11.7.19

1954. Il re di Montecarlo in un mare di guai. La clamorosa vicenda del miliardario Onassis (Emanuele Alberti)


Onassis prima delle storie d'amore più celebrate, con la Callas e la vedova Kennedy, ma già passato attraverso un interessante matrimonio (con la figlia dell'altro grande armatore greco, Livanos) e soprattutto sistematicamente al centro di grandissimi affari. Un articolo da "l'Unità" del 54 che parte da alcuni dati di cronaca del tempo, per costruire un intrigante ritratto dello spregiudicato affarista. (S.L.L.) 


Uno tra gli uomini più ricchi del mondo — La controversia con gli Stati Uniti e quella col Perù — Affari d'oro durante la guerra —- Come si è impadronito del famoso Casinò

Aristotele Onassis, uno degli uomini più ricchi del mondo, il padrone del Casino di Montecarlo, il vero sovrano del Principato di Monaco, è in mezzo ai guai. Un guaio lo sta passando negli Stati Uniti, un guaio in Perù. Negli Stati Uniti il governo ha iniziato un procedimento in virtù del quale chiede all'armatore Onassis di pagare venti milioni di dollari per avere acquistato fraudolentementc sedici navi mercantili considerate residuati di guerra, sebbene queste navi (oggi sequestrate nei porti statunitensi) non potessero essere vendute che a cittadini americani. In Perù la sua flotta baleniera è stata sequestrata dal governo del generale Odria, per aver quelle navi violato le acque territoriali il cui limite le autorità peruviane avevano esteso da cinque a ben trecentoquaranta chilometri. Onassis però non si scompone. Tutto gli è sempre andato bene. Greco di origine ma cittadino argentino, Onassis cominciò dal nulla: egli stesso racconta di essere scappato nel 1912 da Smirne mentre i turchi incendiavano e radevano al suolo la città. Aveva sedici anni allora ed era solo. I suoi parenti erano morti nel disastro.
Il ragazzo possedeva tuttavia abbastanza denaro per trasferirsi in Argentina: divenne fattorino di una società telefonica, poi si impiegò in una casa di importazioni e qui s'accorse di essere nato uomo d'affari. In sette anni mise in banca qualcosa come 180 mila dollari e a 24 anni divenne console greco in Argentina.
Pochi anni più tardi fu in grado di comperare in Canada sei petroliere a prezzo di liquidarionc. In quel periodo — intorno al 1930 — le cose non andavano troppo bene per gli armatori: metà della flotta mercantile mondiale era ferma nei porti. paralizzata dalla crisi.
Onassis fece navigare i suoi bastimenti, cercando di rimettcrci il meno possibile; poi, quando, verso il 1935, la crisi passò, quelle sei vecchie petroliere valevano dieci volte il prezzo al quale egli le aveva comperate.
Nel 1936 acquistò un'altra nave, la prima unità della sua seconda flotta. Al momento del conflitto Aristotele Onassis si presentò spontaneamente al Pentagono, e offrì ai governi alleati di noleggiare le sue navi. Certo c'erano dei rischi, ma il pericolo era compensato dall'alto nolo.

Petrolio e balene
Ebbe anche fortuna, perchè i sottomarini tedeschi non gli inflissero molte perdite. Alla fine della guerra ordinò sei petroliere da 28 mila tonnellate, pagando in contanti la bella cifra di 34 milioni di dollari. L'anno scorso i cantieri americani e norvegesi impostarono altre ventitre petroliere per la flotta mercantile di Aristotele Onassis. Contemporaneamente, ad Amburgo, una gigantesca petroliera da 45.000 tonnellate scendeva in mare per unirsi alle unità della sua flotta.
Quattro anni fa Onassis impiegò altri milioni di dollari per costruire una terza flotta: quella destinata alla pesca delle balene: sedici baleniere da 1000 tonnellate e una nave-officina a bordo della quale i giganteschi cetacei vengono scuoiati e sezionati e dove si procede al raffinamento dell'olio di ba-lena. Una petroliera segue sempre questa flotta per i rifornimenti Con le navi che gli saranno consegnate nel corso dell'anno. Aristotele Onassis sarà proprietario di un milione e 250 mila tonnellate di naviglio. tra petroliere e baleniere.
Di tutte le sue attività quella che sembra piacergli di più è proprio la pesca delle balene. Egli è orgoglioso della sua flotta supermoderna. munita di elicotteri per individuare i cetacei, di radar per evitare gli icebergs. Ma la caccia alle balene gli piace sopratutto per mi altro motivo: perchè è l'affare commerciale più lucroso, anche se comporta notevoli rischi.
È un gigantesco gioco d'azzardo. «Spendete 5000 dollari al giorno per sei mesi di seguito» raccontò ad un amico Onassis «per pescare balene. E anche quando siete riusciti a catturarle non avete vinto che la prima mano, perché nessuno può sapere quale sarà, nell'annata, il prezzo dell'olio di balena sul mercato».
Onassis, giocatore d'azzardo, non si è mai avvicinato ad un tavolo da gioco. Anche per questo i suoi amici, gli armatori suoi concorrenti, quando egli acquistò il Casinò di Montecarlo, pensarono fosse improvvisamente impazzito.
Fu il colpo più clamoroso della sua vita di avventuriero. Egli non fece saltare il banco di Montecarlo, ma divenne proprietario di ogni banco del Casinò. E tutto, all'apparenza, per una ripicca: tutto perchà la «Societé des bains de mer», allora proprietaria del Casinò e di molti edifici turistici del Principato, aveva deciso di non cedergli in affitto i locali del suo Sporting Club.

