14.6.17

Così i servizi di Praga spiavano Milan Kundera (Giampaolo Visetti)

Milan Kundera
PRAGA - "Il soggetto si è allacciato una scarpa. Sinistra". Primo giugno 1974: una giornata di Milan Kundera. Autori: gli agenti segreti dell' Stb, i servizi speciali cecoslovacchi, pateticamente travestiti da compagni bulgari in gita a Praga. Foto rubate e strafalcioni grammaticali, tredici errori in sette righe di rapporto. Dettagli grotteschi, se non rivelassero l'oppressivo volto paranoico del regime comunista. "Non possiamo dire se il soggetto si trovava all'interno del palazzo perché quando siamo riusciti a parcheggiare lui era già uscito". L'ottusità come arma del terrore. "Siccome il soggetto ha una macchina piccola, sorpassa il camion della spazzatura. Invece la grande Volga grigia degli organi, si incastra". Un mondo diviso tra "soggetto" e "organi", persone "a capo scoperto" e uomini "con il cappello": da una parte i cittadini, dall'altra le spie.
È il ritratto mostruoso della "normalizzazione" seguita alla Primavera di Praga, quello che trapela dagli archivi segreti della polizia. Pubblici da un anno grazie al progetto "Passato aperto" del ministero degli Interni, ma ancora pressoché inaccessibili, migliaia di dossier vomitano sui cechi il veleno che ha distrutto le loro vite fino alla "Rivoluzione di velluto" del 1989. Nei resoconti e nelle immagini, inediti, la spietata conferma delle leggende esorcizzate in barzellette. Di uno scrittore come Kundera, fuggito a Parigi nel 1975, non basta demolire il pensiero. La nomenclatura del partito deve sapere innanzitutto che "ha ordinato un etto di insalata russa", che "non ha trovato posto nell'Osteria del Convento", che "alle 10.25 ha esclamato ciao Jurgen", o che la moglie acquista due salsicce "dal macellaio sulla Myslikova". «L'aneddoto storico - dice Jiri Pelikan, ex dissidente, capo del dipartimento di letteratura dell'Università Carlo IV di Praga - trasfigurato in metafora esistenziale e infine in ideologica giustificazione». Non è un caso che la "giornata di Milan Kundera" entri oggi nelle case dei suoi connazionali. È il trentesimo anniversario di "Charta 77", il movimento di intellettuali che, perseguitati dopo l'invasione sovietica del 1968, non rinunciarono a chiedere il rispetto dei diritti umani all'interno del Patto di Varsavia. Kundera, nei documenti segreti ritrovati, è un simbolo.
Ma i protagonisti sono Havel, Werich, Pelikan, Kohout, Galuska, la cinquantina di artisti dissidenti che terrorizza il regime solo alzando una "Pilsner". Festeggiano insieme il Natale, come il 24 dicembre 1974, sono un gruppo. «Compivano gesti autentici - dice il politologo Vaclav Belohradsky - dunque sospetti perché incontrollabili dalle autorità». Nessuno si stupisce. Ma l'anno dei pedinamenti venuti ora alla luce, è speciale. Kundera ha appena terminato La vita è altrove. È disoccupato, è stato espulso dal partito, ritirate le sue opere. Gli amori ridicoli e Lo scherzo, in cui racconta del comunista a cui il partito distrugge la vita per niente, sono ridotti a samizdat clandestini. I servizi segreti sanno che si prepara ad emigrare in Occidente.
Da Mosca giungono irritati segnali di allarme. «Il Cremlino capiva che il dissenso cecoslovacco - dice Pavel Zacek, nuovo responsabile degli archivi di Stato - era più pericoloso di quello polacco, o ungherese. Dubcek era di nuovo in carcere. È probabile che qualche ufficiale avesse l'ordine di recuperare Kundera e Havel, magari di corromperli. I controlli diventarono asfissianti». Negli scantinati dell'ex Stb, montagne di scatoloni ancora da catalogare. Da quelli aperti emerge però distintamente l'inaccettabilità politica di una vita normale. Il "rapporto numero 23" dell' agente Blazek descrive ad esempio la visita di Kundera al drammaturgo Jan Werich, sull' isola di Kampa, sotto Mala Strana. Il nome in codice dello scrittore è "Elitar I". Orari, abbigliamento, incontri, percorsi, menù delle taverne, sensi unici, la poca merce acquistabile nei negozi. Più che denunce confidenziali, uno straordinario spaccato della realtà impietosa all'epoca del socialismo reale. "Ore 13.04: il soggetto entra nell'enoteca Viola. Ma il vino è finito. Il soggetto esce sorridente, a braccetto con la moglie".
