Lorenzo da Ponte. Ritratto del poeta da giovane |
Genio e follia di Lorenzo
Da Ponte. Fine uomo di lettere, verseggiatore di talento, magistrale
seduttore. Esperto negli intrighi all'ombra dei potenti e in
perigliosi viaggi in giro l'Europa. Esponente tra i più eccentrici e
gloriosi di un Settecento aureo, razionalista e cosmopolita negli
intrecci di lingue e culture presso le grandi corti europee. Canaglia
perversa secondo alcuni, come Pietro Zaguri, corrispondente di
Casanova, che lo definì «un delatore, uno spirito mediocre, un
pazzo in ogni senso». Sommo creatore grazie alla limpidezza della
lingua, al gioco audace dei sottotesti, agli smaglianti congegni
narrativi. Stupisce e affascina il mistero Da Ponte, abate
sporcaccione e autore dei libretti di tre opere di Mozart: Le
Nozze di Figaro, Don Giovanni e Così fan tutte.
Senz'altro firmò i
migliori plot ai quali Amadeus abbia intrecciato la sua musica,
senz'altro quella trilogia spicca tra i vertici assoluti del
repertorio operistico. Ma il contributo del letterato italiano è
stato spesso occultato o sminuito, come se il compositore
salisburghese avesse avuto un peso centrale anche nella fattura di
quei versi, sebbene a tutti sia noto che i testi delle altre opere di
Mozart non hanno mai raggiunto i livelli dei libretti della trilogia
dapontiana, così come i lavori scritti da Lorenzo per altri
musicisti (Salieri, Gazzaniga, Martin y Soler) non toccarono gli
apici di quei tre titoli.
C'è sempre da discutere
sull'enigma di Da Ponte, sulle sue contraddizioni umane, sulla
specialissima alchimia che conquistò con Mozart. Racconti, notizie,
aneddoti scabrosi e approfondimenti ne inseguono la figura in due
nuove biografie in lingua inglese: The man who wrote Mozart-The
extraordinary life of Lorenzo Da Ponte (Weidenfeld &
Nicolson, £ 18.99), di Anthony Holden, critico musicale dell'
Observer di Londra; e The Librettist of Venice-The remarkable life
of Lorenzo Da Ponte (Bloomsbury, $ 29.95), di Rodney Bolt. Ce n'
è per tutti i gusti in questi due libroni divertenti e chiari come
lo sono spesso le biografie anglosassoni, più hollywoodiana e
superficiale quella di Holden, più vivida e puntuale quella di Bolt,
spassosa e minuziosa negli affreschi d'ambiente.
Emerge il ritratto di un
personaggio incredibile, amato e odiato, narciso e menzognero,
erotomane e un po' pedofilo (ah, il vizietto delle fanciulline in
fiore), di eccezionale tempra fisica (morì a novant'anni, e fu
attraente per le donne almeno fino a ottanta), che rivoluzionò il
teatro musicale scagliandosi contro la radicata visione del testo
poetico come mero complemento della partitura. Emanuele Conegliano,
questo era il suo vero nome, nasce in una famiglia ebraica nel 1749 a
Ceneda, l'attuale Vittorio Veneto. Il padre è un umile conciatore di
pelli, e quando si risolve a convertirsi al cristianesimo si fa
battezzare coi tre figli dal vescovo di Ceneda, che si chiama Lorenzo
Da Ponte. Emanuele ne assume il nome, e il vescovo si assume l'onere
della sua educazione. Studia il latino, l'ebraico e il greco, recita
a memoria Dante, Petrarca e Ariosto ed esprime le sue doti per la
composizione poetica scrivendo agili versi. Nel 1773 è ordinato
prete, ed è in abito talare che approda a Venezia «nel bollor
dell'età, di temperamento vivace e, al dir di tutti, avvenente nella
persona», annota nelle Memorie, pubblicate in quattro volumi
mezzo secolo più tardi a New York (oggi sono disponibili nella
collana dei Grandi Libri Garzanti, pagg. 687, 14 euro).
Venezia è un luogo
ideale per un giovane curioso ed eccitato: si fa Carnevale per molti
mesi all'anno e l'uso delle maschere consente costumi licenziosi.
Lorenzo segue la propria indole sensuale tuffandosi nel
libertinaggio. Dopo il primo, rovente amore veneziano con Angiola
Tiepolo, nobildonna squattrinata e di temperamento violento, va a
insegnare a Treviso, dove fa esercitare gli allievi sul tema della
felicità umana in rapporto alle leggi, attività che sfocia nel
trattatello L' uomo per natura libero, ispirato a Rousseau e
giudicato sedizioso, che gli procura il bando dalle scuole della
repubblica. Torna in laguna, dove stringe amicizia con Casanova e il
poeta Gasparo Gozzi, e corona con uno scandalo succoso il suo secondo
periodo veneziano. Alloggiato presso un lavorante di piume, Carlo
Bellaudi, s' invaghisce di sua moglie Angioletta, palpeggiandola
sotto le gonne solo pochi giorni dopo averla conosciuta. La induce a
lasciare il marito, e insieme frequentano case di donne di facili
costumi, dove Lorenzo è visto spesso «congiungersi con lei senza
riguardi, in piedi», dichiareranno i testimoni in tribunale. Le
prodezze sessuali non gli fanno trascurare il lavoro pretesco,
esercitato con un cinismo tutto suo, dicendo messe nella chiesa di
San Luca scambiando occhiate d'intesa con le parrocchiane. Gli
Esecutori della Bestemmia lo processano per «ratto di donna onesta,
adulterio e concubinaggio», e il sacrilego è bandito da Venezia per
quindici anni.
