9.9.10

Il mondo della sicurezza (di Stefan Zweig, Vienna 1881 - Rio de Janeiro 1942)

Stefan Zweig (1881 – 1942), viennese, figlio di un industriale, fu biografo, novelliere, traduttore, intellettuale a tutto tondo. E' uno dei più acuti interpreti della crisi novecentista che segna la fine del sogno di un ininterrotto pacifico progresso della civiltà europea.
Fu tra i primi, in particolare, ad avvertire il carattere di profonda rottura che aveva la prima guerra mondiale e, dentro di essa, la frantumazione della compagine statuale ove più che altrove si era sperimentata la convivenza pacifica dei popoli, delle etnie, delle religioni: l’impero austro-ungarico.
L’avvento di Hitler e la guerra europea oltre a spingerlo fuori dall’amata Europa, errabondo per le Americhe, ne rese più acute e frequenti le crisi depressive cui andava soggetto. Si uccise a Rio de Janeiro, dopo aver ingerito il veleno con la giovane moglie Lotte, mentre imperversava il Carnevale. Aveva fatto in tempo a completare, ma non a rivedere l’autobiografia Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo.
Ne propongo qui il favoloso incipit, una delle più nostalgiche idealizzazioni di un mondo che l’esplodere della guerra e poi dei nazionalismi aveva mandato in frantumi. Piangeremo anche noi inutili lacrime rimpiangendo la brevissima età d’oro dell’Europa comunitaria, il tempo (ahimè quanto fugace) in cui il sogno di un’Europa unita, civile ed aperta sembrava confermato dal nostro libero muoverci nel suo spazio fisico e ideale? (S.L.L.)
Se tento di trovare una formula comoda per definire quel tempo che precedette la prima guerra mondiale, il tempo in cui sono cresciuto, credo di essere il più conciso possibile dicendo: fu l’età d’oro della sicurezza. nella nostra monarchia austriaca quasi millenaria tutto pareva duraturo e lo Stato medesimo appariva il garante supremo di tale continuità. I diritti da lui concessi ai cittadini erano garantiti dal parlamento, dalla rappresentanza del popolo liberamente eletta, e ogni dovere aveva i suoi precisi limiti. La nostra moneta, la corona austriaca, circolava in pezzi d’oro e garantiva così la sua stabilità. Ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che ra permesso e quel che era proibito: tutto aveva una sua norma, un peso, una misura precisi. Chi possedeva un capitale era in grado di calcolare con esattezza il reddito annuo corrispondente; il funzionario, l’ufficiale potevano con certezza cercare nel calendario l’anno dell’avanzamento o quello della pensione. Ogni famiglia aveva un bilancio preciso, sapeva quanto potesse spendere per l’affitto e il vitto, per le vacanza o per gli obblighi sociali, e vi era sempre una piccola riserva per gl’imprevisti, per le malattie e per il medico. Chi possedeva una casa la considerava sicuro asilo dei figli e dei nipoti; fattorie e aziende passavano per eredità di generazione in generazione; appena un neonato era in culla, si metteva nel salvadanaio o si deponeva nella cassa di risparmio il primo obolo per il suo avvenire, una piccola riserva per il suo cammino. Tutto nel vasto impero appariva saldo e inamovibile e al posto più alto stava il sovrano vegliardo; ma in caso di sua morte si sapeva (o si credeva di sapere) che un altro gli sarebbe succeduto senza che nulla mutasse nell’ordine prestabilito. Nessuno credeva a guerra, rivoluzioni e sconvolgimenti. Ogni atto radicale, ogni violenza apparivano ormai impossibili nell’età della ragione.
Questo senso di sicurezza era il possesso più ambito, l’ideale comune di milioni e milioni. La vita pareva degna di essere vissuta soltanto con tale sicurezza e si faceva sempre più ampia la cerchia dei desiderosi di partecipare a quel bene prezioso. Dapprima furono solo i possidenti a compiacersi del privilegio, ma a poco a poco accorsero le masse; il secolo della sicurezza divenne anche l’età d’oro per tutte le forme di assicurazione. Si assicurava la case contro l’incendio e il furto, la campagna contro la grandine e i temporali, il proprio corpo contro gl’infortuni e le malattie; si acquistavano pensioni per la vecchiaia e si offriva alle neonate una polizza per la dote futura. Alla fine si organizzarono anche gli operai, conquistandosi paghe regolate e le casse malattia, mentre i domestici si preparavano con i risparmi un’assicurazione sulla vecchiaia e pagavano in anticipo un obolo per i propri funerali. Solo chi poteva guardare l’avvenire senza preoccupazioni, godeva il presente in tutta tranquillità.
In questa commovente fiducia, di poter chiudere anche l’ultima falla all’irrompere della sorte, c’era malgrado l’apparente austerità e modestia nel concepire la vita, una presunzione pericolosa…

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