Colpisce l’afasia della
Chiesa dopo il voto e in presenza delle difficoltà nel formare un
governo. Come stupisce che il silenzio non faccia notizia. Non si
tratta di rimpiangere tempi in cui i vescovi impartivano benedizioni
(o condanne). Ma una Chiesa che fatica a parlare alle persone e ai
soggetti politici contribuisce ad un deficit di dialogo, valutazione
responsabile dei problemi e delle soluzioni.
Intendiamoci: il Papa
parla, eccome. Basta seguirne Magistero, catechesi del mercoledì,
omelie a Santa Marta, discorsi nelle periferie romane, visite a
luoghi simbolo di personaggi sino a ieri derubricati a ruolo di
testimonianze personali e sospette: don Milani, don Mazzolari, don
Tonino Bello. Ma la visione di Francesco su lavoro, dignità delle
persone, guasti del mercato, giustizia sociale, accoglienza e
integrazione, alla base non ha mediazioni e rilanci.
L’eco di Bergoglio sui
media è inversamente proporzionale alla presa effettiva sulla catena
istituzionale e pastorale, sull’ingaggio di vescovi, parroci e
fedeli. L’effetto è uno scollamento tra Magistero e comportamenti
individuali e di indirizzo politico-sociale. Due esempi. La Settimana
Sociale dei Cattolici aveva lanciato proposte su dei temi al centro
della contesa politica e fonti di rabbia diffusa, quali precariato e
patto generazionale; l’intento era che i delegati avviassero nelle
Diocesi una riflessione condivisa. Ma la mobilitazione capillare non
c’è stata. Secondo esempio. Elezioni alla Regione Lombardia. La
Lega ha vinto, non si sa se grazie anche ai simboli religiosi esibiti
da Salvini a Milano. E su 450 mila voti al centrosinistra i tre
candidati espressione del mondo cattolico hanno avuto 15 mila
preferenze: il 3 per cento.
L’afasia ha tante
spiegazioni. In parte, per paradosso, è da ricondurre allo stesso
Bergoglio. Il Papa dall’inizio ha parlato di periferie del mondo e
mostrato una visione generale che non privilegia Italia ed Europa. A
Strasburgo infatti sono echeggiate le sue critiche ai modi di vivere,
pensare, agire degli europei su banche, sbarchi, pace, rispetto della
persona. Quanto alla Chiesa italiana, scegliendo Bassetti e Galantino
ha azzerato la propensione a influenzare le vicende politiche delle
gestioni Ruini e Bagnasco. Ma nelle nomine in sedi per tradizione
cardinalizie Francesco pensa al futuro della Chiesa universale. Che
non siano cardinali gli arcivescovi di Torino, Milano, Bologna,
Palermo e la berretta rossa vada a pastori di altri Continenti è
nell’ottica dei futuri elettori del successore di Bergoglio. Nelle
grandi città italiane i vescovi possono fare bene il loro lavoro
anche senza porpora, ma il disporre o meno di un riconoscimento ha un
peso verso fedeli ed esterno.
La Chiesa paga poi per
almeno due situazioni: una generale, e l’altra riferita a sue
scelte. Nella diffusa delegittimazione dei corpi intermedi viene
considerata non per quel che pensa, ma per i servizi che presta (vedi
la campagna l’8 per mille: «Chiedilo a loro»), la funzionalità
delle parrocchie (oratori estivi: a scuole chiuse, i genitori possono
lavorare), le iniziative di Caritas, comunità di recupero,
accoglienza. Di suo paga la passata linea «interventista». Un
esempio: la bocciatura dei 101 franchi tiratori del Pd a Prodi fu
preceduta dalla delegittimazione del fondatore dell’Ulivo e dei
cattolici democratici provocata dal «Family day» che vide a fianco
centro-destra e gerarchie.
Si profilano due sfide
per la Chiesa. La prima: avere consapevolezza dell’irrilevanza
pratica oggi di affermazioni e scelte tradizionali e di carattere
generale; con coraggio interrogarsi a Roma e nelle Diocesi senza
nascondersi dietro le componenti di fede (che nessuno sottovaluta)
del tipo «è lo Spirito che conta e fa», e valutare in che modo i
cristiani possono contribuire alla democrazia oggi, nei fatti. La
seconda: immaginare, progettare, sperimentare modi, forme, iniziative
di attenzione alla politica, perché è attraverso l’impegno
responsabile in essa che si cresce, si fa storia, si misura se la
fede è autentica o di convenienza o tradizione. La condizione ormai
di minoranza e con privilegi decrescenti offre ai cattolici italiani
un’opportunità unica d’essere creativi, di reinventarsi come
cittadini oltreché come fedeli.
Corriere della sera, 29
aprile 2018
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