15.9.14

Milano mafia (Cristina Piccino)

Il documentario che l'articolo qui postato recensisce è entrato come dvd, con l'accompagnamento di un opuscolo, nel libro-cofanetto MM Mafia Milano (Chiarelettere, 2012); ma pur essendo cambiati tre governi non è andato né sulle reti Rai né sulla Sette (figurarsi le tv del Cav!). La denuncia peraltro, come appare da più recenti emersioni, nulla ha perso della sua attualità. (S.L.L.)

La mafia a Milano non esiste, è roba del sud, ne sono convinti i milanesi, sostenuti negli anni in questa certezza dalla classe politica al governo della città. MM Mafia Milano però ci dice il contrario. E lo fa in modo capillare mostrando come non solo la mafia a Milano c’è, anzi è bene radicata nel territorio, e occupa ogni possibile spazio che produce ricchezza, ma si è ormai profondamente insinuata nel sistema politico, generando una rete di relazioni in cui la distanza tra classe dirigente e mafiosi è molto sfumata se non inesistente.
A firmare il film, presentato in anteprima allo scorso Milano Film Festival, sono Gianni Barbacetto, giornalista del “Fatto quotidiano” e autore del libro Le mani sulla città, e Bruno Oliviero, filmmaker indipendente (Piazza Municipio), con un occhio allenato a catturare i movimenti segreti delle città.
Il film, prodotto da Invisibile Film e da Chiarelettere, pensato all’inizio per la distribuzione in dvd (con la stessa Chiarelettere), è arrivato invece in sala a Milano (cinema Apollo) - rimarrà in programmazione tutta la prossima settimana - dove sta andando bene a prova della necessità di una diversa informazione.
Siamo certi infatti che le attuali televisioni pubbliche oscurate dal controllo politico del governo Berlusconi non lo manderanno mai in onda, la tendenza è eliminare le voci critiche, figuriamoci un film che denuncia la presenza mafiosa nell’edilizia a Milano...
A renderlo ancora più scomodo è la precisione con cui i fatti vengono esposti, e soprattutto provati: magistrati, economisti, sindacalisti, immagini d’archivio, le informative della questura, le testimonianze di chi come l’ex sindaco di centrosinistra di Buccinasco Maurizio Carbonera, ha denunciato l’infiltrazione mafiosa nel territorio e per questo gli hanno bruciato l’automobile, spedito per posta proiettili, messo croci col suo nome... Il suo comune per fermare gli appalti piantava alberi, ma lui non è stato rieletto: forse le denunce rovinavano l’immagine del luogo?
Al processo Cerberus, di cui vediamo lunghe sequenze i rapporti tra mafia e politica delineano una rete ancora più stretta. Milano era la capitale morale oggi è la capitale della ’ndrangheta dice la voce narrante. La rimozione di questo lato oscuro è ostinata, tenace, perché la mafia siciliana e poi calabrese, la ’ndrangheta, quella che ha prevalso nella regione in un accordo «consensuale», si materializza già negli anni Sessanta, con l’arrivo di Joe Adonis, al secolo Giuseppe Antonio Doto, amico di Lucky Luciano, passa per il delitto Ambrosoli, arriva al sequestro di Alessandra Sgarella, nel 98, tenuta prigioniera proprio a Buccinasco. In passato c’è il business della droga, ci sono i sequestri, infine quando la mafia decide di non attirare più l’attenzione si concentra sull’edilizia. «Il vero sindaco della città è Ligresti». Il processo Cerberus mette a nudo i rapporti tra costruttori e ’ndrangheta, nella zona appunto di Buccinasco, che controlla cantieri, uomini, macchinari, e se qualcuno si ribella non lavora. Il giro di affari è di miliardi. L’edilizia serve per riciclare denaro sporco, è sicura, consolida i poteri, come sappiamo.
Joseph Dioli è un sindacalista, si oppone alla mafia denunciandone la presenza all’ortomercato che vuol dire lavoro nero, sfruttamento, traffici illegali coperti da altro. Lo minacciano, lo mandano all’ospedale, gli bruciano la casa. Forse «la Piovra» non è solo una fiction tv come diceva Pillitteri da sindaco di Milano. E in anni recenti Letizia Moratti minimizza, anche se inchieste svelano la presenza dei boss sotto al Duomo. Nessuno parla di Nicola Padulano selvaggiamente picchiato dalla
mafia per essersi ribellato. Di fronte alla resistenza a accettare questo, la presenza si rafforza, la ’ndrangheta in vista dell’Expo 2015 ha bisogno sempre più di appoggi politici. Il rischio, spiega Nando Dalla Chiesa, è che questa necessità della mafia di avere dei propri consiglieri comunali cambierà il rapporto del territorio con le istituzioni e l’andamento elettorale.
O forse lo ha già cambiato visto che i boss di Buccinasco convogliano voti al Pdl alle ultime regionali e il consiglio comunale di Desio sciolto per infiltrazione mafiosa ha uomini vicini a Formigoni. Man mano che si vede il film ci si sente quasi soffocare in una trama che dall’orizzonte in costruzione dei cantieri milanesi si allarga all’Italia intera. Senza retorica e con lucidità siamomessi di fronte a un sistema di corruzione gigantesco che è quello che governa oggi il nostro paese. E in modo «cinematografico», dando cioè alle immagini un loro valore forte nella costruzione di questo prezioso documento, una cosa sempre più rara, almeno oggi, quando il cinema si confronta con un soggetto importante.


“il manifesto”, 22 ottobre 2011

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