16.1.10

Il caso Mannino e la "prescrizione breve".


Ieri sera a Mi manda Rai3 è andata in onda una lunga intervista a Calogero Mannino, il controverso uomo politico siciliano definitivamente assolto dalla Cassazione dopo un lunghissimo processo (14 anni e più) comprendente ben 23 mesi di detenzione. Il Mannino era tornato alla politica attiva qualche anno fa, dopo la prima assoluzione, nell'Udc di Casini e Cuffaro, un tempo suo seguace e strettissimo collaboratore, ed è attualmente deputato. Nella trasmissione di ieri sera il Mannino celebrava la sua vittoria contro quello che affermava essere non tanto un "complotto" quanto un "pregiudizio" dei Pm della procura caselliana ed esaltava l'integrità della sua coscienza. L'intervistatore, molto cordiale, gli proponeva anche delle questioni spinose, ma dandogli l'agio di rintuzzare alcune delle accuse che nel tempo gli sono state rivolte.
Non entrerò, per adesso, nel merito della vicenda, in realtà molto complessa, e dell'intervista tranne che per un punto, indicativo del suo tono generale. Con un argomentare capzioso, che dava per buone alcune testimonianze di pentiti e non altre, il Mannino arrivava alla conclusione che la mafia non è mai stata in grado di condizionare il processo elettorale in Sicilia e che i successi della Dc non avevano alcun rapporto con la mafia.
Dopo la sua assoluzione, insomma, Mannino cancella dalla storia Lima, Gioia e Ciancimino, il sacco di Palermo e Mangialasagne e seppellisce nell'oblio una lunga storia di relazioni in basso e in alto. E non si trattava, come furbescamente (e puerilmente) vuol fare credere, solo dei voti direttamente o indirettamente espressi da Cosa nostra, ma di un intrico di appalti, affari, finanziamenti etc., che sostanziava il legame storico tra mafia, Dc e potentati economici in Sicilia.
Non è pertanto un caso che l'unico momento di serio imbarazzo del Mannino nel corso dell'intervista sia il passaggio sui fratelli Salvo, i celeberrimi esattori.
Due questioni supplementari.
Primo. Chi, quando e perchè ha deciso la lunga presenza in video, senza contraddittorio, dell'assolto agrigentino in una trasmissione che non affronta questioni politiche e non ha mai dato grande spazio agli errori giudiziari? Chi e perchè ha voluto un regalo al partito di Cesa, Cuffaro e Casini, presentando al grande pubblico il dignitoso suo martire, che innocente combatte nel processo senza sottrarvisi? Non c'è qualche nesso con il corteggiamento del Pd di Bersani (il partito di riferimento di Raitre) verso l'Udc? Non sarà anche per questo che è passata sotto silenzio la cacciata di Ruffini e la sostituzione con un Di Bella più incline a promuovere, incoraggiare e avallare simili maialate?
Secondo. Sul piano più propriamente politico non c'è dubbio che il caso Mannino è un argomento forte per i sostenitori dei progetti di Berlusconi e Alfano sulla giustizia. Un processo durato 14 anni e finito con l'assoluzione è come il cacio sui maccheroni per chi propone di limitare per legge i tempi del processo nei diversi gradi di giudizio in modo da giungere a un tempo massimo di sei-otto anni (già tanti del resto) per la sua conclusione. Il punto della questione è un altro. La legge che il governo propone non è il "processo rapido", ma la "prescrizione rapida". Essa non prospetta l'obbligo perentorio per la magistratura ad accelerare i tempi del processo e ad arrivare a sentenza definitiva e inappellabile entro i sei-otto anni, ma lascia il processo com'è, con tutte le attuali, assurde bardature, lungaggini e inadempienze, garantendo la prescrizione agli imputati e l'impunità ai colpevoli, senza tenere conto delle vittime dei reati. Insomma processo lungo e prescrizione breve.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho cercato nel web conferma ai miei dubbi. La trasmissione "mi manda rai tre" si è sempre occupata di controversie tra consumatori e erogatori di beni e servizi. Che cosa c'entra l'apologia di Calogero Mannino? Evidentemente è stata richiesta, o imposta, da qualcuno cui non si può negare un favore.

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