19.8.10

Bendicò e Miska. Il cane imbalsamato e l’orso spelacchiato (Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Clara Sereni).

Propongo qui due finali di romanzo, da “Il gattopardo” e da “Il gioco dei regni”, entrambi a mio avviso molto belli. Non so quanto l’accostamento sia temerario. (S.L.L.)
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Un mucchietto di polvere livida
Concetta si ritirò nella sua stanza: non provava assolutamente alcuna sensazione: le sembrava di vivere in un mondo noto ma estraneo, che già avesse ceduto tutti gli impulsi che poteva dare, e che consistesse ormai in pure forme. Il ritratto del padre non era che alcuni centimetri quadrati di tela, le casse verdi alcuni metri cubi di legno. Dopo un po’ le portarono una lettera. La busta era sigillata a nero con una grossa corona in rilievo: “Carissima Concetta, ho saputo della visita di Sua Eminenza e sono lieta che alcune reliquie si siano potute salvare. Spero di ottenere che Monsignor Vicario venga a celebrare la prima messa nella cappella riconsacrata. Il senatore Tassoni parte domani e si raccomanda al tuo bon souvenir. Io verrò presto a trovarti e intanto ti abbraccio con affetto insieme a Carolina e a Caterina. Tua Angelica”. Continuò a non sentire niente:il vuoto interiore era completo; soltanto dal mucchietto di pelliccia esalava una nebbia di malessere. Questa era la pena di oggi. Financo il povero Bendicò insinuava ricordi amari. Suonò il campanello. “Annetta,” disse, “questo cane è diventato veramente troppo tarlato e polveroso. Portatelo via, buttatelo”.
Mentre la carcassa veniva trascinata via, gli occhi di vetro la fissarono con l’umile rimprovero delle cose che si scartano, che si vogliono annullare. Pochi minuti dopo, quel che rimaneva di Bendicò venne buttato in un angolo del cortile che l’immondezzaio visitava ogni giorno. Durante il volo giù dalla finestra la sua forma si ricompose un istante: si sarebbe potuto vedere un quadrupede dai lunghi baffi, e l’anteriore destro alzato sembrava imprecare. Poi tutto trovò pace in un mucchietto di polvere livida.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il gattopardo, Feltrinelli, Milano, 1959
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Pazientemente accoccolato
Adesso una parte del lavoro è finita: tanti fantasmi sono diventati in buona misura persone prima, e personaggi poi. Le fotografie di cui quasi ossessivamente ho costellato la mia stanza ora hanno un senso naturale di testimonianza e non sono più scatole ostilmente chiuse: c’è un ordine, benché lo sappia precario e suscettibile di modificazioni infinite.
Chi cambia ininterrottamente di posizione, da uno scaffale all’altro, dalla mia stanza a quella di mio figlio, è l’orso Miska, in questo momento pazientemente accoccolato nella libreria accanto a me fra un Berescit rabbà e una Storia del Partito Comunista Italiano. Ma l’emozione che mi trasmette non muta, e sospetto che custodisca molte eredità, nella sua pancia spelacchiata e consunta: che a premerla nel modo giusto, con attenzione e memoria, forse è tuttora capace di suonare.

Clara Sereni, Il gioco dei regni, Giunti, Firenze, 1993.

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