24.7.19

Francesco Berni: la sonettessa contro l'Aretino (1527?)

Pietro Aretino nel ritratto di Tiziano Vecellio

Contra Pietro Aretino
Tu ne dirai e farai tante e tante,
lingua fracida, marcia, senza sale,
che al fin si troverà pur un pugnale
meglior di quel d’Achille e più calzante.

Il papa è papa e tu sei un furfante,
nodrito del pan d’altri e del dir male;
hai un pie’ in bordello e l’altro in ospitale,
storpiataccio, ignorante e arrogante.

Giovan Mateo e gli altri che gli ha appresso,
che per grazia de Dio son vivi e sani,
ti metteran ancor un dì in un cesso.

Boia, scorgi i costumi tuoi ruffiani
e se pur vòi cianciar, di’ di te stesso:
guàrdati il petto, la testa e le mani.

Ma tu fai come i cani,
che, dà pur lor mazzate se tu sai,
come l’han scosse, son più bei che mai.

Vergognati oramai,
prosontuoso, porco, mostro infame,
idol del vituperio e della fame,

ché un monte di letame
t’aspetta, manegoldo, sprimacciato,
perché tu moia a tue sorelle allato;

quelle due, sciagurato,
c’hai nel bordel d’Arezzo a grand’onore,
a gambettar: "Che fa lo mio amore?"

Di quelle, traditore,
dovevi far le frottole e novelle
e non del Sanga che non ha sorelle.

Queste saranno quelle
che mal vivendo ti faran le spese,
e ’l lor, non quel di Mantova, marchese;

ch’ormai ogni paese
hai amorbato, ogni omo, ogni animale:
il ciel, Iddio, il diavol ti vol male.

Quelle veste ducale,
o ducali, acattate e furfantate,
che ti piangon in dosso sventurate,

a suon di bastonate
ti seran tolte, avanti che tu moia,
dal reverendo padre messer boia;

che l’anima di noia
mediante un bel capestro caveratti
e per maggior favor poi squarteratti;

e quei tuoi leccapiatti
bardassonacci, paggi da taverna,
ti canteran il requiem eterna.

Or vivi e ti governa;
ben che un pugnale, un cesso, o ver un nodo
ti faranno star queto in ogni modo.

In Rime burlesche, BUR, 1991

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