata per coprire il luogo preposto)
usato dagli inglesi nel XIX secolo, mentre i francesi (perché la
politica è dappertutto!) di tutta risposta cominciarono a chiamare i
cessi con lieux à l’anglaise, “posti inglesi”; ma per
trovare definizioni poetiche tocca tornare indietro al Medioevo
(quando non esistevano i bagni ma solo latrine) con la casa
necessaria di molti monaci, o la casa del sollievo del re
d’Inghilterra Enrico VIII e così via.
A ognuno le sue
tecniche
Rose George ha calcolato
che ogni essere umano spende 3 anni della sua vita al gabinetto.
Scoprendo che i popoli si dividono in accovacciati e seduti.
L’antropologo Norbert Elias nel suo Il processo di
civilizzazione studiò con cura la defecazione umana diventata
attività privata di cui vergognarsi – mentre in passato era
un’attività pubblica, e in alcuni regni era un onore partecipare a
una “seduta” dei monarchi. Vien da pensare al film di Luis
Bunuel, Il fantasma della libertà, in cui in un episodio le persone
sono sedute amabilmente ognuna su un wc intorno alla tavola mentre
per mangiare devono andare di nascosto a trangugiarsi avidamente in
uno stanzino, in solitudine. Per non dire di Freud, secondo cui il
controllo degli sfinteri va considerato al pari del controllo della
lingua.
Metafisica dei
cessi
C’è anche chi si è
“spinto” oltre, come il filosofo Slavoj Zizek, il quale in una
famosa conferenza ha proposto di trattare «la merda come
matière-à-penser», capace addirittura di incarnare lo
spirito del tempo per comprendere le varie filosofie nazionali. Il
filosofo proponeva infatti di analizzare i wc dei singoli Paesi: i
tedeschi usano la tradizionale tazza con il buco di fronte, nella
parte anteriore. Ecco, ci dice il filosofo: questo permette ai
tedeschi di «annusare e ispezionare per trovarvi le tracce di
un’eventuale malattia». Poi ci sono le tazze francesi, il cui il
buco è dietro, posto nella parte posteriore, così che la merda
«sparisca il più presto possibile». Infine ci sono le tazze
angloamericane, che rappresentano una mediazione fra i due poli
opposti: la tazza è piena d’acqua, così che «la merda vi
galleggi visibile ma non ispezionabile». Secondo Zizek ritroviamo in
queste differenti tazze tre diversi atteggiamenti esistenziali:
profondità riflessiva tedesca, impazienza rivoluzionaria francese,
moderano pragmatismo utilitarista inglese. Per concludere: «Il
riferimento ai tre differenti tipi di wc ci permette di distinguere
tre diverse attitudini verso l’eccesso escrementizio: fascinazione
ambiguamente contemplativa; tentativo frettoloso di sbarazzarsi
dell’eccesso spiacevole il più presto possibile; approccio
pragmatico nel trattare l’eccesso come un oggetto ordinario di cui
disporre nel modo più appropriato». Insomma, una metafisica dei
cessi.
Pagina 99, 1 aprile 2017
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