Il nome di Renzo Pezzani
(Parma, 4 giugno 1898 – Castiglione Torinese, 14 luglio 1951),
poeta e scrittore per bimbi e ragazzi, a quelli e quelle della mia
generazione è noto fini dalle prime classi elementari. La sua è una
delle prime firme che si incontrano in calce a delle poesie ed esse,
generalmente, sono cantilene e filastrocche di consolazione e
risarcimento: valorizzano l'operaio, la massaia, il contadino, il
fabbro, la sofferenza e le piccole gioie della povera gente e non
fanno mancare madonne e angeli custodi, anche se talora quest'ultima
presenza mostra risvolti inquietanti. Ho letto le sue biografie in
rete, che manifestano qualche analogia con la vicenda umana di
Salgari. Pezzani, maestro elementare e fin da giovanissimo apprezzato
autore di testi per l'infanzia, ebbe a metà degli anni Venti qualche
rogna con i fascisti e pubblicò soprattutto per la SEI di Torino, la
casa editrice dei salesiani, in maggiore sintonia con i suoi
orientamenti e sentimenti cattolici. Risalgono tuttavia al famigerato
“ventennio” i primi tentativi, falliti, di emanciparsi diventando
editore di sé stesso. Altri ne compì, invano, nel dopoguerra. Morì
relativamente giovane (52 anni) in Piemonte, dove s'era trasferito
dalla nativa Parma. Nella sua evoluzione “politica” sembra
esserci uno scarto: nel 1945 si iscrisse al Partito Comunista
Italiano e pare che ampia collaborato con “l'Unità”. Non so dire
se mantenne la tessera fino alla morte, soprattutto dopo che la
guerra fredda spinse la Chiesa cattolica a una più forte
contrapposizione verso il comunismo italiano, considerato strumento
di Stalin; presumo che non vi furono rotture clamorose, altrimenti le
biografie le registrerebbero. Il pezzo che qui “posto”, dalla
“Gazzetta di Parma” racconta di una stretta amicizia negli ultimi
anni con Giovannino Guareschi (il creatore di Don Camillo), che di
certo non simpatizzava per i comunisti. (S.L.L.)
Renzo Pezzani |
«E adesso dobbiamo dirvi
che a Torino è morto Renzo Pezzani. Scrisse libri di lettura, poesie
per ragazzi, racconti, favole, commedie. Ma come faccio a spiegarvi
chi era Renzo Pezzani se le poesie che io amo di più sono quelle
scritte in dialetto parmigiano? Il parmigiano è un dialetto aspro,
contorto, che, ogni tanto, sa di bassifondi parigini. Renzo Pezzani
faceva della poesia con quella roba lì: come uno che trabaltando dei
ferri vecchi, cava fuori della musica dolce e sottile».
Così, nella rubrica
“Giro d’Italia” del n° 29 di Candido, il 22 luglio del 1951
Giovannino Guareschi raccontava la morte dell’amico e poeta
parmigiano. Un annuncio accorato, quello di Guareschi, cui rispose,
con una lettera commovente, l’editore torinese Andrea Viglongo, che
nel 1948, fra gli altri, aveva pubblicato La Regina dei Caraibi
di Emilio Salgari.
«Caro Guareschi, -
scrive Viglongo - se è vero che gli amici dei nostri amici sono
anche nostri amici, l’amicizia comune per Renzo Pezzani mi
autorizza a rivolgermi a Lei a cuore aperto. Il saluto gentile che
Lei ha rivolto alla memoria di Pezzani nel “giro d’Italia” mi
ha commosso e quasi mi sento in dovere di ringraziarLa, sebbene i
miei titoli di vicinanza alla Ombra amica non siano certo superiori
ai Suoi. La ragione è che io ho visto la fine di Pezzani, ed ho
raccolto confidenze, che per l’improvvisa catastrofe, imprevedibile
a tutti, ma a cui egli più di tutti era impreparato, assumono il
carattere di estremi desideri».
Viglongo racconta a
Giovannino il giorno della morte di Renzo Pezzani che, poche ore
prima di accasciarsi nella sua «Villa Zitta», aveva fatto visita
all’amico editore, per parlare con lui, per rinfrancarsi da un
malessere improvviso. Quindi, descrive il drammatico cammino del
feretro dalla collina a valle, tra pioggia e fango: «Non erano
moltissimi gli amici che avevano sfidato il maltempo, per fare ancora
un tratto di strada insieme al povero Renzo, schiantato
all’improvviso dal destino beffardo: stava finalmente, dopo tanti
travagli, per riprendere in serenità la sua strada di creatore di
fantasie care alla fanciullezza»! Sì, Viglongo sapeva che Pezzani
aveva una forte speranza, legata all’aiuto dell’amico Giovannino
Guareschi: «In quell’ora di conversazione, alle soglie della morte
in agguato, Pezzani mi confidò tutta la speranza che riponeva nella
pubblicazione del romanzo affidato a Rizzoli, mi par di ricordare in
relazione ad un concorso. Io gli feci il Suo nome, ed egli mi disse
che Lei della cosa era già informato e che sulla Sua amicizia sapeva
di poter contare. Lo credo anch’io, come credo che non Le spiaccia
sapere che il Suo nome fu uno degli ultimi pronunciati nelle estreme
ore di lucidità da Renzo Pezzani, che in fin di vita sperava nella
pubblicazione di “quel libro” colla trepidazione del giovinetto
che attende il primo foglio stampato con parole sue».
Un nuovo romanzo per
ragazzi? Chi lo sa e, soprattutto, chi lo saprà mai. Neppure
Giovannino Guareschi ne parlò più, anche se, in quel “Giro
d’Italia” scrisse: «.. Però una delle sue poesie per ragazzi ve
la voglio presentare. Perché, anche se non capite il parmigiano,
vogliate un po’ di bene a Renzo Pezzani in italiano. La poesia
s’intitola «Dieci più». Le mamme scrivono tutte alla stessa
maniera/ quando gli altri sono a letto e più zitta è la sera/.../
Come su neri spini improvvisi esplodono fiori/ scrivono in grosse
lettere con bellissimi errori./ Oh, se dal buio tempo tornasse la
loro/ maestra di terza a raccogliere il lavoro/ per quel “cuore”
così grande sfuggito con la q/ chissà che voto avrebbero con la
matita blu./ Ma lì è così bello, tra lagrime, sorrisi, preci/ che
alla mamma che scrive ogni bimbo dà dieci./ E forse dieci più».
“Gazzetta di Parma”,
28/12/2011
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