3.7.19

Sanità. L'Italia impara dagli USA


Ho trovato nel mio archivio un ritaglio dal “manifesto” di quasi 25 anni fa. Un breve articolo dà notizia di certe voluminose guide, made in USA, che suggeriscono alle Compagnie assicuratrici, soprattutto a quelle delle assicurazioni sanitarie più diffuse, legate ai rapporti di lavoro, e ai datori di lavoro, le strategie e le strade per l'efficienza, o – più esattamente – per il taglio della spesa sulla pelle degli assicurati e dei lavoratori. Ho il sospetto che i manager sanitari italiani, in questo venticinquennio, abbiano molto imparato dagli Stati Uniti nell'escogitare trappole per ridurre le coperture del servizio sanitario nazionale. E – adesso che ci avviamo verso il mostruoso federalismo differenziato – ancor di più terranno presente quella lezione nelle regioni del Centro, del Sud e delle Isole maggiori. (S.L.L.)


Parti, infarti, operazioni, guide al risparmio. Sui malati (Giulia D’Agnolo Vallan)
A trecento dollari a volume e con vendite anuali intorno alle seimila copie, sono gli assoluti best seller del genere. Si tratta delle guide McMillan, cinque volumoni di suggerimenti per compagnie di assicurazione e datori di lavoro su come rendere più efficienti (vedi economici) i vari piani di copertura sanitaria a disposizione. Una horror story come tante nello spaventoso panorama della sanità americana.
Prodotte da una compagnia di consulenza sanitaria di Seattle, la McMillan and Robertson, le guide (rispettivamente dedicate a visite mediche, ammissioni all’ospedale, medicine, dentisti e pazienti al di sopra dei 65 anni) stanno scatenando l’ira dei medici, ma sono la delizia degli assicuratori. «Crediamo che la qualità dell’assistenza e la sua efficienza debbano convergere», è il pragmatico credo di Richard Doyle, il principale autore dei libroni. Servendosi per la consulenza di (18) dottori e infermiere, piuttosto che di ricercatori, e di statistiche ricavate dalla cartelle cliniche e ospedaliere, MacMillan produce quello che, i membri della American Medicai Association hanno definito con disprezzo «medicina da libro di cucina».
Secondo Doyle e la sua equipe, per esempio, un piano di assicurazione non deve concedere una seconda operazione alla cataratta se non si tratta di pazienti giovani e in grado di dimostrare che hanno bisogno degli occhi per il lavoro. Un’operazione di tonsille non è permessa a meno che non ci sia un sospetto cancro o sei casi ben documentati di tonsillite all'anno. Per trattare l’epilessia basta un medico generico, non un neurologo e, se ti viene un infarto, non puoi stare all’ospedale più di tre giorni anche se hai bisogno di una sedia a rotelle per farti portare fuori. Scordarsi il bypass a meno che le condizioni non siano disperate e, per un trapianto di cuore..., a casa dopo una settimana. Rilascio dall’ospedale dopo 24 ore anche per la maggioranza dei parti. Due giorni di degenza sono ammessi in caso di cesareo, la metà esatta di quelli raccomandati dall'American College of Obstetrician and Gynecologists. Perché, allora, non avere bambini senza scendere dall’automobile, come quando si va da MacDonald?, ha commentato sarcastico Robert McGhee, uno dei dottori che conducono la lotta contro la McMillan, sulla rivista della American Medical Association.
Ma le vendite della guida salgono velocemente (solo 600 copie nel 1990, quando è nata) e le soluzioni efficientiste di Doyle, che eliminano fino a due terzi dei costi d’ospedale (senza, dice lui, alterare la qualità dell’assistenza), vengono usate regolarmente da megacompagnie come la General Electric. Più grave ancora il fatto che piani di assistenza sanitaria a costi ridotti, come «Blue Cross», «Blue Shield» e persino «Medicare» stiano iniziando a considerare le stesse equazioni.

“il manifesto”, 25 marzo 1995

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