Le tasse di Monaco
Al rifiuto Onassis rimase un po' contrariato, quindi decise di vendicarsi. Chiamò al telefono i suoi agenti in ogni parte del mondo e dette loro ordine di acquistare, a qualsiasi prezzo, quante azioni della «Societé des bains de mer» vi fossero sul mercato.
Queste erano distribuite fra trentunmila azionisti. Non fu un lavoro facile rintracciarle, ma gli uomini di Onassis riuscirono nel loro compito.
Possedere la maggioranza delle azioni della Società significa essere di fatto il padrone del Casinò; dell'edificio dello Sporting Club; di cinque grandi alberghi di Monaco e dei relativi campi di tennis, piscine, campi di golf. Significa però ben altro ancora.
Il principato di Monaco vive quasi esclusivamente dei proventi del Casinò: Onassis è quindi il vero «signore» del celebre territorio. Per giunta ha persuaso il Principe Ranieri III a cedergli il controllo della «Societé» per un milione di dollari. Questo ultimo atto ha praticamente legato mani e piedi Ranieri III ai capricci del furbo armatore.
Ai lati di tutta la vicenda, ci sono, poi, i cittadini monegaschi, i quali hanno però, come suol dirsi, voce in rapitolo per un solo motivo, perché, grazie alle formidabili entrate del Casinò, essi non hanno attualmente bisogno di pagare le tasse.
Montecarlo non deve vivere — secondo Onassis — del solo Casinò. Egli ha piani ben precisi al riguardo. Queste innovazioni stava attuando quando gli è giunto il mandato di comparizione del tribunale di Washington, che l'accusava di illecite manovre nell'acquisto dei surplus della guerra. Montecarlo deve diventare — stando al suo piano — un centro di affari marittimi, un centro cultu-rale, una spiaggia alla moda. Il Casinò rimarrà parzialmente in funzione. Se dimostrerà di fruttare, resterà aperto, se le sue entrate diminuiranno, verrà chiuso. Intanto, Onassis ha abolito l'obbligo dell'abito da sera per i frequentatori del locale.
Poi ha rimodernato ogni cosa, dal mobilio alle roulettes.
I monegaschi sono però ancora preoccupati. Essi sono convinti che Onassis afferma il vero, quando dice che il Casinò non rende più come una volta. Essi sanno oggi che non potranno più basarsi su quell'unica fonte di guadagno. Quello che non sanno e se potranno continuare a vivere senza pagare le tasse.
Onassis non si è ancora espresso al riguardo. Certo la sua influenza sul Principe Ranieri III avrà un peso dominante anche in questo campo, e non è affatto escluso che i poveri monegaschi debbano rinunciare per sempre al loro privilegio.
Proprio mentre Onassis studiava nuovi progetti per Montecarlo, la «sua città», gli è capitata fra capo e collo la grana di Washington. Subito dopo, quella del Perù.
Lui è tranquillo, dice che «non è nulla», che se la caverà. Per la faccenda peruviana è probabile che egli trovi l'appoggio dei Lloyds di Londra, presso i quali ha assicurato la sua flotta per una somma che si aggira sui dieci miliardi di lire italiane. Considerato questo, e considerati i suoi precedenti, è in effetti probabile che il potente individuo si tiri fuori dagli impicci anche questa volta.

l'Unità, 12 gennaio 1954

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