Intervista a Felice
Fabrizio e a Sergio Giuntini
L’incontro con i due
storici dello sport Sergio Giuntini e Felice Fabrizio avviene a
margine di un interessante convegno nazionale svoltosi a Milano poco
prima di natale, che ha avuto per titolo Fratelli sportivi
d’Italia. La città e la Nazione in 150 anni di vita sociale e
sportiva, snobbato dalla grande stampa sportiva. Entrambi gli
studiosi fanno parte della Società italiana di Storia dello sport e
con loro c’era anche John Foot, professore di Storia contemporanea
preso il Dipartimento di italiano dello University College di Londra,
autore dell’ormai classico Calcio. 1898-2010. Storia dello sport
che ha fatto l’Italia (Rizzoli). Nel suo intervento al
convegno, Foot si è meravigliato che in Italia la storia insegnata a
scuola non faccia alcun riferimento alla storia dello sport.
Un’affermazione che fa il pari con quella dello scrittore
uruguayano Eduardo Galeano, che anni fa commentando il massacro dei
guerriglieri Tupac Amaru, uccisi dopo aver tenuto in ostaggio 72
persone nell’ambasciata giapponese di Lima, disse: «È uno
scandalo che i libri di storia non parlino di calcio. Non succede
nulla in America Latina che non abbia un rapporto diretto o indiretto
con questo sport. La carneficina perpetrata da Fujimori (allora
presidente del Perù, ndr) a Lima è avvenuta mentre
sequestratori e prigionieri giocavano a calcio e Nestor Cerpa
Cartolini, il capo del commando, è morto indossando la maglietta
dell’Allianca Lima» (e già che ci siamo ci sembra doveroso
ricordare come Oscar Washington Tabarez, l’allenatore-filosofo
dell’Uruguay che l’anno scorso ha vinto la Coppa America, prima
di sedersi in panchina fosse stato un maestro di scuola elementare a
Montevideo).
Con Giuntini e Fabrizio
parliamo allora del perché in Italia lo sport resti relegato alle
due ore settimanali di educazione fisica e non riesca a trovare posto
nei libri di storia come mezzo per sollecitare la curiosità degli
studenti.
È possibile insegnare
la storia dello sport a scuola?
Giuntini. «Non solo è
possibile ma sarebbe necessario. Lo sport costituisce una parte
integrante del vissuto delle giovani generazioni, che dimostrano una
grande sensibilità verso le tematiche sportive».
Fabrizio. «Condivido
pienamente. In quanto fenomeno culturale, lo sport fa parte a pieno
titolo della storia. Ignorarlo significa non tenere conto
dell’impatto che esso ha avuto e continua ad avere sulla vita
quotidiana di milioni di persone, in particolare degli adolescenti».
In che modo la storia
dello sport potrebbe suscitare l’interesse degli studenti?
G. «Partirei dalle
conoscenze di tipo diretto già possedute dagli studenti: la pratica
dello sport e il tifo. Si potrebbe ricostruire la storia delle
discipline e la dimensione comunitaria del tifo come partecipazione
collettiva ad eventi pubblici di grande significato simbolico. Un
aspetto molto presente nelle diverse epoche della storia della
civiltà umana».
F. «Aggiungerei altri
due spunti: l’accostamento alla dimensione mitica degli eroi
eponimi e l’impatto che le pratiche sportive hanno prodotto nel
tempo sulle realtà locali in quanto elementi identitari».
L’insegnamento della
storia dello sport darebbe una dimensione più culturale
all’educazione fisica, visto che da quest’anno come prevede una
circolare del Miur gli studenti avranno in pagella anche il voto
orale oltre a quello pratico?
G. «L'educazione fisica
ha bisogno di riaffermare la sua dimensione culturale. E un approccio
storico si presta molto bene a questo tipo di valorizzazione».
F. «Perché questo si
realizzi compiutamente è tuttavia necessario avviare e proseguire
una prassi di collaborazione tra docenti delle diverse discipline che
conferisca a ciascuno pari dignità».