A Dresda collabora con
Caterino Mazzolà, poeta dell'Elettore di Sassonia, per traduzioni e
rifacimenti di opere teatrali, accorgendosi della propria
inclinazione per il teatro, mondo prodigo di bugie deliziose, dunque
catturante al massimo per un bugiardo costituzionale come lui, che
perfeziona intanto la sua vocazione per le imprese galanti. Il suo
cuore si lascia «a poco a poco pigliar dalla rete» delle due figlie
del pittore Giuseppe Camerata, però, non sapendo quale scegliere (ma
poi chissà, forse le ebbe entrambe), parte per Vienna, dove conosce
Antonio Salieri, il compositore più potente della città imperiale,
che gli concede protezione.
Nel 1783 l'imperatore
Giuseppe II, appassionato di musica, decide di istituire una
compagnia di opera italiana nel Burgtheater, per cui intende assumere
un librettista. Da Ponte è ricevuto dal sovrano, e alla fine del
colloquio il carismatico briccone ottiene l'ingaggio. Nel 1783
conosce Mozart, di cui nelle Memorie storpia il nome,
munendolo sempre di due zeta. Descrive «Mozzart» come un «uomo
celeste», «dotato di talenti superiori».
Le Nozze di Figaro
è rappresentata a Vienna nel 1786, Il Dissoluto punito, o sia
Il Don Giovanni, va in scena a Praga nel 1787, e Così fan
tutte, o sia La scuola degli amanti, debutta a Vienna nel
1790. Non sempre le storie sono originali. Nelle Nozze adatta
la commedia di Beaumarchais, tagliando personaggi, semplificandone
alcuni e amplificando altri (come la Contessa, eletta centro morale
dell'opera). E il soggetto di Don Giovanni arriva dal
Convitato di pietra di Gazzaniga. Ma i risultati sono ben
altri.
Ci s'interroga sul come e
sul perché del miracoloso sodalizio Mozart-Da Ponte, senza venirne a
capo. Soltanto un clima ci narra Lorenzo, riferendo la gaiezza del
verseggiare e la gioia che presiede alla stesura della trilogia. Così
descrive il suo lavoro sul Don Giovanni: «Una bottiglia di
tockai a destra, il calamaio nel mezzo, e una scatola di tabacco di
Siviglia a sinistra. Una bella giovinetta di sedici anni (che io non
avrei voluto amare che come figlia, ma...) stava in casa mia con sua
madre, e venìa nella mia camera a suono di campanello, che per la
verità io suonava assai spesso e singolarmente quando mi pareva che
l'estro cominciasse a raffreddarsi...». E l'aura di sensualità
pulsa nei doppi sensi erotici che dominano gli scambi di coppie in
Così fan tutte.
Con quei tre titoli
l'opera buffa acquista complessità e spessore, il tragico si alterna
divinamente al comico. Il senso stesso del vivere nel tempo respira
sulla scena: le vecchie convenzioni del melodramma sono rigenerate
con naturalezza, lasciando spazio a sentimenti ed emozioni, conflitti
interni e ventagli di sfumature psicologiche. Da Ponte è il
librettista dominante a Vienna fino alla morte di Giuseppe II (1790),
s'innamora della cantante Adriana Gabrielli del Bene, detta la
Ferrarese, e per sostenerla è coinvolto in numerosi intrighi.
Salieri gli diventa nemico e Lorenzo è allontanato dalla città nel
1791 per volontà di Leopoldo II, succeduto al fratello Giuseppe.
Giunto a Trieste si unisce alla giovane inglese Ann Celestine Grahl,
detta Nancy, anch'essa ebrea convertita al cristianesimo. Con lei,
nell' agosto del 1792, «all'età di quarantadue anni e cinque mesi,
ma col coraggio, o, per meglio dire, colla temerità d'un giovinastro
di venti», parte per Parigi. Ma cambia meta e si reca a Londra, dove
arriva nell' ottobre 1792.
Poeta dell'opera italiana
al King' s Theatre, alterna a questo lavoro molti altri: la sua
specialità sono gli affari loschi e i bisticci per denaro. In un
periodo di tre mesi viene arrestato trenta volte. In fuga dai
creditori s'imbarca per l' America il 7 aprile 1805, preceduto dalla
moglie e dai quattro figli. Un quinto sarebbe nato nel 1806. A New
York fa il droghiere, scappa da un'epidemia di febbre gialla e va in
provincia, a Elisabethtown. Torna a «Nuova Jorca» nel 1807 e dà
lezioni d'italiano in casa del presidente del Columbia College, per
poi rimettersi in affari disastrosi. A settant'anni fa istituire una
sezione italiana nella biblioteca del Columbia College e un reparto
italiano alla New York Public Library, collabora a riviste
letterarie, pubblica commentari danteschi, traduce Byron. Tra il 1823
e il '27 escono le Memorie, e in una seconda edizione (1829-30) le
ripubblica col testo alleggerito dai brani sfavorevoli a Leopoldo II
e ad altri autorevoli personaggi. È un'autobiografia
autoincensatoria, orientata a censurare molti suoi peccati e a
mettere sempre in cattiva luce i suoi nemici. Collabora con la
compagnia d'opera del tenore Manuel Garçia, ottenendo di far
allestire Don Giovanni, e riesce a far costruire un teatro
d'opera italiano a New York. Nella vecchiaia si consuma in
ristrettezze, amareggiato e rabbioso, scrivendo un ultimo volume di
Memorie mai pubblicato. È così pieno di denunce e accuse
che la famiglia, dopo la sua scomparsa, fa sparire il manoscritto.
Muore il 17 agosto 1838,
e pochi giorni prima si riconcilia con la Chiesa. Fino ai suoi
funerali nessuno, in America, ha mai saputo che Lorenzo è un prete.
“la Repubblica”, 22
aprile 2007
Nessun commento:
Posta un commento