14.10.10

Dal "Diario di lavoro" di Bertolt Brecht. Catilina (20 luglio 1938)


Il lungo esilio del signor B.B. era iniziato nel 1933, dopo l’incendio del Reichstag, che i nazisti usarono per una persecuzione di massa dei comunisti: Zurigo, Praga, Vienna, Parigi. Nell’estate del 1938 è in Danimarca, a Svendborg, lavora a Gli affari del Signor Giulio Cesare e anche alla Condanna di Lucullo, oltre che a un gruppo di poesie. La crisi (non solo economica, ma politica e morale) dell’Europa dura ormai da dieci anni, la guerra generale si avvicina. Brecht comincia la compilazione del Diario di lavoro, un vero e proprio giornale di navigazione, da cui sono rigorosamente esclusi gli eventi strettamente personali: l’esule vi riflette sulle opere in lavorazione, sulle letture fatte, polemizza (con Lukàcs, per esempio), dialoga a distanza (con Benjamin, per esempio), ragiona sugli accadimenti storici. La compilazione, con interruzioni, durerà fino al 1955 attraverso l’esilio americano e il ritorno in patria nella Rdt. I due grossi volumi, pubblicati da Einaudi nel 1976 sono una vera e propria miniera di riflessioni, cui – ne sono convinto – questo blog attingerà ampiamente, mano a mano che procede la lettura, appena iniziata.
Qui posto il primo appunto del diario, datato 20.7.38, sulla figura di Catilina, che Brecht incontra, ambigua e seduttiva, lavorando al Giulio Cesare. La lettura che ne dà, frutto di una diuturna frequentazione delle fonti documentarie (Sallustio e Cicerone soprattutto), è a mio avviso del tutto attendibile. (S.L.L.)

CATILINA rappresenta senza dubbio la scelta più bassa compiuta dalla plebe. Un sinistro figuro, anche se uno gratta via il fango di cui l’ha ricoperto la classe dominante. Forse però proprio perché nel suo caso erano venute a cadere certe inibizioni, proprio grazie alla sua assoluta immoralità, corruzione, sfrenatezza, egli è riuscito a penetrare al di là delle cortine fumogene dell’ideologia allora, dominante, dominante anche in seno alla plebe. Si tratta di un tentativo di mobilitare gli schiavi o, per meglio dire, di una disponibilità a farlo (che era poi disponibilità a fare qualsiasi cosa). Lì dentro c’è già tutta la “concezione cesariana”, sia ciò che corrispondeva alla concezione della city, cioè il programma italico, il progetto d’insediamento dei veterani etc., sia però altre cose, come la cancellazione dei debiti e ,appunto, l’appello agli schiavi, cose queste dirette proprio contro la city. In tal modo la plebe offrì il suo programma a questo avventuriero pronto ad approfittare dell’occasione. Senza gli schiavi esso non era realizzabile. In pratica fu proprio questa l’idea che quest’uomo si fece venire in mente. Duemila anni di porcherie buttategli addosso dalla classe dominante ne sono stati la conseguenza.

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