Quali argomenti si
dovrebbero affrontare alle scuole medie per interessare i ragazzi
alla storia dello sport e con quali strumenti?
G. «I supporti
multimediali sono indispensabili per suscitare l’interesse degli
studenti. Proporrei dei metodi affabulatori che fanno leva anche
sulla dimensione mitologica dello sport, le biografie dei grandi
campioni come Coppi e Bartali, ma anche quelle più irriverenti da
Maradona a Balotelli. È un pretesto per tracciare degli excursus
più ampi della storia sociale dello sport nelle diverse epoche».
F. «Nella mia quasi
trentennale esperienza di insegnamento nelle scuole medie inferiori
della provincia e della periferia di Milano ho sperimentato con
successo anche altre modalità: le biografie individuali e
societarie, l’indagine statistica sulla presenza e sulla
distribuzione nel territorio delle discipline sportive, la
riflessione critica e autocritica a partire da testi scritti e
audiovisivi».
Chi dovrebbe insegnare
storia dello sport alle medie e alle superiori, il docente di
educazione fisica, di storia e filosofia o di lettere?
G. Alle medie si potrebbe
fare un lavoro interdisciplinare tra il docente di lettere e quello
di educazione fisica, ma si potrebbe allargare anche a una più ampia
interdisciplinarità. Alle superiori tra l’insegnante di storia e
filosofia e quello di educazione fisica. Se le lezioni di storia
dello sport sono concordate in tandem fanno più presa sugli
studenti».
F. «Concordo in pieno.
Nella mia esperienza, ho trovato spesso piena disponibilità anche da
parte degli insegnanti di inglese».
Se il ministro
dell’Istruzione vi chiedesse di stilare un programma di storia
dello sport da quali argomenti iniziereste e con quali finireste?
G. «L’Età
greco-romana è un punto di partenza imprescindibile; l’Età
comunale con il municipalismo che si manifesta in molte forme di
rivalità anche «sportiva»; l’Umanesimo e il Rinascimento per la
riscoperta della corporeità; l’Illuminismo per le idee pedagogiche
che aprono ad una educazione naturale e ludica; infine tutto il
Novecento e in particolare l'età dei totalitarismi: lo sport
fascista, nazista, comunista».
F. «Aggiungerei una
sintetica rievocazione del contributo spirituale e materiale che le
attività motorie hanno offerto al Risorgimento italiano».
Quali sono gli
avvenimenti più importanti del ‘900, che uno studente delle
superiori dovrebbe conoscere?
G. «Le Olimpiadi del
1896 e la figura complessa e per alcuni aspetti contraddittoria del
barone De Coubertin. I trionfi azzurri ai mondiali di calcio del 1934
e del 1938 e l’utilizzo propagandistico che ne fece il regime
fascista. Hitler, Goebbels e le Olimpiadi di Berlino del 1936. Le
Olimpiadi della contestazione a Città del Messico 1968, con il pugno
chiuso di Tommy Smith e John Carlos sul podio dei 200 metri. Lo sport
durante la Guerra Fredda con i due grandi boicottaggi olimpici del
1980 a Mosca e del 1984 a Los Angeles. Infine il doping di stato
nell’ex Germania dell’est».
F. «Gli argomenti
fondamentali sono proprio questi. Si potrebbero integrare con un
excursus sulle tappe e sulle modalità attraverso le quali lo sport
moderno si insedia nell’Italia liberale».
Vi è ostilità da
parte del mondo accademico verso la storia dello sport e gli storici
dello sport? Siete considerati di serie B, rispetto alla Storia
ufficiale?
G. «Non più, oggi
finalmente i pregiudizi sempre superati. Nelle facoltà di Lettere,
Storia, Legge, Sociologia, Economia, Scienza delle comunicazioni
vengono assegnate numerose tesi con tema sportivo. E lo stesso vale
per i dottorati di ricerca ».
