7.9.10

Pagare e sorridere. Per una sinistra delle (giuste) tasse.

Sotto elezioni mai parlare di nuove tasse o di aumento delle vecchie! E’ la regola che molti politici seguono, nel mondo e in Italia. Anche quelli di sinistra, che, per definizione, dovrebbero usare il fisco per una più equa distribuzione della ricchezza. Dicono: non importa che tu dica di volerle aumentare solo ai ricchi, si spaventano anche i poveri, persino i nullatenenti.

Qui da noi si cita come esempio negativo Fausto Bertinotti, che in una seguita trasmissione elettorale, alla vigilia delle elezioni del 2006, osò parlare di reintroduzione della tassa di successione. Dicono: fece perdere all’Unione di centro sinistra almeno mezzo milione di voti; e forse è vero.

In Italia poi non giova dire che le entrate fiscali servono a garantire servizi pubblici, salute, trasporti, istruzione, sicurezza eccetera. L’Italia non è un paese scandinavo: lì le tasse sono alte, più o meno come da noi, ma i servizi sono efficienti ed efficaci. Qui, con la destra o con il centrosinistra, non funziona niente: le poste, le ferrovie, la scuola, gli ospedali, l’Università, tutto uno sfascio.

Eppure, con la crisi in atto, di proporzioni epocali, moltissimi, quasi tutti, chi per una ragione chi per l’altra, reclamano l’intervento dello Stato: per sostenere le imprese in crisi o i redditi dei disoccupati, per non peggiorare ulteriormente la qualità della scuola o della sanità pubblica e per mille altre ragioni. E il debito pubblico dell’Italia, già a livelli di emergenza, non solo non può aumentare, ma sarebbe bene che diminuisse, anche soltanto di poco. Tagliare le spese al modo di Tremonti, con i cosiddetti tagli lineari, è controproducente, determina un aumento della disoccupazione. Se comandassi ridurrei a zero o quasi il bilancio della Difesa, cominciando col ritirare i contingenti militari da luoghi infernali come l’Afghanistan. Ma, paradossalmente, anche queste scelte avrebbero ricadute su economia ed occupazione e gioverebbero assai più in prospettiva che nell’immediato. Sprechi da eliminare subito ce ne sarebbero, ad esempio i folli emolumenti dei manager pubblici, gli enti inutili e i dannosi loro amministratori, l’esosità del ceto politico eccetera eccetera, ma non si tratterebbe di cifre risolutive.

Insomma, anche se la pressione fiscale è già alta, se si vuole intervenire sulla crisi è sulle tasse che bisogna intervenire. Si può fare e si può dire. Soprattutto se si spiega in dettaglio cosa si vuol fare delle nuove risorse, perché altrimenti si alimenta il sospetto che esse servano a garantire il magna magna dei politicanti e dei loro amici e parenti.

C’è un primo dato che ci dimostra che si può: il debito pubblico italiano è per più del 50 per cento debito con italiani. Un secondo sono i dati statistici, che ci mostrano come salari e pensioni sono diminuiti anche quando il Pil cresceva. Nel tempo delle grasse magre, insomma, ci sono tanti che si sono arricchiti ed hanno costruito patrimoni consistenti in mobili ed immobili. I ricchi ci sono e basta guardarci un po’ attorno per accorgercene. Tassare, finalmente, le rendite in modo adeguato, oltre ad essere complicato, non basta. Bisogna farlo, ma è giunto anche il tempo della tassa patrimoniale, il tempo in cui gli italiani più fortunati, o più abili, o più … non so come dire, debbono dare un contributo consistente perché la nazione esca dalle difficoltà. Per esempio una imposta straordinaria e progressiva per i patrimoni oltre il milione. O il ripristino della più liberale delle tasse, l’imposta di successione, che tende a ridurre nella competizione meritocratica situazioni di immeritato vantaggio ereditario.

Al tempo del governo Prodi il Prc riempì i muri con un manifesto con la parola d’ordine Anche i ricchi piangano. Una colossale stupidaggine! Anche perché non proponevano né espropri né contribuzioni elevate, ma alludevano a cifre modeste, per le quali i ricchi, se ricchi, non avrebbero avuto alcuna ragione per piangere. Non bisogna fare così, bisogna cambiare logica e messaggio. Mi piacerebbe per esempio se, invece di trovare sui giornali l’elenco dei maggiori contribuenti come una sorta di “lista nera”, i Sindaci, città per città, ringraziassero pubblicamente i cittadini che hanno più sostenuto la repubblica nei suoi compiti di solidarietà e premiassero con una medaglia il più solerti nel compiere questo piacevole dovere. Avrebbero, infatti, almeno due ragioni d’allegria: restano ricchi e godono della pubblica stima. Altro che piangere. Pagare e sorridere. Come si diceva un tempo.

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