23.5.18

Raccontare il presente. Giornalismo e letteratura (Alfonso Berardinelli)

Alfonso Berardinelli

Nascita e sviluppo delle scienze naturali, del romanzo e del giornalismo: la cultura moderna dell’Occidente sarebbe impensabile senza queste fondamentali novità. Per divulgare le scienze nacquero a Parigi il «Joumal des Savants» nel 1665 e a Londra nello stesso anno la rivista «Philosophical transactions»: il rapporto fra cultura e pubblico doveva dunque cambiare, diventare più stretto e continuo. Il romanzo, a sua volta, con uno dei suoi maggiori inventori, Daniel Defoe, si allea presto con il giomalismo: quindici anni prima di scrivere Robinson Crusoe (1719), Defoe aveva fondato «The Review», che a sua voltalo aveva reso famoso.
Il primo giornalismo, nel corso del secolo dei Lumi, fu soprattutto giornalismo culturale. Oltre che uno strumento editoriale, diventò un genere letterario polimorfo, versatile e vorace, che inglobava e usava forme saggistiche precedenti e tradizionali, dal racconto di viaggio al dialogo e alla satira, rendendole più duttili e comunicativamente efficaci. «Il Caffè» di Pietro e Alessandro Verri, che uscì a Milano per due anni a partire dal 1764, propose un modello al giornalismo ottocentesco, dal «Politecnico» di Cattaneo alla «Civiltà Cattolica». Quello che proponeva «Il Caffè» era anzitutto una riforma illuministica e antiaccademica della prosa italiana, una socializzazione riformatrice della nostra cultura. Mescolando e fondendo informazione, divulgazione e riflessione, il giornalismo è diventato da allora una istituzione pubblica e una pratica critica, uno strumento ideologico-propagandistico e un veicolo di discussione antiautoritaria.
Senza una primaria attitudine critica, le promesse del giornalismo sarebbero vanificate. È anche per questo che i giomalisti furono spietatamente criticati da scrittori, pamphlettisti, narratori, filosofi e critici sociali come Balzac. Kierkegaard, Karl Kraus. Fu proprio George Orwell, il maggiore e più famoso scrittore-giornalista del Novecento, a prendere spesso di mira il giornalismo come menzogna e manipolazione delle coscienze. Sarebbe stato d’altra parte improbabile che uno strumento di comunicazione di massa potesse restare immune dal conformismo e dai più inerti luoghi comuni.
Culturalmente, ma anche letterariamente, il giornalismo continua fino a oggi a mostrare una speciale capacità di adattamento “darwinistico” ai mutamenti dell’ambiente sociale e comunicativo. Forse non ne siamo sempre consapevoli, ma la forma di scrittura pubblicamente più praticata e diffusa è quella giornalistica.
Nel giornalismo c’è di tutto: cronaca, idee, politica, eventi in corso, letteratura. spettacolo, arti, mode e stili di vita personaggi famosi, sport, problemi sociali, viaggi in paesi remoti... Sebbene nel giornalismo sia esclusa o non sia prevista l’invenzione e la fiction, èinnegabileche a chi scrive perigiomalinon dovrebbero mancare attitudiniequalitàletterarie:efficaciaebri]lantezza comunicativa capacità descrittiva e ritrattistica prontezza e precisione nell’osservare ciò che in ogni situazione è essenziale e caratteristico.
Nell’ultimo secolo sono stati innumerevoli gli intellettuali e gli scrittori, soprattutto romanzieri, ma anche poeti, che si sono dedicati al giornalismo: Emilio Cecchi e Antonio Gramsci, Piero Gobetti e Alberto Moravia, Ernest Hemingway e Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Roland Barthes, Pier Paolo Pasolini, Italo Calvino, Hans Magnus Enzesberger, Tom Wolfe, Garcìa Marquez, Vargas Llosa... Fare giornalismo è affrontare il presente, rappresentarlo, definirlo, interpretarlo. Nel presente ci sono le tracce del passato e i sintomi, le premonizioni del futuro. Per intuire e percepire questo c’è bisogno di cultura e immaginazione storica, psicologica, morale, sociale. È necessario saper vedere l’insieme a partire dai dettagli, prevedere la tendenza generale nell’episodio singolo, nel fatto di cronaca, nei connotati delle star mediatiche, nelle mutazioni dei comportamenti di massa. In un certo senso, che può essere sia appassionante che stressante, il giornalismo è un’enciclopedia del presente scritta giorno per giorno, settimana per settimana.
Ma nel giornaalismo ci sono anche due tempi. Il tempo simultaneo dell’up-to-date, di ciò che accade, si fa e si dice oggi. E il tempo dell’analisi, della riflessione, dell’approfondimento. A distinguere questi due tempi o livelli, una volta c’erano i settimanali, contrapposti ai quotidiani (nonché molti periodici di cui oggi si sente la mancanza). Negli ultimi decenni i quotidiani contengono in sé dei settimanali, pagine e pagine di inserti e supplementi culturali più o meno specializzati (su libri, economia, industria, moda, salute, ecc.). La dimensione culturale si è andata progressivamente espandendo. Sia nel senso che “tutto è cultura”, dal modo di vestirsi, di parlare, di mangiare, al consumo di libri, musica, mostre, fiere e festival. Sia perché la produttività culturale è straordinariamente cresciuta. Gli autori di ogni genere si sono moltiplicati e l’arte è dovunque.
Il consumo culturale in espansione impone al giornalismo un’attenta capacità di intervento, che richiede la collaborazione di intellettuali di vario tipo, filosofi, sociologi, storici, giuristi, psicoterapeuti. Il mondo globalizzato da un lato si unifica, dall'altro si complica. È quindi inevitabile che lo stesso avvenga per i linguaggi necessari ad afferrarlo e comprenderlo. Ma certo, se smetteremo di leggere su carta, se perderemo la capacita di fissare l'attenzione su un articolo scritto per almeno cinque o dieci minuti, allora non saranno in pericolo solo il giornalismo e la cultura, ma anche i nostri poveri cervelli.

Il Sole 24 Ore Domenica, 25 febbraio 2018

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