26.6.10

"Quaccheri e pellerossa" (Giovanni Pioli)

In uno degli ultimi libri di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, c’è una sorta di ricognizione a tutto campo nella storia politica e religiosa del Vecchio e del Nuovo mondo, che va dagli antichi Romani ai boy-scouts, da Gandhi ai san Francesco. Il pensatore perugino racconta i casi in cui tecniche nonviolente furono efficacemente usate, spaziando nel tempo e nello spazio, e il suo procedere, sempre documentatissimo, non ha quasi mai trattatistica pesantezza, ma acquista sovente aneddotica sapidità. E’ dal suo libro che trascrivo il brano che segue, di Giovanni Pioli, sui rapporti tra Quaccheri e Indiani d’America (S.L.L.).
George Fox, predicatore inglese nato nel 1624 e fondatore dei Quaccheri, formulò per essi la cosiddetta “dottrina degli amici” articolata in tre punti: 1) amarsi gli uni gli altri. 2) Amare i propri nemici. 3) Non usare mai le armi e non difendersi mai dalle aggressioni.
Benché non s’ispirasse che alle parole dell’Evangelo, la dottrina fu duramente avversata sia dallo Stato che dalla Chiesa Anglicana.
Fox e molti suoi seguaci vennero imprigionati e condannati a grosse ammende. Tutti quanti si rifiutavano di pagarle. Dicevano d’essere pronti a passar tutta la vita in carcere piuttosto che versare denari ai violenti.
Dinanzi alla loro resistenza, e dinanzi al loro gran numero, le autorità dovettero cedere. Nel 1696 una legge riconobbe il loro diritto di non prestar giuramento di fedeltà al re.
Il più illustre discepolo di Fox fu William Penn. Figlio d’un ricchissimo ammiraglio col quale il re aveva un debito, alla morte del padre propose al sovrano di condonargli il debito se gli avesse ceduto una parte dell’America del Nord per andarci a vivere con alcuni Quaccheri e attuare lì l’ideale della nonviolenza.
Raggiunto l’accordo col re, nel 1673 partì con cento Quaccheri per l’America. Giunsero nell’attuale Pennsylvania e presero contatto con le popolazioni locali. Ad esse, intimorite, Penn dichiarò che erano disarmati e che non avevano intenzione di prender le loro terre, ma solo di acquistare quelle che avrebbero voluto vendere.
Fu così che i cento esuli pagarono due volte i loro possedimenti: al re e agli indiani. E nel pagarle a questi ultimi furono assai generosi. L’acquisto dei termini avveniva allora in largo e in lungo la superficie in trattazione e, in base alle giornate occorse, si calcolava il prezzo. L’acquirente aveva quindi tutti l’interesse a camminare svelto. Temendo di commettere ingiustizie, William Penn fece questa singolare misurazione camminando lentamente, fumando, chiacchierando e fermandosi spesso.
Le relazioni che i nuovi venuti stabilirono con gl’indigeni erano improntate all’assoluto rispetto del loro modo di vivere, delle loro tradizioni e delle loro credenze religiose, senza discriminazioni né alcuno sfruttamento palese od occulto. “Il Grande Spirito, padre di tutti gli uomini, vuole che bianchi ed indigeni vivano insieme, e non solo come fratelli, ma come se avessero un’unica testa, un unico cuore e un unico corpo”. In quel trattato Penn, mentre s’impegnava per sé e per i compagni a non usare mai le armi, chiedeva agl’indigeni che anch’essi convenissero su questi tre punti: nessun padrone e nessuno schiavo, nessuna divisione in classi, nessuna lotta di religione.


da Per l’abolizione della guerra, ora in Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Feltrinelli, 1977

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao, posso riportarlo su www.ecumenici.eu?
Sono un amico degli Amici
Maurizio

Maurizio_benazzi@fastwebnet.it

statistiche