3.6.16

Pornosesso solidale (Pietro Pruneddu)

La pornostar Michelle Ferrari in un abbigliamento castigato
Primavera del 1963. In coda al suo secondo album, The Freewheelin, Bob Dylan inserisce la scanzonata I Shall be Free. In una strofa racconta un’ipotetica telefonata in cui il presidente Kennedy gli chiede consigli su come far crescere gli Usa. «My friend John», risponde il cantautore, «Brigitte Bardot, Anita Ekberg, Sophia Loren. Il Paese crescerà». Il suggerimento dylaniano per la Nuova Frontiera era, tra le righe, un’erezione collettiva, un’eccitazione di massa, trasformare i sogni erotici in business.
Gli Stati Uniti sono diventati nei decenni seguenti la più florida industria pornografica del pianeta. I ricavi annuali del settore oscillano intorno ai 13 miliardi di dollari nei soli States, più di quanto fatturi Hollywood, più di quanto valgano la musica dal vivo e lo sport professionistico messi assieme. Non è così strano, quindi, che a diverse persone sia venuto in mente che una fetta di questa enorme torta, forse, potrebbe essere destinata alla beneficenza. Il porn for charity è un fenomeno sfaccettato: numerose le iniziative per reperire fondi per nobili cause, tantissimi i rifiuti delle associazioni che non accettano la provenienza di questi soldi o di vedere il proprio logo accostato a corpi nudi e materiale pornografico.
Uno dei modelli ideati è quello di Hump the Bundle, un sito che vende lotti di foto e video hard lasciando la possibilità all’utente di scegliere che percentuale del prezzo destinare in beneficenza. «Vendere porno al giorno d’oggi è difficile perché si trova gratis ovunque», ha spiegato il ceo del progetto che si cela dietro lo pseudonimo di Humpty Leftnut. «Ma la cosa più complicata è far accettare ai beneficiari i soldi provenienti da materiale per adulti. Hanno paura di perdere i loro grandi donatori». La pornostar (ed ex ingegnere aerospaziale) Mercedes Carrera ha invece lanciato Porn Charity, mescolando filantropia, diritto all’istruzione e performance sessuali. Insieme a cinque colleghe attrici si è esibita via webcam su una piattaforma streaming e tutto il denaro ricavato (11 mila dollari in due settimane) è stato devoluto a una borsa di studio Stem, destinata agli studenti di prestigiosi atenei scientifici statunitensi che non possono permettersi le esorbitanti tasse universitarie. «Accetterei i soldi da Hitler in persona, se servissero per qualcosa in cui credo», ha commentato Carrera per difendere la sua iniziativa.
L’ufficio marketing più geniale del settore è senz’altro quello del colosso PornHub. Lo scorso 13 febbraio, in occasione del World Whale Day, la Giornata mondiale delle balene, il sito ha annunciato la campagna Save the Whales. Nelle successive due settimane, per ogni 2 mila video visti ha devoluto 1 centesimo alla Moclips Cetological Society, un’associazione senza fini di lucro che tutela i cetacei. La cifra raccolta ha superato i 26 mila dollari. Qualche anno fa, lanciarono invece Save The Boobs, un cent per ogni 30 visualizzazioni nelle categorie “big-tits” e “small-tits”. Fu un successo, ma il destinatario scelto a fine iniziativa, la fondazione Susan G. Komen per la lotta al cancro al seno, rifiutò i 30 mila dollari raccolti dalla piattaforma porno. A PornHub si deve anche l’idea di piantare un albero ogni cento video visti in una specifica sezione del sito. Ne furono piantati 15 mila.
Sul versante del porno dal cuore ecologico ecco anche Fuck for Forest, gruppo berlinese che vende film sul proprio sito o si esibisce live in performance pubbliche. Il ricavato va alle popolazioni indigene delle foreste sudamericane per aiutarle a salvaguardare flora e fauna di quegli ecosistemi. La ong dal 2004 ha raccolto 100 mila dollari, ma molte organizzazioni (tra cui Rainforest Foundation Norway) hanno rifiutato le loro donazioni. In Giappone ha invece avuto buon riscontro la Boob Aid, iniziativa in cui alcune porno-dive hanno accettato una palpata al seno in cambio di una donazione benefica a favore della ricerca contro l’Aids. In 24 ore hanno portato a casa 4 milioni yen (30 mila euro).
In Italia il fenomeno è quasi inesistente. L’unico esperimento di un certo rilievo risale ad alcuni anni fa, quando due intraprendenti trentenni hanno lanciato un crowdfunding per creare Come4, una piattaforma no profit dove gli utenti potevano caricare contenuti erotici amatoriali da condividere con gli iscritti. I ricavi di pubblicità e banner andavano a cause benefiche. La raccolta fondi per creare il sito permise di ottenere 15 mila euro. La campagna pubblicitaria aveva dei claim basati su doppi sensi notevoli come: «Cosa faccio per il bene del mondo? Una sega». Il progetto però, spiega uno dei fondatori, al momento è congelato e attualmente Come4 non esiste più, ma il sito è ancora online e chiede ai visitatori di aiutarli a far partire insieme la rivoluzione del porno. «I tentativi sono pochi perché il nostro è un settore ghettizzato», spiega a “pagina99” la pornostar Michelle Ferrari, una delle attrici hard più importanti del panorama italiano. «Sembra che ci siamo macchiati di chissà quale reato, dobbiamo pagare le tasse ma non ci è permesso di fare beneficenza. Tante ragazze partecipano a eventi di solidarietà per mostrare che il porno può fare del bene sociale, ma la buona volontà viene spesso delusa perché qualcuno ha paura di sporcarsi il nome ricevendo soldi da questo mondo».
Varie organizzazioni e onlus contattate in merito spiegano però di non conoscere questa particolare forma di fundraising e di non aver mai ricevuto proposte in tal senso. Alcune hanno specificato che, in ogni caso, nemmeno le accetterebbero. «In Italia è una modalità poco diffusa», spiega l’ufficio stampa di un’importante associazione animalista che ha chiesto di restare anonima. «Il tema suscita curiosità e ritrosia, ma fa fatica a uscire dal tabù per i retaggi culturali. Non abbiamo pregiudiziali sul porno, ma non sarebbe comunque nel nostro stile».
Una delle poche iniziative solidali nel settore, decisamente più casta degli esempi americani, è l’Hot Star Team, una sorta di nazionale di attori e attrici del cinema per adulti, che viene invitata a partite benefiche di calcio e calcetto. Ma anche in questo caso i precedenti sono poco incoraggianti: qualche anno fa l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova declinò i 3 mila euro raccolti. Il solo possibile accostamento tra pornografia e beneficenza è considerato al limite del controverso. Una parziale eccezione è rappresentata da Rocco Siffredi, testimonial di alcune aste nel sito Charity Stars, piattaforma che mette in palio oggetti appartenenti a vip o la possibilità di incontrarli di persona, per raccogliere fondi destinati interamente a cause solidali. Un utente ha rilanciato fino a 1.500 euro per una cena con l’attore, altri si sono aggiudicati alcuni oggetti da lui usati durante l’Isola dei Famosi per poche decine di euro, che son serviti ad aiutare un’associazione di volontariato per il soccorso sanitario. Insomma, niente che possa lontanamente rimandare al mondo del porno. Per tante realtà, però, il 5 per mille non basta e un aiuto di questo tipo potrebbe risultare utile. Eppure beneficenza e porno ancora non riescono a piacersi. Sembra proprio come cantava Venditti: non c’è sesso e non c’è amore.


Pagina 99, 14 maggio 2016

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