14.8.16

Arte e morale. Oscar Wilde scrive ai giornali

Al Direttore della «St. James’s Gazette»
25 giugno (1890)
16 Tite Street

Signore, 
ho letto la sua critica del mio racconto Il ritratto di Dorian Gray, e non ho bisogno di dire che non mi propongo di discuterne i meriti o i demeriti, la personalità o mancanza di personalità. L’Inghilterra è un paese libero, e la comune critica inglese è perfettamente libera e disinvolta. Inoltre debbo ammettere che, per temperamento o per gusto, o per entrambi, sono affatto incapace di comprendere come qualsiasi opera d'arte possa essere criticata da un punto di vista morale. La sfera della arte e la sfera dell’etica sono assolutamente distinte e separate; ed è alla confusione fra le due che dobbiamo l’apparizione di Mrs Grundy, quella divertente vecchietta rappresentante l’unica forma originale di umorismo che le classi medie di questo paese siano mai riuscite a produrre. Quello contro cui obbietto con tutta la forza è che lei abbia coperto la città di cartelli sui quali era stampato a caratteri cubitali: «L’ultima sortita pubblicitaria di mr Oscar Wilde; un brutto caso».
Se l’espressione «un brutto caso» si riferisca al mio libro o all’attuale posizione del Governo, non saprei dirlo. Quello che era sciocco e superfluo era l'uso del termine «pubblicità».
Credo di poter dire senza vanità — anche se non voglio aver l’aria di disprezzare la vanità — che di tutti gli uomini d’Inghilterra quello che ha meno bisogno di pubblicità sono io. Non ne posso più di vedermi oggetto di pubblicità. Non provo alcun fremito alla vista del mio nome su un giornale. I cronisti non mi interessano più. Questo libro l’ho scritto esclusivamente per il mio piacere personale, e lo scriverlo me ne ha dato moltissimo. Che diventi popolare o no è per me materia di assoluta indifferenza. Temo, signore, che la vera pubblicità sia il suo astuto articolo. Il pubblico inglese, come massa, non si interessa a un’opera d’arte finché non si sente dire che l’opera in questione è immorale, e la sua réclame aumenterà largamente, non ne dubito, la vendita della rivista; nella quale vendita, posso dirlo con qualche rimpianto, non ho alcun interesse pecuniario.

Rimango, signore, il suo servitore obbediente.

Oscar Wilde

“Corriere della sera”, 4 settembre 1977


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