29.8.10

1945. Edda Ciano, lo spione, il comunista.


Nel 1945 Allen Dulles guida la rete dello spionaggio Usa in Europa, ma il suo ruolo ufficiale è di assistente dell’ambasciatore in Svizzera. Nella confederazione alpina è riparata e si trova ancora, sul finire di giugno, anche Edda Mussolini che, il 30 di quel mese, gli scrive. Due lettere in un solo giorno.
Le ha recuperate dagli archivi dell’Office of Strategic Services (OSS) e diffuse in rete ieri lo storico siciliano Giuseppe Casarubbea (http://casarrubea.wordpress.com/2010/08/28/edda-ciano-caro-signor-dulles/#more-7079 ), che con gli archivi Usa ha grande familiarità per i suoi studi su Portella della Ginestra e sulla “storia segreta” o, per meglio dire, “occultata” del nostro paese.
Dalles aveva avuto rapporti con Edda, l’aveva aiutata a conservare, microfilmandoli, i Diari del marito, forse anche per controllare che non contenessero rivelazioni sgradite all’Amministrazione statunitense. Lo scopo delle lettere che adesso la vedova Ciano invia all’agente segreto è evitare l’espulsione dalla Svizzera. La vedova Ciano, a quella data, non è ancora ricercata in Italia, ma teme, in caso di rientro pericoli per la sua vita e chiede aiuto al grande spione: “Lei è probabilmente al corrente del fatto che il Governo svizzero sta facendo del suo meglio per espellermi. Perché? E’ un mistero. Non sono un criminale di guerra (e come potrei?). Il Governo italiano non ha richiesto la mia estradizione. E in vita mia non ho mai fatto nulla contro la Svizzera, un Paese che non ha il diritto di comportarsi in tal modo. Ma ormai ho smesso di cercare di capire ciò che è giusto e ciò che non lo è. E non posso dannarmi fino alla morte. Tuttavia, se la Svizzera dovesse rispedirmi in Italia, conoscerei in breve il significato della morte”.
Chiede aiuto anche per la famiglia del duce, filosofeggiando: “Mio padre ha pagato. Si è trattato dell’unica, logica conclusione di una vita straordinaria. Anche se non ce la faccio proprio a pensare allo spettacolo di Piazzale Loreto. In ogni modo, gli idoli non possono che cadere rovinosamente quando il popolo non crede più in loro. Vengono fatti a pezzi dalla medesima folla – stupida e cieca – che era solita adorarli. […] tenti di salvare il resto della mia famiglia. Almeno, mio fratello Romano, mia sorella Annamaria e mia cognata con i suoi tre figli. Sono tutte persone innocenti e pure, come l’acqua che sgorga dalla sorgente, per la sua parte del tutto innocente riguardo alle tragedie d’Italia”. Su Rachele e Vittorio è tranchant (“non sono che degli stupidi”), ma anche per loro chiede protezione.
Per accattivarsi la benevolenza del destinatario Edda fa riferimento alla pubblicazione dei diari del marito, alludendo alla gloria che probabilmente ne deriverà a Dulles, e confessa il sogno di trasferirsi negli Usa, dove i figli avrebbero potuto “diventare cittadini americani”.
Non so se la protezione americana venne accordata, ma alla famiglia Mussolini nel complesso non andò male e, alla fine, a “donna Rachele” fu perfino corrisposta la pensione come vedova di un “presidente del Consiglio dei Ministri”. Sulla Svizzera l’intercessione di Dulles, se ci fu, non funzionò. Edda Mussolini Ciano tornò in Italia e a settembre fu inviata al confino di Lipari. Di questo confino l’anno scorso raccontò un libro di Marcello Sorgi pubblicato da Rizzoli dal titolo Edda Ciano e il comunista. E’ la storia di un amore che si trasforma in amicizia, corredata da lettere e foto.
“La sorvegliata speciale numero 1” (così si definiva) giunge a Lipari molto provata e in cattiva salute, ma trova un uomo: Leonida Bongiorno, dirigente del Pci locale, antifascista per una solida tradizione familiare (suo padre, nel 1929, era tra gli organizzatori della fuga da Lipari di Carlo Rosselli ed Emilio Lussu, confinati nell’isola). La relazione è intensa, anche se nessuno dei due cambia idea politica. Quando, grazie all’amnistia Togliatti, la Mussolini lascerà l’isola, lontananza e gelosia a poco a poco corroderanno l’amore, ma Edda continua a scrivere: “Mio carissimo e unico comunista”.
Il libro è ricco, ben scritto e connette con tocco efficace tragedie collettive e destini personali. Per chi ama il genere è assolutamente da leggere, anche se l’ultimo Sorgi commentatore giornalistico mi piace sempre meno. Lo vedo sempre più allineato con i suoi datori di lavoro di Confindustria, terzista ma estremamente riguardoso verso il Cavaliere, specie per i donativi e le leggi a pro del padronato; lo sospetto in malafede. Almeno un po’.

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