Anna Maria Levi con il fratello Primo negli anni 40 del Novecento |
Ho trovato nel sito “il
Ciottasilvestri”, dei due storici redattori cinefili del
“manifesto”, materiali relativi alla sorella minore di Primo
Levi, Anna Maria Levi Zimet, combattente partigiana e poi militante
del Partito d’Azione, storica dell'arte e urbanista, tra le prime
studiose a voler riqualificare i Sassi di Matera, morta nel 2013.
Anna Maria Levi aveva sposato nel 1967 lo sceneggiatore newyorkese
comunista Julian Zimet Halevy, vittima del maccartismo e costretto
negli anni 50 e 60 a utilizzare vari pseudonimi per lavorare. Dal
“post” di Ciotta e Silvestri riprendo i frammenti di una
conversazione di Anna Maria Levi con Anna Chiampano, in Voci della
Resistenza ebraica italiana, Le
Chateau, 2011. (S.L.L.)
Anni 30. A destra Anna Maria e Primo Levi a Torre Pelice con due amiche |
…Volevo ascoltarla
ancora perché Anna Maria è l’unica testimone rimasta ed ha un
ruolo in quasi tutti i racconti di questa raccolta. Come sempre c’è
stata all’inizio un po’ di ritrosia, ma poi mi ha raccontato
tante cose, senza nascondersi.
Anna Maria Levi è nata a
Torino il 27 gennaio del 1921. Ha frequentato il liceo d’Azeglio
fino all’emanazione delle leggi razziali e ha conseguito la
maturità classica presso la Scuola ebraica. Ha potuto frequentare
l’Università, laureandosi in Storia dell’Arte, solo alla fine
della guerra… Dopo la guerra Anna Maria ha lavorato prima come
segretaria del Partito d’Azione nel CNL del Piemonte, poi presso
l’Istituto della Resistenza di Torino, collaborando con Giorgio
Vaccarino, in seguito per il Movimento di Comunità di Adriano
Olivetti, in un centro a Borgo San Paolo diretto da Renato Zorzi,
dove si occupava della biblioteca. Dal 1953 si trasferisce a Roma e
ha seguito, sempre per conto di Adriano Olivetti, allora presidente
dell’istituto di Urbanistica, un progetto di riqualificazione dei
Sassi di Matera: l’idea era di costruire una città satellite in
cui trasferire i contadini che vivevano nei Sassi insieme alle loro
bestie. In questa fase Anna Maria ha vissuto a lungo a Matera, una
realtà completamente diversa da quelle a lei note… A Roma Anna
Maria ha diretto la rivista “Centro sociale” per conto del CEPAS,
scuola fondata da Guido Calogero e ha mantenuto il ruolo di direttore
fino al 1980. Si è occupata tuttavia anche di traduzioni,
soprattutto di libri d’arte… Nel 1967 si è sposata con Julian
Zimet, un ebreo americano dalla complicata storia famigliare, con lui
ha viaggiato intensamente e si è fatta buona compagnia. Julian
faceva lo sceneggiatore.
E dopo l’8 settembre
cosa è successo?
Dopo l’8 settembre
siamo andati tutti ad Amay … Poi ho cominciato a pensare che lassù,
con la neve, in inverno per mia madre sarebbe stato troppo difficile.
Così ho mandato un uomo, non era un partigiano, ma era stato
impiegato di mio padre e l’ha portata in pianura. Primo era
contrario: diceva che la mamma là stava bene, che era diventata
amica dei padroni della pensione in cui abitavano. In realtà non
molto tempo dopo Primo, Luciana e Vanda sono stati arrestati. Erano
giovani ed incoscienti, ma eravamo tutti così.
…
E la tua attività
nella Resistenza?
Franco Momigliano mi ha
presentato Ada Gobetti ed era lei a dirmi quello che dovevo fare. In
genere mi occupavo di trasportare e consegnare la stampa clandestina.
Una volta dovevo consegnare della stampa ad Aosta, ma non ho trovato
il contatto e ho buttato tutto il carico nel giardinetto della
miniera. Mi rendevo conto che rischiavo doppiamente: come clandestina
e resistente e come ebrea, ma eravamo tutti un po’ incoscienti
allora. Poi dopo l’arresto di Primo e degli altri mi sembrava
giusto fare qualcosa: eravamo sicuri che Hitler avrebbe perso la
guerra. Dormivo sempre in posti diversi, in particolare ricordo di un
appartamento in corso Re Umberto, quasi vicino a casa mia, un rischio
enorme perché qualcuno avrebbe potuto riconoscermi e denunciarmi.
Faceva freddissimo ed era pieno di scarafaggi. Bisognava stare
attentissimi con i portieri che si trasformavano in spie micidiali.
Anche mia madre ha dato il suo contributo: una volta visitando Irma
Levi Della Torre l’ho trovata per la strada che attaccava manifesti
di stampa clandestina per la strada! Era forte!
Qualche avventura
particolare?
Una volta avevo la borsa
piena di stampa clandestina e la stazione di Borgofranco era
circondata e stavano facendo delle perquisizioni. Penso: “Che
faccio? Lascio la borsa o no?” Ma poi mi sono accorta che si
trattava di soldati non troppo intelligenti che cercavano armi. Così
quando è arrivato il mio turno ho detto che i giornali che
trasportavo ossia “Il Partigiano Alpino” e “Italia Libera”
che erano tutti arrotolati erano carta per mia zia che aveva un
negozio…
Mi hanno rubato la
bicicletta, che era fondamentale, allora mi sono messa un
impermeabile e sono andata davanti ad una fabbrica, alla mattina
molto presto, e ho fatto finta di avere una rivoltella in tasca e ho
detto ad una donna: “In nome del popolo italiano mi deve dare la
bicicletta, mi dia il suo nome e il suo indirizzo così quando finirà
la guerra gliela restituirò”. Lei me l’ha data ed io ho
mantenuto la parola.
Come avete saputo
dell’arresto di Primo?
L’abbiamo saputo da
Bianca Guidetti Serra. Poi dopo la partenza da Fossoli è stato
terribile non sapere più nulla. Mi ricordo che una sera ero con mia
madre a Borgofranco e i padroni di casa ascoltavano Radio Londra. Mia
madre sferruzzava sempre e diceva che Primo avrebbe avuto bisogno di
calze di lana, quando fosse tornato. Ad un certo punto alla radio
hanno detto: “Sappiamo che nel campo di Auschwitz c’è stato un
grande massacro di prigionieri” ed io ho visto che mia madre è
impallidita e per un momento ha smesso di sferruzzare.
È stato molto importante
per noi ricevere quelle poche cartoline, del loro arrivo l’abbiamo
saputo da Bianca.
…
Anna Maria è stanca.
Guarda lontano e sicuramente ci sono altre cose che ricorda, ma che
non vuole dire. Mi sorride e mi dice “Sei una incantatrice, mi fai
parlare di quello che non voglio…”.
Scusa Anna Maria. Non ti
considero un monumento ma una deliziosa signora che mi ha accolto con
amicizia e affetto e di questo ti sono grata.
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