6.2.17

Sicilia 2015. La crisi dei teatri (Teresa Monaca)

Riprendo l'articolo dal numero del dicembre 2015 di “A sud'Europa”, il periodico della Fondazione Pio La Torre. Alcuni dati sono da aggiornare (è più recente la polemica sulla nomina del direttore dello Stabile di Catania), ma in generale la situazione rimane problematica. Qualche speranza suscita la scelta di Palermo come Capitale della cultura. Mi auguro che non ci si concentri sugli eventi e che si mantenga la giusta attenzione sulle strutture e sulla loro gestione futura. (S.L.L.)
Palermo. Il rinnovato Teatro santa Cecilia
L'Orchestra sinfonica siciliana non paga da ottobre i 140 dipendenti perché mancano all'appello 5 milioni di fondi regionali, che negli ultimi anni si sono dimezzati, ieri si è dimesso il componente del cda Francesco Guttadauro. E in difficoltà, secondo la Slc-Cgil, è anche il Teatro Massimo Bellini di Catania che ha ricevuto circa la metà del finanziamento regionale: «5 milioni degli 11 che doveva ricevere». È allarme conti per i teatri siciliani. Proclamato da Slc-Cgil, Fistel Cisl, Uil comunicazione e Ugl lo sciopero che ha fatto saltare la prima dello spettacolo di Emma Dante "Verso Medea" al Biondo e il concerto diretto da Gyorgy Rath al Politeama. «Manca una politica culturale regionale - denuncia Maurizio Rosso, segretario della Slc-Cgil - gli assessori che si sono alternati finora, da un rimpasto all'altro, sono stati inadeguati e negli ultimi quattro anni abbiamo visto dimezzarsi le risorse destinate alla cultura». La Slc-Cgil invoca la collaborazione tra teatri e fondazioni culturali che porterebbe a un risparmio totale di 10 milioni di euro all'anno.
In crisi profonda è l'Orchestra sinfonica siciliana. Come racconta Pino Apprendi, nel cda della Fondazione: «Da quando ci siamo insediati nel febbraio scorso, abbiamo accertato un debito di oltre 18 milioni di euro contratti dalle amministrazioni precedenti. Fino a due anni fa, la Sinfonica poteva contare su un contributo pari a 14 milioni di euro, che ora è stato dimezzato ». «Per il quarto anno consecutivo - denuncia Carlo La Bruna, violista dell' orchestra - abbiamo un ritardo di 4-5 mesi nell'erogazione dello stipendio e sempre in prossimità del Natale. Ad alcuni di noi stanno pignorando la casa».
Nelle scorse settimane sono stati diversi gli incontri che hanno avuto per argomento la situazione dei teatri siciliani. Da tempo questi ultimi sono infatti oggetto di profonde diatribe con la Regione Sicilia per via dei sostanziali tagli ai contributi assegnati negli anni precedenti. A Palazzo d'Orleans si è tenuto un vertice a cui ha partecipato il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e i rappresentati sindacali dei due teatri catanesi, il 'Bellini' e soprattutto lo Stabile al fine di cercare di fare piena luce su quanto sta accadendo a Catania. Crocetta ha voluto farsi un'idea precisa attraverso
la richiesta degli atti riguardanti le varie denunce indirizzate nei mesi scorsi da Cisl e Ugl alla commissione consiliare cultura del Comune di Catania e degli atti sottoscritti da alcuni consiglieri comunali catanesi. Inoltre, l'impegno promesso dalla Regione a "sostenere eventuali difficoltà che dovessero emergere nel corso delle attività dei due Teatri catanesi, è vincolato alla condizione che emerga chiaramente la volontà di eliminare gli sprechi e vengano rese pienamente efficienti le attività" oltre alla condizione di ricercare accordi sindacali sui piani industriali triennali, all'interno dei quali prevedere il contenimento dei costi e l'abbattimento dei debiti pregressi, nonché un uso oculato delle risorse. Il sindacato catanese, di contro, ha ribadito il concetto che a pagare un prezzo troppo alto per la crisi in corso non siano ancora una volta i lavoratori i quali non possono perdere diritti e tutele. I rappresentanti sindacali, per di più, hanno chiesto alla Regione di perseguire legalmente gli eventuali autori colpevoli del dissesto economico dei Teatri siciliani.
Con un occhio ai tagli previsti per il teatro Bellini di Catania, nella finanziaria regionale, si paventa un taglio di 1,7 milioni di euro, l'11% in meno rispetto all'anno precedente, e dal 2008 il contributo regionale, che rappresenta la quasi totalità delle entrate dell'ente, è passato addirittura da 21,7 milioni a 14, mentre lo Stabile, negli ultimi anni si registra una diminuzione del contributo regionale del 58%. A muoversi in favore della realtà dei teatri catanesi, oltre al sindaco Enzo Bianco ed ai parlamentari, il presidente dello Stabile Nino Milazzo e i tecnici della Ragioneria del Bellini. Di comune accordo è stato deciso che saranno presentati degli emendamenti sia in commissione che
in Aula per ripristinare per entrambi i teatri il contributo dello scorso anno. Bianco, inoltre, ha ribadito la necessità di "operare un riequilibrio con Palermo visto che sia il Massimo che il Biondo hanno subito, in proporzione, decurtazioni minori rispetto ai teatri catanesi", concetto ripreso anche dal deputato Dino Fiorenza. Da più parti esponenti politici si sono schierati a fianco della cultura catanese sottolineando la necessità di far uscire i teatri dalla costante provvisorietà che impedisce la programmazione, coinvolgendo anche i privati. Tra le varie proposte per uscire da questa crisi anche una forma di collaborazione molto stretta tra Bellini e Stabile sino al punto, come qualcuno ha suggerito, di farli diventare un'unica fondazione culturale con due rami di attività. Nel frattempo i dipendenti hanno messo in campo diverse forme di protesta, soprattutto alla luce di ritardi nei pagamenti delle spettanze.
