25.6.17

Dio e tarlo. Una favoletta di Federigo Tozzi

Nel tinaio, sotto un vecchio barile che aveva perduto anche i cerchi, ritrovo una tavola di sorbo. Perdio! Se mi riesce a segarla come voglio, mi ci viene un bel tagliere. Prima, con la lima a triangolo, arroto i denti della sega, poi mi metto all’opera. E’ legno così duro che, per quanto consumi tutta la sugna che tenevo incartata su la cappa del camino, non giungo alla fine. La sega brucia e diventa pavonazza. E, poi, non mi riesce d’andare a filo. Allora prendo un accettino e concio la tavola alla meglio. Quando ho quasi finito, m’accorgo che c'è un buco fatto da un tarlo. Lo voglio trovare! Spacco nel mezzo la tavola; e in fondo al buco, che gira quasi come una spirale, lo trovo; bianco e tenero, con una puntina rossa. Lo lascio stare: io sono Dio, ed egli è un solitario dentro una Tebaide.

da Bestie, a cura di Vincenzo Cerami, Theoria, 1987

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