13.5.17

La lunga parabola dell’anarchia. Un saggio di Gianfranco Ragona (Donatella Di Cesare)

Gustav Landauer
Che la storia del pensiero anarchico, con le sue alterne vicende, le rivoluzioni soffocate sul nascere, i protagonisti condannati il più delle volte a destini tragici, si svolga nel segno del dramma? Proprio questo suggerisce Gianfranco Ragona nel suo libro Anarchismo Le idee e il movimento (Laterza, 2013). Da Emma Goldman a Buenaventura Durruti, da Nestor Machno a Murray Bookchin, da Johann Most a Rudi Dutschke, i personaggi che animano le pagine del volume sono molto diversi tra loro, come divergenti appaiono spesso anche le teorie e i progetti politici. Eppure Ragona riesce a disegnare un percorso storico che dalla modernità, a cui assegna l'esordio dell'anarchismo, si snoda fino alla fase ultima, quella inaugurata dai movimenti no global. Se è vero che l'anarchia non ha finora trionfato sul palcoscenico della storia, è altrettanto vero che proprio quei motivi, responsabili - nel corso dell'Ottocento - di averne determinato la separazione dalle correnti politiche del socialismo internazionale, rappresentano la sua attualità. E sarebbe dunque un grave errore volgere alla retrospettiva storica uno sguardo nostalgico.
Non è tanto il cammino dell'individualismo, indicato da Stirner, quanto quello del comunitarismo a suggerire idee e posizioni che funzionano da risposte alle domande del presente. Anzitutto l'anarchismo storico ha sempre inteso la politica in chiave etica. In questo contesto assumono rilievo la critica allo stato, denunciato come strumento coercitivo nelle mani della nazione, la riflessione sul potere, che non si limita alla denuncia della ineguaglianza economica ma si fa carico anche dell'esigenza di realizzare una «buona vita», garantita per tutti, e infine l'idea di una comunità costruita dal basso nell'aiuto reciproco, nel mutuo soccorso.
Da Proudhon a Bakunin appare chiaro come l'avversione allo stato si accompagni alla contestazione vigorosa del capitalismo e alla difesa di un autogoverno economico. Ma quel che costituisce la peculiarità dell'anarchismo è la convinzione che il cambiamento sociale non possa essere dettato con l'autorità e la forza. Conquistare lo stato, per trasformare le basi economiche del capitalismo, vorrebbe dire non solo rimpiazzare una classe con un'altra, ma anche perpetuare il dispositivo del potere soggiacendo a quegli stessi mezzi che si dovrebbero abolire.
La questione va ben oltre la storica disputa tra Marx e Baxunin. D'altronde, fu durante la Comune di Parigi nel 1871 che, con sorpresa di molti, lo stesso Marx parlò più da anarchico che da marxista: sostenne che la costituzione comunarda aveva reso superflua l'escrescenza parassitaria dello stato e riconobbe nella produzione cooperativa un modello di comunismo. Nel definire la Comune un «autogoverno dei produttori», scrisse: «ma questo è comunismo, ‘impossibile’ comunismo!».
Dalla Comune di Parigi a quella di Kronstadt del 1921, le rivoluzioni anarchiche restano coerentemente lontano da ogni forma di potere che possa somigliare allo stato. È forse Emma Goldman, figura di spicco dell’anarchismo ebraico trapiantato in America, a sintetizzare meglio la lezione che derivava dalle vicende russe: i fini rivoluzionari della libertà sono incompatibili con la coercizione.
Sebbene sia durata solo sette giorni, la Rivoluzione dei Consigli della Baviera, proclamata il 6 aprile 1919 mantiene un valore emblematico. Ne fu protagonista fu Gustav Landauer, fine intellettuale, amico di Martin Buber e ispiratore di Walter Benjamin. Alla sua figura e al suo pensiero Ragona ha dedicato la monografla Gustav Landauer. Anarchico, ebreo, tedesco, uscita per gli Editori riuniti nel 2010. Ancora poco tradotto in Italia (ma si deve ricordare il volume: La comunità anarchica. Scritti politici, Elèuthera, 2012), Landauer è diventato l’autore più discusso negli ultimi anni, sia per la sua idea di «rivoluzione permanente», sia per la sua riflessione sulla organizzazione del mondo in «comunità di comunità», capaci di opporsi al pericolo di uno stato planetario.
Landauer ha rappresentato, insieme al poeta e drammaturgo Erich Mühsam, l’impegno per la cultura – già il secondo giorno della rivoluzione avevano ridisegnato la scuola e l’università. Lo stesso impegno si ritrova negli Ateneos Libertarios istituiti nel 1936 durante la guerra di Spagna. Ma la storia del pensiero anarchico non si conclude con quella Breve estate dell'anarchia che dà il titolo allo splendido romanzo di Enzensberger. Ragona ne ricostruisce le teorie tra Paul Goodman e Noam Chomsky in America e ne ripercorre le vicende soprattutto a partire dal sessantotto. D’altronde, si parla di una «svolta anarchica», negli ultimi anni, anche in filosofia. Un centro di questo intreccio di pensieri è alla New School di New York dove insegna Simon Critchley; ma al suo si devono aggiungere i nomi di Judith Butler, Uri Gordon, Miguel Abensour e David Graeber, tutti impegnati nella stesura di un nuovo capitolo della filosofia, che attende di essere scritto.


“alias il manifesto domenica”, 20 ottobre 2013  

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