Molti scritti di Carducci sono inediti.
Non si tratta di composizioni letterarie, ma delle centinaia di pagine, scritte con la sua bella grafia larga e sottile, che riposano pressochè dimenticate negli scaffali dell'Archivio centrale dello Stato. Sono le relazioni che il poeta inviava al Ministero della Pubblica Istruzione sui Licei italiani che man mano ispezionava. Era un incarico tutt'altro che leggero che lo allontanava per alcune settimane dalla cattedra di Bologna, dagli studi, dalle abitudini. La giovane Carolina Piva, con cui il poeta ormai senescente intrattenne una relazione amorosa, trovava questo lavoro "da facchino" e indegno del grande poeta, ma lui, che lo svolgeva ormai da molti anni, lo accettava senza resistenze e lo eseguiva con scrupolosa attenzione.
Si fermava in un liceo da sette a dieci giorni, il tempo utile per assistere ad almeno una lezione di tutti gli insegnanti di materie letterarie, ascoltare le interrogazioni degli studenti, sfogliare i testi adottati, leggere i verbali delle riunioni. Verificava tutto con cura, anche lo stato della palestra e degli attrezzi in dotazione. Esprimeva un giudizio su ciascuno degli insegnanti: era piuttosto indulgente, ma non ammetteva che si trascurassero gli allievi meno dotati. Ascoltava anche i desideri di professori e alunni e senza complessi, quando le riteneva meritevoli di ascolto, comunicava al ministero le esigenze assai modeste, ma sovente ignorate, delle scuole di provincia.
Un episodio è ricordato da uno dei biografi, Sandro Bortone. Nel maggio del 1880 Carducci gli accadde di visitare il Liceo Virgilio di Mantova, ove da anni insegnava Roberto Ardigò, un sacerdote che si era spretato ed era diventato caposcuola del positivismo italiano. Ciò lo rendeva inviso non solo ai clericali che lo consideravano un traditore, ma anche al governo della sinistra trasformista (Depretis) che diffidava della sua intransigenza democratica.
Carducci confermò il giudizio che il filosofo cattolico Francesco Acri, con assoluta onestà intellettuale, aveva espresso qualche anno prima nel resoconto di una sua ispezione: in Italia c'erano pochi professori del livello di Ardigò, il quale avrebbe certamente meritato una cattedra universitaria.
Carducci confermò il giudizio che il filosofo cattolico Francesco Acri, con assoluta onestà intellettuale, aveva espresso qualche anno prima nel resoconto di una sua ispezione: in Italia c'erano pochi professori del livello di Ardigò, il quale avrebbe certamente meritato una cattedra universitaria.
Ma la vicenda, nel 1880, ebbe uno sviluppo sorprendente. Il ministro Francesco De Sanctis (sì, proprio quello!) non seguì il suggerimento del Carducci e diede ascolto piuttosto ai moderati e ai clericali di Mantova. Inviò al professore anticonformista una lettera di ammonizione: gli ordinava di "aggirarsi" nell'insegnamento sui "principi ammessi dal maggior numero" e di non offendere le "credenze comuni". Ardigò diede pubblicità alla lettera ministeriale: ne nacque una polemica che coinvolse la stampa nazionale. Qualche mese dopo, caduto il governo e sostituito De Sanctis, Ardigò ottenne una cattedra universitaria. Carducci, professore e ispettore, era stato tra i primi a prendere una posizione pubblica contro il ministero.
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