«Mi venga un accidente se non siamo in
una bella situazione quando un qualsiasi sporco forestiero incapace
di guadagnarsi la vita nel paese dove Dio l’ha fatto nascere può
venire in questo a portare via i quattrini dalle tasche di un
americano».
Di chi è questa frase? Si direbbe di
Trump durante la campagna presidenziale di questo 2016.
Nella terza parte di L’urlo e il
furore uno dei protagonisti, Jason, svolge un lungo monologo che
serve a Faulkner per caratterizzare in modo deteriore questo
personaggio, il più spregevole dei fratelli Compson, sadico e
truffatore. La frase è sua, siamo nel 1928, agli inizi della grande
depressione. La crisi economica contribuiva allora, come accade anche
oggi, novanta anni dopo, a incrementare la xenofobia e lo squallore
morale (Jason è anche razzista, odia i neri e gli ebrei). Che questa
frase che Faulkner riteneva degradante possa essere attribuita non a
un figlio degenere della decaduta classe rurale americana degli anni
venti, come Jason, ma a un presidente dello stato più potente
dell’Occidente fa pensare in quale abisso siamo caduti.
Fra il 113 e il 116 d. C. Tacito scrive
gli Annali. Tacito era parte della classe dirigente romana,
fece carriera politica, ma soprattutto fu abile oratore e infine uno
dei maggiori storici dell’età antica e un grandissimo scrittore,
che per molti versi sembra anticipare lo stile sintetico e la
cattiveria espressiva di Machiavelli. Nel capitolo 44 del Libro XV
descrive l’incendio di Roma provocato, secondo la voce popolare, da
Nerone e da lui attribuito ai cristiani, che per questo furono
perseguitati, crocifissi, arsi vivi per illuminare le strade di notte
e offerti alle belve nel circo, col consenso della maggior parte del
popolo romano che già odiava i seguaci di Cristo vedendo in loro una
misteriosa e pericolosa setta orientale, ma poi anche, osserva
Tacito, con un certo disagio di fronte alla crudeltà eccessiva dei
supplizi. Secondo Tacito, i cristiani nell’incendio non c’entravano
affatto e tuttavia, a suo parere, essi erano comunque «rei
meritevoli di pene severissime», in quanto gente spregevole, dedita
a ogni tipo di nefandezze («flagitia»). D’altronde il
cristianesimo è un «morbo» proveniente dalla Giudea, commenta, e
tutto ciò che di peggiore c’è in ogni parte del mondo confluisce
su Roma.
Trump, Faulkner, Tacito documentano la
continuità nel tempo degli atteggiamenti xenofobi. Passano i secoli
ma la paura e l’odio per lo straniero sembrano restare inalterati.
Eppure è possibile cogliere una differenza importante fra Faulkner e
Tacito. Il primo condanna la xenofobia vedendovi il segno della
degradazione morale e civile del suo personaggio, il secondo non solo
la ritiene naturale e normale ma la condivide, come del resto la
classe dirigente di cui faceva parte e che rispettava le religioni
degli altri popoli solo nella misura in cui non interferivano col
culto dell’imperatore. Tacito esprime la posizione egemone nella
classe dirigente di allora, il “politicamente corretto” dei suoi
tempi, Faulkner quello delle élites culturali del proprio.
Cosa è accaduto nel frattempo nella
storia della cultura e della civiltà occidentale? Il successo del
cristianesimo, l’avvento dell’umanesimo e dell’illuminismo, la
rivoluzione francese e quella americana hanno progressivamente
affermato nel corso dei secoli e soprattutto del Novecento, a prezzo
di immani catastrofi, i valori della tolleranza, della democrazia e
della uguaglianza fra gli uomini, e ciò è accaduto prevalentemente
all’interno degli strati intellettuali, del ceto medio e, finché è
esistito, del popolo dei lavoratori. Il “politicamente corretto”
che oggi è di moda sbeffeggiare non è che un residuo di questo
fenomeno culturale, e anche se può talora coprire ipocritamente i
guasti di una classe dirigente è pur sempre il segno di una
evoluzione culturale e civile e comunque esprime, anche
inconsapevolmente, il ricordo, e il bisogno, di quei valori.
Ma in questo campo ogni successo è
provvisorio. L’animale-uomo è una creatura ferina («l’inconscio
è Hitler», scriveva Saba lettore di Freud) e la sua inclinazione
alla xenofobia si riaffaccia continuamente soprattutto quando il
disagio economico è tanto forte da far scoppiare, come sta accadendo
anche oggi, le guerre fra i poveri. Il cristianesimo è consapevole
di questa spontanea inclinazione al male e col battesimo cerca di
cancellare tale macchia originaria. Ma la spinta a mettere in pratica
la ferinità fa parte poi anche della storia dello stesso
cristianesimo, dalla strage degli Albigesi alla caccia alle streghe e
ai genocidi commessi in America Latina dagli spagnoli cattolicissimi.
Fa parte anche della storia di paesi cristiani che hanno conosciuto e
praticato, in Germania anche recentemente, l’odio razzista.
E dunque? Non ci sono risposte facili.
Comunque la strada è lunga e difficile. Ma forse solo attraverso la
lotta contro l’ignoranza e una estensione della cultura, della
educazione civile e democratica, e attraverso un miglioramento delle
condizione di vita delle masse (la degradazione economica è sempre
l’anticamera di ogni degradazione), forse un giorno si renderà
possibile che quanto ancor oggi appartiene alla maggior parte degli
intellettuali e a una parte consistente del ceto medio divenga
patrimonio dell’umanità. Ma intanto, per favore, non sbeffeggiamo
il “politicamente corretto”. Jason che senza vergognarsi
pronuncia frasi come quella riportata all’inizio non era
“politicamente corretto”. Se l’alternativa al cosiddetto
“snobismo” dei ceti colti è rappresentata dalla cialtronaggine
di Jason e dalla bestialità di massa non c‘è da stare allegri.
dal sito "La letteratura e noi", 13 novembre 2016
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