2.9.14

L'ultimo desiderio di Renzo Pezzani (Egidio Bandini)

Il nome di Renzo Pezzani (Parma, 4 giugno 1898 – Castiglione Torinese, 14 luglio 1951), poeta e scrittore per bimbi e ragazzi, a quelli e quelle della mia generazione è noto fini dalle prime classi elementari. La sua è una delle prime firme che si incontrano in calce a delle poesie ed esse, generalmente, sono cantilene e filastrocche di consolazione e risarcimento: valorizzano l'operaio, la massaia, il contadino, il fabbro, la sofferenza e le piccole gioie della povera gente e non fanno mancare madonne e angeli custodi, anche se talora quest'ultima presenza mostra risvolti inquietanti. Ho letto le sue biografie in rete, che manifestano qualche analogia con la vicenda umana di Salgari. Pezzani, maestro elementare e fin da giovanissimo apprezzato autore di testi per l'infanzia, ebbe a metà degli anni Venti qualche rogna con i fascisti e pubblicò soprattutto per la SEI di Torino, la casa editrice dei salesiani, in maggiore sintonia con i suoi orientamenti e sentimenti cattolici. Risalgono tuttavia al famigerato “ventennio” i primi tentativi, falliti, di emanciparsi diventando editore di sé stesso. Altri ne compì, invano, nel dopoguerra. Morì relativamente giovane (52 anni) in Piemonte, dove s'era trasferito dalla nativa Parma. Nella sua evoluzione “politica” sembra esserci uno scarto: nel 1945 si iscrisse al Partito Comunista Italiano e pare che ampia collaborato con “l'Unità”. Non so dire se mantenne la tessera fino alla morte, soprattutto dopo che la guerra fredda spinse la Chiesa cattolica a una più forte contrapposizione verso il comunismo italiano, considerato strumento di Stalin; presumo che non vi furono rotture clamorose, altrimenti le biografie le registrerebbero. Il pezzo che qui “posto”, dalla “Gazzetta di Parma” racconta di una stretta amicizia negli ultimi anni con Giovannino Guareschi (il creatore di Don Camillo), che di certo non simpatizzava per i comunisti. (S.L.L.)
Renzo Pezzani
«E adesso dobbiamo dirvi che a Torino è morto Renzo Pezzani. Scrisse libri di lettura, poesie per ragazzi, racconti, favole, commedie. Ma come faccio a spiegarvi chi era Renzo Pezzani se le poesie che io amo di più sono quelle scritte in dialetto parmigiano? Il parmigiano è un dialetto aspro, contorto, che, ogni tanto, sa di bassifondi parigini. Renzo Pezzani faceva della poesia con quella roba lì: come uno che trabaltando dei ferri vecchi, cava fuori della musica dolce e sottile».
Così, nella rubrica “Giro d’Italia” del n° 29 di Candido, il 22 luglio del 1951 Giovannino Guareschi raccontava la morte dell’amico e poeta parmigiano. Un annuncio accorato, quello di Guareschi, cui rispose, con una lettera commovente, l’editore torinese Andrea Viglongo, che nel 1948, fra gli altri, aveva pubblicato La Regina dei Caraibi di Emilio Salgari.
«Caro Guareschi, - scrive Viglongo - se è vero che gli amici dei nostri amici sono anche nostri amici, l’amicizia comune per Renzo Pezzani mi autorizza a rivolgermi a Lei a cuore aperto. Il saluto gentile che Lei ha rivolto alla memoria di Pezzani nel “giro d’Italia” mi ha commosso e quasi mi sento in dovere di ringraziarLa, sebbene i miei titoli di vicinanza alla Ombra amica non siano certo superiori ai Suoi. La ragione è che io ho visto la fine di Pezzani, ed ho raccolto confidenze, che per l’improvvisa catastrofe, imprevedibile a tutti, ma a cui egli più di tutti era impreparato, assumono il carattere di estremi desideri».
Viglongo racconta a Giovannino il giorno della morte di Renzo Pezzani che, poche ore prima di accasciarsi nella sua «Villa Zitta», aveva fatto visita all’amico editore, per parlare con lui, per rinfrancarsi da un malessere improvviso. Quindi, descrive il drammatico cammino del feretro dalla collina a valle, tra pioggia e fango: «Non erano moltissimi gli amici che avevano sfidato il maltempo, per fare ancora un tratto di strada insieme al povero Renzo, schiantato all’improvviso dal destino beffardo: stava finalmente, dopo tanti travagli, per riprendere in serenità la sua strada di creatore di fantasie care alla fanciullezza»! Sì, Viglongo sapeva che Pezzani aveva una forte speranza, legata all’aiuto dell’amico Giovannino Guareschi: «In quell’ora di conversazione, alle soglie della morte in agguato, Pezzani mi confidò tutta la speranza che riponeva nella pubblicazione del romanzo affidato a Rizzoli, mi par di ricordare in relazione ad un concorso. Io gli feci il Suo nome, ed egli mi disse che Lei della cosa era già informato e che sulla Sua amicizia sapeva di poter contare. Lo credo anch’io, come credo che non Le spiaccia sapere che il Suo nome fu uno degli ultimi pronunciati nelle estreme ore di lucidità da Renzo Pezzani, che in fin di vita sperava nella pubblicazione di “quel libro” colla trepidazione del giovinetto che attende il primo foglio stampato con parole sue».
Un nuovo romanzo per ragazzi? Chi lo sa e, soprattutto, chi lo saprà mai. Neppure Giovannino Guareschi ne parlò più, anche se, in quel “Giro d’Italia” scrisse: «.. Però una delle sue poesie per ragazzi ve la voglio presentare. Perché, anche se non capite il parmigiano, vogliate un po’ di bene a Renzo Pezzani in italiano. La poesia s’intitola «Dieci più». Le mamme scrivono tutte alla stessa maniera/ quando gli altri sono a letto e più zitta è la sera/.../ Come su neri spini improvvisi esplodono fiori/ scrivono in grosse lettere con bellissimi errori./ Oh, se dal buio tempo tornasse la loro/ maestra di terza a raccogliere il lavoro/ per quel “cuore” così grande sfuggito con la q/ chissà che voto avrebbero con la matita blu./ Ma lì è così bello, tra lagrime, sorrisi, preci/ che alla mamma che scrive ogni bimbo dà dieci./ E forse dieci più».


“Gazzetta di Parma”, 28/12/2011

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