Nato a Mineo, in
provincia di Catania, nel 1839, Luigi Capuana visse fra Firenze,
Milano, a respirare la grand'aria della metropoli lombarda
sull'invito insistente dell'amico Verga, e Roma, prima di tornare
definitivamente in Sicilia. Aveva notevoli qualità di critico,
certamente superiori alle capacità inventive, come è evidente dagli
Studi sulla letteratura contemporanea dove è un saggio molto
sottile su un autore difficile come Carlo Dossi. Uomo dalle molte
curiosità, fotografo, acquafortista, incisore su zinco, entomologo,
appassionato di spiritismo, Capuana fu l'assertore più convinto e
teoricamente più agguerrito del verismo sostenendo il metodo
impersonale che vide realizzato nelle opere di Verga, di De Roberto
e, naturalmente, nelle proprie. Ma l'attrazione per il soprannaturale
si accompagnerà sempre in Capuana all'interesse per il documento
umano come attesta, fra altre novelle giovanili, Il dottor
Cymbalus, assai vicino ai racconti fantastici di Tarchetti e di
altri scapigliati. Del '93 è il volume Le appassionate dove
sono presi in considerazione casi di coscienza dolorosi o tragici.
Questo zibaldone narrativo si distingue da Le paesane
dell'anno successivo che si richiamano alle Rusticane e a
Vagabondaggio di Verga. Le appassionate sono l'opera di un
provinciale alla ricerca di piaceri acri e nuovi, di ibridismi
intentati, che sogna la grande avventura con la donna fatale
incontrata di preferenza nel continente e magari straniera da
confidare forse all'amico Verga nel Salottino dei sogni, luogo
immaginario di ritrovo.
Questi casi di coscienza
dolorosi o tragici hanno titoli già indicativi come Tortura o
Mostruosità. Tortura è il primo dei due racconti usciti nel
volumetto Sotto la pergola nella collana Il cigno nero
dell'editore Lucarini, a cura di Riccardo Reim (pagg. 60, lire 9.000)
e contemporaneamente pubblicato da Sellerio (pagg. 68, lire 5.000),
con una postfazione di Carlo A. Madrignani, il critico più attento
di Capuana. In Tortura è la vicenda di una donna che,
nell'assenza del marito, subisce una aggressione del cognato che
imprime a tradimento un bollo di fuoco nelle sue carni di moglie
immacolata. Di qui uno straziante travaglio del sangue, dei nervi,
dell' intelligenza che tornavano a ribellarsi contro l'oltraggio,
quasi continuasse tuttavia l'opera sua vituperosa. Naturalmente
Teresa esce incinta dall'oltraggio con la repulsione per il nascituro
e il racconto si snoda come un lungo sogno orrendo finché tutto si
accomoda alla meno peggio con la morte del bambino, il suicidio del
cognato sopraffatto dal rimorso, partito per l'America ma morto in
Australia e la pazzia di lei col ritorno della ragione dopo sei mesi.
Il marito non sa nulla. Il tono del racconto è tutto esclamativo,
costellato di espressioni come infamia, orribile impressione,
delitto, invincibile ribrezzo, baci maledetti, sputo di disprezzo,
l'empio germe vitale, agonia.
Ammiratore di Angelo
Camillo De Meis, studioso hegeliano di storia della medicina, di cui
aveva letto, subendone una decisa influenza, il libro Dopo la
laurea del '68, Capuana è fra i pochissimi, se non l' unico
scrittore italiano dell'Ottocento nel quale il rapporto fra
letteratura e scienza ha un rilievo preciso. Nei suoi romanzi, da
Giacinta del ' 79 a Profumo del '91 è naturale la
presenza di un medico che esamina con fredda curiosità un bel caso.
Il dottor Follini, discepolo del De Meis, se non credeva nell'anima
immortale, credeva nell'anima e anche nello spirito e il medico
cattolico fra i personaggi di Profumo concilia le osservazioni
scientifiche con uno spiritualismo del quale lo scrittore sentiva
l'esigenza, nonostante la sua originaria visione dell'uomo
coerentemente meterialistica. Così in Tortura un medico
studia il funesto germe d'esaltazione nervosa della protagonista che
acconsente alle cure alternandole con le frequenti confessioni in
chiesa in una singolare convergenza di consigli da parte del medico e
del prete, quasi d'accordo. La prima stesura del racconto è del 1888
per il Corriere di Napoli e Tortura apre cinque anni dopo Le
appassionate con qualche modifica come il passaggio dalla pazzia
senza rimedio di Teresa alla guarigione, per la verità anche troppo
rapida. Del '92 è L'innocente di D' Annunzio nel suo momento
tolstojano col quale Tortura ha qualche somiglianza. Teresa
era soggiaciuta per l'annientamento d'ogni forza, vinta da un immenso
stupore, quasi fosse stata non già vittima, ma testimone di quel
delitto! mentre Giuliana dell'Innocente cedeva ad un abile
seduttore con l'anima che non consentiva, scontando con l'inferno un
minuto di debolezza. Teresa ha il sospetto di una sua debolezza e di
un cieco assentimento di sensi. La moglie non più immacolata non
poteva pensare, senza raccapriccio, alla continua presenza di
quell'insultante testimone dell' ignominia di lei e l' impura
Giuliana ha in orrore il nascituro. In Tortura sono personaggi
qualsiasi, di scarso rilievo intellettuale, ma Tullio Hermil
dell'Innocente è uno spirito eletto, uno spirito raro, che
commenta tuttavia il fatto come un comune mortale ottocentesco fra
raccapriccio, ribrezzo, parossismo d' inutile disperazione, vergogna,
miseria, agonia, tortura senza nome. L'ignominia è solo della donna
e, nonostante le autoaccuse, lo spirito eletto e raro, sempre
maschio, vede nobilitato ogni suo atto dalla rarità delle proprie
sensazioni.
Usciti tutti e due sul
Corriere di Napoli della Serao e di Scarfoglio, Tortura e
L'innocente hanno in comune soltanto motivi di contenuto: lo
stile malioso di D' Annunzio è lontano dalla scrittura enfatica di
Capuana che, come sempre, non riesce a nascondere aridità e
piattezza. Sotto la pergola è il secondo racconto che dà il
titolo al libro dell'edizione Lucarini, ricavato da Terra natale
del 1915, l' anno della morte dell'autore. L'ambiente è paesano e la
storia ha origine da un delitto involontario commesso trent'anni
prima, con un finale miracolistico, ma al quale è data, al solito,
una spiegazione scientifica, nel solito studio accurato e
coscienzioso, come notava Verga, del documento umano.
“la Repubblica”, 30
luglio 1987
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