28.7.16

“Mesc-ciùa” o “Mes-ciùa” o “Mesciùa”


È un piatto della tradizione spezzina, una zuppa di legumi, che viene fatta risalire al XVIII secolo. Per essere preparata richiedeva soltanto la pazienza necessaria alla raccolta dei suoi ingredienti, consigliata ed imposta anche dalla miseria del tempo. Così la racconta Enrica Moscatelli nel sito dei “taccuini storici” di “gastrosofia”:
La Spezia, allora era poco più di un borgo abitato da contadini, pescatori, naviaganti, artigiani e commercianti, che ancora alla metà del XIX sec. arrivava a contare non più di 10.000 abitanti. Come è facile immaginare l’isolamento, determinato dall’orografia del territorio e dalle difficili vie di comunicazione, era rotto solamente dagli scambi marittimi che, non solo avvenivano lungo le coste del mare Tirreno, ma in tutto il Mediterraneo. La mancanza di moli d’attracco ed i bassi fondali non consentivano l’avvicinamento di velieri, brigantini o golette; l’approdo alla spiaggia della marina poteva avvenire solo con i “Leudi“ a vela latina, classiche barche da trasporto liguri con equipaggio di 6 persone che, secondo gli usi cui erano destinate, avevano una lunghezza variabile da m. 9 a m. 15 e potevano trasportare merci tra 25 e 30 tonnellate.
In considerazione delle tipologie di colture in essere nel territorio è facile comprendere che legumi e granaglie rappresentassero buona parte delle merci che giungevano a La Spezia via mare.
I camalli, cioè gli uomini di fatica che provvedevano al carico ed allo scarico dei battelli, avevano constatato che, a causa di qualche sacco rotto o forato, sul fondo della stiva restavano residui a volte consistenti di ceci, fagioli secchi, grano, ecc. che recuperati potevano diventare un'occasione per arrotondare il magro salario. Le quantità recuperate di ogni singolo legume o cereale non era però sufficienti a realizzare delle zuppe monoingrediente per famiglie spesso numerose. Nasceva così un cibo di recupero, che assumeva il nome di mescolanza, in dialetto mesc-ciùa”.
Di questa zuppa ho trovato più di una ricetta. Alcuni si limitano a mescolare fagioli cannellini, ceci e grano, altri inseriscono altre varietà di fagioli e di cereali (il farro e il grano saraceno soprattutto). I segreti della preparazione sono – in verità – segreti di Pulcinella. Occorre innanzitutto una lunga e differenziata permanenza di cereali e granaglie in acqua: indicativamente basta una notte per i fagioli cannellini, è meglio una intera giornata per le granaglie e 48 ore per i ceci. Gli ingredienti vanno cotti separatamente, ma contemporaneamente: un'ora all'incirca i legumi, un po' meno i cereali. Io l'ho provata con il farro (grosso modo 150 grammi di ceci e altrettanti di cannellini e un etto di farro): ottima.
Si sala durante gli ultimi minuti di cottura. A fuoco spento si aggiunge l'olio, il migliore possibile. Ci vuole anche il pepe che abbellisce, profuma e dà gusto, ma io purtroppo devo farne a meno. Si può aggiungere basilico o prezzemolo tritato. Conviene non mangiarla caldissima, lasciarla intiepidire un po' per favorire l'amalgama. A qualcuno piace anche fredda (a me, per esempio).

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