Romano Prodi ha concluso il suo recente “faccia a faccia” con Berlusconi introducendo, quasi di soppiatto, la parola ‘felicità’, e a detta di molti questo inatteso balzo verso l’alto avrebbe determinato la sua vittoria mediatica sul piccolo duce in evidente difficoltà. Può essere vero, anche se la frase completa – che, se non sbaglio, contemplava un ‘organizzare’ la felicità, quasi come programma di governo – metteva qualche brivido, e avremmo forse preferito accontentarci, per adesso, della certezza di mandare via Berlusconi.
Venivano anche alla mente, per contrasto, i versi di Sandro Penna: “Felice chi è diverso/ essendo egli diverso…”, che escludono ogni pretesa organizzativa, omologate, programmatica della felicità. Per non dire di Leopardi e del suo dolente sarcasmo sulle promesse di “pubblica felicità”, cioè sulla presunzione di rendere comunità felice una massa di individui naturalmente destinati all’infelicità, col risultato di riprodurre, alla prova dei fatti, ulteriore frustrazione, senso della sconfitta, disagio e smarrimento in chi magari aveva creduto, per un attimo, che potesse essere vero.
Se cerco nella memoria qualcosa che abbia a che fare con la parola ‘felicità’ ritrovo immagini molto lontane dal dibattito abbastanza orrendo di questa campagna elettorale; ancora Penna: “Ecco il fanciullo acquatico e felice./ Ecco il fanciullo gravido di luce/ più limpido del verso che lo dice./ Dolce stagione di silenzio e sole/ e questa festa di parole in me”, dove l’entusiasmo per la vita travalica la stessa possibilità di dirlo con le parole. Allora forse ‘felicità’ è una di quelle parole da usare con grande cautela, da salvaguardare con la massima cura e, direi, con amore. Ma non si tratta di dare addosso a Prodi e a ciò che ha detto in assoluta buona fede: ha fatto benissimo a cercare di farci capire che il prossimo governo produrrà condizioni migliori per la nostra esistenza e qualche speranza in più, e ha fatto bene a cercare di comunicarcelo in modo quasi affettuoso.
Di questi modi abbiamo pure bisogno, nel trionfo di arroganza e volgarità che ci circonda. E’ solo che da un governo democratico ci aspettiamo – più che ci dica parole sul nostro destino – che badi seriamente a “rimuovere gli ostacoli”: per dire, non che prometta ai migranti il mulino bianco, ma che si impegni ad abbattere i centri di permanenza temporanea.
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Commentino col senno di poi
Questo pezzetto fu scritto alla vigilia delle elezioni che l'Unione guidata da Prodi vinse di strettissima misura. Prodi non riuscì ad organizzare la nostra "felicità" e a chiudere i Cpt neppure ci provò. Anche per questo, credo, durò poco (S.L.L.)
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