Il racconto che segue, di Laura Lilli, è una parte della presentazione del libro di Guido Artom, La duchessa di Berry, guerrigliera del re, apparsa su “La Repubblica" del 9 dicembre 1980 sotto il titolo Caroline, primula rossa. (S.L.L.)
“Nascosti i capelli in una parrucca castana, e con un beretto di lana, indossa una giubba nera con bottoni di metallo e sopra un camiciotto da contadibo e un panciotto giallo, calzoni di telaccia blu, scarpe grossolane con le inseparabili pistole alla cintura. “Da questo momento” dichiara allegramente, “non sono più Maria Carolina, reggente di Francia, ma Petit-Pierre, ragazzo vandeano”.
A Maria Carolina Luisa Ferdinanda di Borbone (Napoli), duchesa di Parigi piaceva travestirsi. La ducehssa era, sembra, un’accanita lettrice di romanzi di Walter Scott: e proprio da uno dei suoi romanzi aveva tratto ispirazione per un modello di costosa amazzone dal giustacuore verde che si era ordinata per l’avventura vandeana del 1832, pietra miliare della sua focosa esistenza legittimista. L’avventura purtroppo finì nel nulla: la Vandea del 1832 non era più quella del “terribile” 1793. Aveva accettato il tricolore rivoluzionario al posto della bandiera bianca col giglio di Francia dei Borboni (tanto facile da esporre alla finestra perché uguale ad un lenzuolo) e ormai badava ai fatti suoi. L’amazzone verde, comunque, non cominciò neanche la battaglia. La polizia dello zio-nemico, il monarca “borghese” Luigi Filippo d’Orléans (figlio di quel Filippo che aveva osato chiamarsi Egalitè e tessere trame contro Luigi XVI) non sapeva nemmeno che la nuova “primula rossa” fosse in Francia, quando mise le mani sul costume: ma dalla preziosa fattura dedusse a chi era destinato.
Non era solo l’amore per i romanzi storici, naturalmente, a spingere Carolina all’azione. Essa lottava per il trono del figlio (che non vi salì mai) pronta a trasformarsi in una nuova Caterina di Francia. I suoi avversari erano su due fronti. Prima di tutto, naturalmente, l’ “usurpatore” Luigi Filippo, portato al trono dalle famose “tre gloriose” giornate del luglio 1830 non a furor di popolo ma a furor di borghesia. Mentre le blouses proletarie bruciavano Notre Dame, i cilindri e le marsine di Thiers, Guizot, del vecchio Tayllerand e di un’intera nuova classe affamata di un potere per il quale si sentiva decisamente matura, si istallavano nel nuovo “Palazzo”. E Luigi Filippo II li rappresentava.
Ma, appunto, il nemico non era solo lui. Incredibile ma vero, nemici erano anche i vecchi Borboni “fantasmi viventi”, “morti in aspettativa” in esilio nel castello di Holyrood in Scozia, castello che godeva del privilegio di essere inaccessibile ai creditori. Il re deposto era Carlo X, suocero di Maria che aveva sposato il suo secondogenito, il duca di Berry, tragicamente assassinato nel 1820. Poco dopo la morte era nato il figlio suo e di Maria Carolina, il duca di Bordeaux, ultimo maschio dell’esangue dinastia dei Borboni di Francia. Nel fuggi fuggi delle “tre gloriose” Carlo X aveva abdicato a favore del bambino, nella speranza di salvare la dinastia. Invano. Posto piede in Inghilterra Carlo X si era rimangiato l’abdicazione.
Segue la disperata fuga di Maria Carolina e il tentativo di mettere sul trono il figlio:con un viaggio avventuroso in Italia, con il tentativo di sollevare una sonnolenta Marsiglia e una ancora più sonnolenta Vandea, con la tessitura di complesse e spesso traditrici alleanze, con amori intensi. Nascerebbe un figlio illegittimo se un napoletano a lei fedelissimo, Ettore Lucchesi Palli, non la sposasse per tempo e non le facesse fare poi tanti altri figli da farla diventare – quando morrà in esilio in Austria – nonna 32 volte.
Una dimostrazione, questa, di sicura lealtà: e Caroline chérie – così fu definita negli anni 50 in una serie assai fortunata di film) di sudditi leali ne trovò tantissimi.
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