6.6.10

Le Parole di Walter Cremonte. Incidente ("micropolis" - settembre 2006)

Gustave Eiffel

Ci sono parole che per la loro ambiguità semantica (anche per le differenti etimologie che racchiudono) ci lasciano, a pensarci bene, senza fiato. E non sempre la lingua ci aiuta a fare chiarezza: la lingua batte dove il dente duole. Quando sentiamo di un incidente che è capitato, che è accaduto (e anche qui, come per incidente, c’è qualcosa che rimanda al cadere), pensiamo subito, naturalmente, a una disgrazia. E anche che l’incidente ha inciso, in modo tragico, su una vita: che ha aperto un taglio che non si rimarginerà, che ha lasciato un segno. E siamo portati a pensare che si tratta, tuttavia, di una casualità, di un caso; un caso tra tanti (e siamo ancora su una parola che viene da cadere: ci sarà un senso, in tutto questo?). Insomma, di un accidente (di nuovo).

Se parliamo di incidenti su di un giornale come questo nostro è molto probabile che parliamo di incidenti sul lavoro; e purtroppo ne dobbiamo parlare così spesso, anche guardando soltanto alla nostra regione. Questi incidenti sono di ogni tipo: sembra davvero illimitata la fantasia del male. Ma quello che ci colpisce, ripensandoci, è la frequenza delle cadute; quasi che il cadere - cadere dall’alto, cadere nel vuoto – possa riassumere anche simbolicamente un destino (“Precipita / la vita nostra. / Senza appello.” - Ingrao). Però il cadere da un cantiere privo delle misure di sicurezza non è per niente casuale: sono incidenti, non accidenti. Accadono, ma non per caso: accadono per colpa di qualcuno, che ne ricava profitto.

E tuttavia gli incidenti, e le vittime degli incidenti, ben presto diventano casi: casi clinici, casi statistici o, se va bene, casi di coscienza. Comunque qualcosa di astratto, che non incide più di tanto. E la luce, caso mai, sarà tutta per il carnefice, non per le vittime:

Eiffel

Agli operai che lamentavano

il rischio crescente del salire

ancora più in alto

l’ingegnere rispose che cadere

da metri duecentocinquanta equivaleva

rispetto agli effetti

a cadere da appena quaranta

e che quindi proseguissero tranquilli

senza altre lagnanze.

Al suo nome la torre luminosa

è consacrata.

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