Dai toni usati dai
pretoriani del capo del governo - da ultimo contro Rosi Bindi e
contro i magistrati che annunciano un voto contrario al cambiamento
della Costituzione -, dalla esplicita volontà di tagliare i ponti si
può sospettare l'intenzione di "non fare prigionieri" dopo
il 4 dicembre, anche se non si può escludere qualche provvedimento
di clemenza a favore di chi vorrà fare un atto pubblico di
pentimento e di sottomissione.
Se andrà come costoro
sperano, taglieranno l'erba sotto i piedi alla parte più riflessiva
della nazione, nelle istituzioni, nella politica, nelle Università,
nel sistema delle comunicazioni. Ma, se davvero andasse così, a
molti cittadini democratici e progressisti tra l'imbonitore
fiorentino e l'urlatore genovese resterebbe solo la scelta della
corda a cui essere impiccati.
Se - al contrario - la
maggioranza degli elettori respingerà l'abrogazione della
Costituzione del 1948 e il passaggio a un nuovo regime politico,
potrà aprirsi uno scenario completamente diverso, molto più
positivo. Andrea Camilleri ha espresso una grande fiducia nella
saggezza di Mattarella. Sono d'accordo con lui. Il Presidente della
Repubblica troverà il modo per dare rapidamente al paese un governo
efficace e non avventurista e per persuadere il Parlamento al
rapidissimo varo di una nuova legge elettorale e di quelle limitate
misure di revisione costituzionale su cui esiste una larga
condivisione.
Un anno e mezzo di
dialogo costruttivo, di impegno fattivo, di decantazione delle
tensioni è il migliore strumento per sottrarre il paese allo spirito
di rivalsa e di vendetta.
Nonostante le
deformazioni dei truculenti di tutti gli schieramenti, il NO è il
voto più utile a restituire al paese quel clima di serenità
indispensabile per affrontare le sfide dure che lo attendono e che
riguardano, oltre alle gravi difficoltà economiche e sociali, la
pace nel mondo e nel Mediterraneo.
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