28.9.14

«Guerra del vino» duemila anni fa (Sabatino Moscati)

La «guerra del vino» tra Italia e Francia non è un fatto nuovo del nostro tempo, ma affonda le sue radici nel lontano passato. Più di duemila anni or sono, infatti, i vini italiani venivano imbottigliati in migliaia di anfore e trasportati per mezzo di navi da carico nella Francia meridionale, dove era possibile venderli a caro prezzo e senza concorrenza: questo è l'ultimo risultato di una serie di scoperte e di studi degli archeologi subacquei dell'Istituto francese di Archeologia mediterranea.
Le indagini da tempo in atto sotto la direzione di Andre Tchernia e Patrice Pomey nella località di Mandrague de Giens, presso Tolone, hanno consentito di individuare i resti di una nave da carico romana, naufragata con tutto quanto trasportava intorno al 70-60 a.C. Questa data è resa certa dalle monete rinvenute nella nave, che scendono fin verso tale data. Un ampio rapporto sugli scavi sarà pubblicato prossimamente; ma possiamo intanto registrare le maggiori rivelazioni di questa ricerca, che viene considerata come la più importante ed esemplare tra quelle attualmente in corso nel campo dell'archeologia subacquea.
Le strutture dello scafo di legno della nave, dopo che è stata rimossa con le pompe aspiranti la coltre di fango e sabbia da cui erano coperte, si sono rivelate pressoché complete, sicché costituiscono la testimonianza forse migliore oggi disponibile sull'architettura navale antica, dopo l'incendio che ha distrutto le navi di Nemi. Tra gli aspetti caratteristici, sono da notare in specie le cabine per passeggeri, con pareti di legno e coperture di tegole. Il carico era costituito da lingotti di piombo, che provenivano dalla Spagna e servivano in specie per le tubature d'acqua; da un abbondante vasellame, tra cui servizi completi di piatti, scodelle, vassoi, bicchieri; infine e soprattutto da varie migliaia di anfore contenenti vino. Qui s'inserisce l'ultima scoperta, recentemente annunziata da Antoinette Hesnard, che fa parte della missione. Le anfore recano impressi dei bolli con i nomi dei produttori, in particolare «Sabina» e «P. Veveius Papus»: ebbene, gli stessi nomi sono stati rinvenuti su altre anfore in località Canneto, subito a sud di Terracina, dove si trovava evidentemente la fornace in cui erano prodotte le anfore. Quanto al contenuto, è verosimile che si trattasse del cècubo, il vino assai rinomato che si produceva in quella zona.
La «guerra del vino», dunque, si svolgeva nel seguente modo. I Romani avevano proibito con apposita legge agli abitanti delle Gallie, già dalla fine del II secolo a.C., di coltivare la vite. Premunitisi cosi contro la concorrenza, esportavano il loro prodotto caricandolo in grande quantità sulle navi che effettuavano il percorso dalle coste tirreniche a quelle della Provenza, e della Spagna. Una volta sbarcato il vino in Provenza, ne accrescevano il prezzo mediante dazi e lo inoltravano per via fluviale verso l'interno del paese. Come si difendevano i francesi di allora dinanzi a questo imperialismo commerciale? In mancanza di altri mezzi efficaci, ricorrevano forse all'eterno mezzo dell'autarchia, accontentandosi della birra, o più esattamente della ben nota cervogia.


“Corriere della sera”, ritaglio senza data, probabilmente 1978

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