«La polizia - spiega lo storico Dan Hruby - era ignorante, ma non stupida. Negli interrogatori, citare dettagli insignificanti serviva a destare il terrore». Kundera, convocato in commissariato il 12 agosto del 1974, si sente porre una sola domanda dall' agente Platenik: «Perché alle 9.27 del primo giugno ha scartato una caramella alla ciliegia sotto il terzo castagno del secondo cortile interno del Clementinum?». Il messaggio è di drammatica violenza. «Da quel momento la tua vita - dice Jan Keller, sociologo dell' università di Brno - era finita. Nemmeno un gesto, un desiderio intimo, ti sarebbero più appartenuti. Tutto era oscenamente pubblico: l'occhio vicino e penetrante della morte ti avrebbe tenuto in ostaggio». Come nel rapporto segreto sul Natale da Werich, nome in codice "Linea II". Gli agenti Sebela e Spurny sono appostati sotto il palazzo Lichtenstein, di fronte alla casa del regista. Sei ore sotto la neve per fotografare "la faccia e il profilo dei soggetti che partecipano al folklore praghese". Uno scandalo, da riprendere "azionando il flash da sotto la pelliccia marrone". Notazioni noiose, lette oggi. Ma è l'ultimo Natale di Kundera a Praga. I messaggi stropicciati dei servizi segreti annotano che sua moglie, Vera Hrabankova, brinda rivelando "calze grige, rotte sul calcagno". Una sentenza cifrata.
«Significa che sono annientati - spiega il professor Pelan - che non possono più restare dove sono nati». Immagini e relazioni celano molto più di attimi ordinari rubati al dissenso. Fissano espressioni stanche e sorrisi umiliati, lo sguardo in allarme di chi si sente braccato. «Sapevano di essere pedinati e spiati anche in bagno - dice lo storico Peter Vlac - . La condanna della dittatura, dopo gli omicidi degli anni Cinquanta, consisteva nella semplice comunicazione di tale controllo. Traditi da vicini e famigliari, si veniva isolati». È il destino di Kundera, frantumato nei personaggi ridicoli e tragici dei suoi romanzi. Il partito, davanti all'ex poeta comunista che da ragazzo glorificava i tempi nuovi degli operai e delle fabbriche, sbanda. La censura inorridisce, scorrendo le pagine nuove che parlano di amore, di sesso, di uomini e di donne, di sentimenti e dell'esistenza insensata perché irripetibile. Nel 1974 basta la frase sgangherata dell'agente Bocek ("Il soggetto andrebbe uscito con Jirka", nome in codice del professore ceco-americano George Gibian), per farlo definire "persona non gradita". Nel 1978 è sufficiente la stesura in francese di Il libro del riso e dell'oblìo per togliergli la cittadinanza cecoslovacca.
Trent'anni dopo, a Praga, ci si chiede però se la maledizione sia davvero finita. E Kundera diventa un caso. Anche dopo la caduta del Muro, non ha più fatto ritorno in patria. Gli ultimi romanzi, per sua volontà, non sono tradotti in ceco. Versioni-pirata circolano su Internet, di nuovo clandestine. Adorato dal popolo, "Elitar I" rimane un estraneo per le élite, malsopportato dai letterati. Il Paese resta prigioniero dei dossier usati per distruggere vite e carriere. Il collaborazionismo della Chiesa, il tradimento di miti come il cantautore Jaromir Nohawica, il mesto sgocciolìo di nomi creduti bandiere del dissenso, ora annegati nell'oceano dei venduti, confonde vittime e carnefici. Tutti colpevoli, si chiedono i giornali, dunque collettivamente innocenti? Eroe è chi denunciò con l'esilio, morendo di nostalgia, o chi testimoniò con la resistenza, consumandosi in prigione? Dagli archivi comunisti emergono pistole, o richieste di perdono?
I sotterranei delle spie oggi segnalano Kundera tra gli oppositori che avrebbero dato vita a "Charta 77": ricordano però che lui "ha scelto di andarsene prima, per mietere la riconoscenza dell'Occidente". Le ultime due foto lo ritraggono in una strizzata giacchetta nera, lisi pantaloni a zampa, in un verduraio vuoto di Praga; e tre mesi dopo in elegante doppiopetto blu in una "gastronomia di Montparnasse che scoppia di caprini, ostriche e champagne". "Onore a chi paga la speranza con l'addio", risponde l' autore de L'insostenibile leggerezza dell'essere. Ma per i cechi, dice lo scrittore Michal Viwegh, «è l' estrema beffa, questa sì kunderiana, orchestrata da chi a Praga ritiene di aver scontato la pena. Il mostro, dopo la plastica facciale, rialza la testa: e brandisce i fidati artigli del passato che ritorna ad aspettarci».

“la Repubblica”, 15 marzo 2007

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