F. «E’ del tutto vero.
Persiste però una certa qual diffidenza da parte di un mondo
accademico diviso in chiesuole, ciascuna delle quali coltiva il
proprio orticello, verso l’outsider che viene a rompere le uova nel
paniere. E condivido pienamente lo stupore di John Foot che si
chiedeva come fosse ancora possibile in Italia ignorare la dimensione
sportiva nella elaborazione di qualsiasi saggio storico che pretenda
di occuparsi delle vicende economiche, sociali, politiche e culturali
del nostro paese».
Perché sui quotidiani
non compaiono quasi mai pagine di storia dello sport, che potrebbero
suscitare l’interesse degli studenti?
G. «In questi anni si è
avuto uno scadimento generale del giornalismo sportivo nei principali
quotidiani d'opinione e soprattutto nei tre quotidiani sportivi.
Gianni Brera, purtroppo, non sembra trovare successori. La storia
dello sport è sparita dai giornali, perché è scomparsa
progressivamente la cultura sportiva. Assistiamo a un generale
impoverimento dei contenuti, che ruotano esclusivamente intorno al
calcio».
F. «Aggiungo la pigrizia
degli addetti ai lavori e le scelte editoriali che privilegiano la
cronaca e la polemica faziosa a scapito del resoconto tecnico e della
riflessione».
I programmi televisivi
e radiofonici, che trattano gli avvenimenti storici sportivi sono
migliorati rispetto al passato? In che cosa? Potete indicare alcuni
di questi programmi?
G. «Negli ultimi anni si
è avuto un miglioramento sia della tv che della radio, partendo dal
presupposto che per me le telerisse alla Biscardi e le radio tifose
non fanno testo. Credo che le migliori trasmissioni siano Sfide
e Dribbling per quel che riguarda la tv e Zona Cesarini
per la radio. Sky talvolta è capace di approfondimenti che
meriterebbero uno spazio e un’attenzione maggiore».
F. «Questi programmi
sono purtroppo isole felici che galleggiano in un oceano sconsolante.
L’egemonia culturale della destra nel settore specifico del
giornalismo sportivo radiofonico e televisivo ha purtroppo lasciato
tracce profonde».
Scheda
I due storici
intervistati
Classe 1956, membro del
Consiglio Direttivo della «Società italiana di Storia dello Sport»,
Sergio Giuntini è autore di svariati saggi storici sullo
sport. Tra i suoi volumi più interessanti ricordiamo Lo sport e
la Grande Guerra (2001), Dorando Pietri, dalla via Emilia al
West (2004), Due secoli di Arena e grande atletica a Milano
(2007), Compagni di squadra. Racconti non solo di sport
(2006), Pugni chiusi e cerchi olimpici. Il lungo '68 dello sport
italiano (Odradek, 2008, con Maria Canella); Sport e fascismo
(Franco Angeli, 2009); L'Olimpiade
dimezzata. Storia e politica del boicottaggio nello sport
(Sedizioni, 2009); Pape Milan Aleppe. Il Milan è un linguaggio di
poeti e di prosatori (Sedizioni, 2011); Sport e stile. 150
anni d'immagine al femminile (Skira, 2011, con Maria Canella e
Marco Turinetto); I calciatori delle palestre. Football e società
ginnastiche in Italia (Bradipolibri, 2011).
Tra i pionieri nel campo
della storia dello sport, Felice Fabrizio è autore di due
importanti lavori che hanno inaugurato questo filone di studi in
Italia: Sport e fascismo. La politica sportiva del regime
1924-1936 (Guaraldi 1976) e Storia dello sport in Italia.
Dalle società all’associazionismo
di massa
(Guaraldi, 1977). Tra i suoi testi meritano menzione anche Lo
Sport nasce a… 1883-1940 un secolo di sport a Torino legato
alla mostra «Sport uomo-Torino 80», Alle origini del movimento
sportivo cattolico (Sedizioni 2009) e Fuoco di bellezza. La
formazione del sistema sportivo italiano 1861-1914 (Sedizioni
2011).
il manifesto sabato 7
gennaio 2012
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