Nei primi, freddissimi, giorni di marzo Carla Spagnoli, virgulto dell’illustre famiglia perugina, ha lanciato un appello: “Borghesi di tutta l’Umbria, unitevi e scendete in campo”. Lo scorso anno si era candidata alle europee nell’Alleanza postfascista di Fini, oggi è la prima del listino di Laffranco. Ai più la frase è sembrata una sconcia e ridicola stronzata, ma Campi, l’editorialista del “giornalino”, è gasatissimo: vi scorge i segni di una riscossa borghese, di una nuova moralità che scuote le buone famiglie perugine, aduse a mimetizzarsi per amore del quieto vivere.
La prima ad accogliere l’appello è stata un’altra Spagnoli, la cugina Francesca, vedova del medico Francesco Narducci, scomparso misteriosamente 20 anni fa. Mentre dall’inchiesta giudiziaria trapelano incessanti le voci sulle connessioni con i delitti del “mostro di Firenze”, Francesca è scesa in campo. Lanciato attraverso gli strilli e le anticipazioni della stampa locale, il libro Un amore all’inferno, basato sui colloqui del giornalista Cugia con la vedova, a Perugia era già introvabile qualche ora dopo l’uscita. La Spagnoli nei prossimi giorni lo presenterà a Roma e Milano. Batti il ferro mentre è caldo.
A giudicare dai resoconti sui quotidiani non s’intravedono novità sconvolgenti, ma basta poco per alimentare i pruriti del pubblico: il matrimonio da favola tra i rampolli di due grande famiglie, l’invidia della sorella, il primo coito, le stranezze del medico, il suo “tempio segreto”, gli strani comportamenti dei congiunti Narducci, prima e, soprattutto, dopo la scomparsa di Francesco.
La Spagnoli dice di volere dai magistrati la verità, anche la più cruda, ma chiede alla pubblica opinione di non condannare senza prove quello che considerava il suo “dio”. Intanto fa cassa e cerca fama.
Non una, dunque, ma due sono le Spagnoli che (per la probabile felicità di Campi) “rompono il tradizionale riserbo”. Le fornicazioni con i fascisti sono una pratica duratura dei borghesi, dallo squadrismo a Salò, ma di rado essa viene ostentata. Quanto alle vergogne familiari di norma i panni sporchi si lavano in casa.
“I borghesi son tutti dei porci, più sono marci, più sono lerci” cantava Giorgio Gaber. Si trattava di una iperbole grottesca, ma conteneva un grumo di verità. I migliori, però, si comportavano con stile, nascondevano il lerciume, tenevano ben chiusi negli armadi scheletri e carogne. Oggi l’avidità sembra incoraggiare l’impudicizia e dettare diverse norme di comportamento. L’effetto è pestilenziale.
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