A dover gestire la situazione proprio nei giorni scorsi è stato presentato dal sindaco Bianco il manager della cultura Roberto Grossi, sul cui nome il CDA del Teatro Massimo Bellini non ha avuto dubbi e lo ha scelto all'unanimità come Sovrintendente. Obiettivo di Grossi quello di riportare il teatro tra la gente avvicinando all'istituzione tutti coloro che per adesso non hanno mai manifestato un particolare interesse. Intanto c'è da dire che negli ultimi tre anni al "Bellini" si è registrata una ascesa nella vendita di abbonamenti e biglietti singoli. I primi sono cresciuti fino a 1700 unità, in controtendenza con altre storiche realtà dell'isola. Al Bellini il costo del personale si aggira intorno ai 14 milioni e 500 mila euro; il 78% per il personale di ruolo, il 18% per il personale
stagionale. A tal proposito i sindacati invitano ad operare un ulteriore taglio delle consulenze e denunciano alcune disparità, con lavoratori ben pagati ma non sempre di grande utilità per l'Ente ed
esterni pagati pochi migliaia di euro con figure essenziali. Come se non bastasse un ulteriore sberleffo è stato messo in atto dal ministero della Cultura che ha scelta di non includere i teatri di Catania e Palermo tra le strutture nazionali, ma di inserirli tra quelli di Interesse culturale (Tric), stessa sorte che è toccata al teatro di Genova, tra i più antichi d'Italia assieme allo Stabile catanese. I
teatri ammessi nella lista del ministero sono un numero limitatissimo, solo sette, e potranno avere accesso agli ambitissimi finanziamenti di primo livello. Uno dei requisiti fondamentali inseriti nella
riforma del settore avviata dal ministro Dario Franceschini è l'esistenza di scuole teatrali legate ai singoli enti ma non tutti le hanno.
A fare queste amare considerazioni attori di chiara fama come Leo Gullotta che nell'elencare i sette Teatri delle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania, amaramente commenta che "i teatri Nazionali si fermano a Napoli, più a sud non vanno". Forse l'idea di federare Biondo e Stabile in un'unica struttura regionale capace di rientrare con maggiore facilità nei vincoli ministeriali avrebbe dovuto avere uno studio più approfondito sulla sua effettiva fattibilità. Intanto a Palermo si guarda al futuro del teatro Biondo cercando di mantenere i programmi presentati al ministero e di contenere al minimo i tagli. Attenzione particolare è indirizzata alle attività per le scuole e per l'infanzia e ai concerti.
Un piccolo miracolo in questo disastro. Il Santa Cecilia, il più antico teatro palermitano ha riaperto i battenti, sul palco Roberta Gamberini, la cantante torinese che qualche anno fa si esibì nella piazza davanti alle porte chiuse per un concerto di protesta. Il tabù del teatro, infatti, durava da cinque anni, quando la Regione, proprietaria dell'immobile, consegnò il Santa Cecilia al Brass Group: mancava il certificato di staticità e così iniziò un'odissea che ha portato lentamente, protesta dopo protesta, appello dopo appello, all' apertura elettrica del lucernario, così come richiesto dai Vigili del fuoco, e, ultimo atto, alla sistemazione dei pannelli fonoassorbenti. Tutti hanno lavorato freneticamente, in un clima, fatte le debite proporzioni, come quello che precedette la riapertura del Teatro Massimo, un caso che ha fatto scuola in materia di teatri antichi risvegliati dopo un lungo sonno: una corsa contro il tempo che ha il sapore di un piccolo miracolo. Il nuovo Santa Cecilia ospiterà anche l'archivio sonoro del Brass: c'è una sala con cinque postazioni per ascoltare le registrazioni dal vivo dei concerti dell'Orchestra jazz e per consultare gli spartiti. E nei progetti c' è anche la creazione di un ristorante nella balconata affacciata sulla sala. Insomma, il Real teatro Santa Cecilia è pronto a scrivere un nuovo capitolo della sua storia iniziata nel 1692 con una colletta di 160 onze e passata attraverso un terremoto, nel 1726, una rivalità senza frontiere col teatro Santa Lucia, una stagione da deposito di ferramenta, un abbandono lungo ottant' anni e un recente utilizzo a singhiozzo. «Abbiamo bruciato cinque anni – si rammarica il presidente Garsia, perennemente alle prese con i debiti della sua Fondazione - I costi di manutenzione sono alti, lo so, ma il Brass group è un brand in grado di riempire trecento posti, più del doppio della capienza del Ridotto dello Spasimo: faremo una programmazione di ampio respiro e assieme agli introiti di bar e bookshop contiamo di poter camminare almeno con una gamba, di essere cioè meno dipendenti dai contributi pubblici. E poi questo non sarà solo il teatro del Brass: ho già chiamato Curva minore per ospitare i loro concerti, Mario Bellone per programmare film, voglio che si faccia anche attività teatrale. Il Santa Cecilia deve vivere».


A sud'Europa, anno 9 n.11, dicembre 2015

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