10.7.16

I Moschettieri di Nizza e Morbelli (Lucio Villari)

"Così fra trent' anni, i nostri figli parleranno di noi? Sorrideranno del fox-trot, delle donne coi capelli alla garzona e delle unghie laccate di rosso. Allora, nei cinematografi, daranno come comica finale, fuori programma, un supercolosso di Greta Garbo. Ma i nostri figli non potranno dimenticare che il nostro tempo è stata un'epoca rude, aspra e difficile, nella quale sono maturati i grandi avvenimenti che abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Del nostro tempo non si potrà ridere mai".
Questa strana, inquietante riflessione è in una nota (di cui, allora, forse nessuno dei tanti lettori entusiasti si sarà accorto) del libro I Quattro Moschettieri di Nizza e Morbelli. Un libro che invece era stato pensato (e, con eccezionale intelligenza, disegnato da Angelo Bioletto) solo per divertire i lettori, aggiungendo parole e immagini alle voci che avevano deliziato per nove mesi milioni di italiani. Tutto cominciò esattamente cinquanta anni or sono, e precisamente il giovedì 18 ottobre 1934, quando dalla stazione Eiar di Torino, alle ore 13, si diffusero per l'etere le Avventure dei Quattro Moschettieri scritte da due giovanotti: Angelo Nizza, di ventinove anni e Riccardo Morbelli, di ventisette. Le trasmissioni, offerte dalla S.A. Perugina - ovviamente in diretta - erano allestite dal "comico" Riccardo Massucci, un regista di operette. Il successo fu, come si dice, immediato e travolgente, e fa pensare alla singolare congiunzione degli astri del Riso e della Fantasia che generò proprio nel 1934, in varie parti del mondo, intramontabili eroi di fumetti e di cartoni animati.
Le trasmissioni delle Avventure proseguirono, ogni giovedì, fino al 4 luglio 1935, e furono anche registrate in dischi di cartone (tre per ogni puntata), dei quali furono messi in vendita, però, solo quelli relativi alle avventure de I Moschettieri in Russia. L' enorme successo di questo programma, oltre a decretare il trionfo di un potente mezzo di comunicazione come la radio, costrinse Nizza e Morbelli a scrivere una nuova serie di "avventure radiofoniche" che si chiamò semplicemente I Moschettieri, e che andò in onda in ventitrè domeniche consecutive dal 25 ottobre 1936 al 28 marzo 1937. Nel frattempo alla S.A. Perugina si era affiancata la S.A. Buitoni; e, in coincidenza con le trasmissioni, fu lanciata una campagna a premi imperniata sulla raccolta in album di figurine - disegnate sempre da Bioletto - di tutti i personaggi, maggiori e minori, delle avventure. Tra i tanti premi, vi erano anche auto Topolino: la febbre, tra il pubblico, crebbe perciò fino allo spasimo.
Si raccontano ancora fatti epici, come la ricerca affannosa, per completare gli album, di figurine improvvisamente introvabili quali Il feroce Saladino e La Bella Sulamita; alla fine dovette intervenire il governo con un decreto che proibiva i concorsi a premi con figurine inserite nelle confezioni. Fu un duro colpo per Perugina e Buitoni. Ma si deve anche pensare che in quegli anni c'era più controllo di adesso (che non ce n' è affatto) sui consumi "indotti" e artificiosi, manipolati dalla pubblicità.
Comunque, la vicenda delle figurine riguardava solo indirettamente Nizza e Morbelli, la cui voglia di inventare storie e di raccontarle, di osservare con vena parodistica, secondo le migliori e contemporanee testimonianze di Petrolini o di Campanile, certi innocenti tic della piccola e media borghesia, si incontravano con autentiche doti di scrittore. L'utilizzazione di diverse forme espressive (dalla musica, espressamente composta da Egidio Storaci, alle tecniche del teatro di varietà) e il montaggio alternato di personaggi, oggetti, avvenimenti, canzoni in voga appartenenti indifferentemente al secolo XVII o al Novecento, fecero di loro gli iniziatori di un genere di spettacolo e di "comunicazione" con il pubblico, tra il cabaret e la commedia musicale, che, tutto sommato, dura ancora, sempre divertente e piacevole.
Essere poi riusciti a trasferire in due volumi - che ancora oggi hanno un pubblico di lettori e di ri-lettori - le avventure dei Moschettieri, di Arlecchino e di una miriade di personaggi (da Petronio Arbitro a Faust, da Charlot a Greta Garbo, da Caterina di Russia a Car ucci, Manzoni, Mata Hari, Guido da Verona, Sherlock Holmes, Renato Simoni e decine di altre figure della storia e della letteratura) in un caleidoscopio di immagini vecchie e nuove; l'essere riusciti a questo con molta semplicità, è senza duhbio un merito incontestabile. E non mi risulta che di Nizza e Morbelli si parlerà poi come di semplici umoristi, anche perché, a mio avviso, non solo essi hanno inventato o modernizzato un certo stile della satira e un efficace linguaggio dell'Idiozia (allo stesso modo, ad esempio, del “Marc'Aurelio”, dal quale pure provengono, come è noto, Fellini, Scola, Steno, Scarpelli, e tanti altri scrittori e uomini di spettacolo), ma anche perchè le loro parodie non erano prive di autoironia consapevole e talvolta amara.
Ne è un esempio, tra tanti, la nota citata prima o la garbata satira degli anni Trenta fatta in una poesia che si immagina scritta nel 1977 sulla falsariga dell' Amica di Nonna Speranza di Guido Gozzano. Rileggiamone insieme l' inizio: "Poltrone in metallo cromato, vasetti di cactus odiosi, i mobili nudi angolosi e tende di rosso incerato, alle pareti sospese, vicino a una stampa antica, le foto di Greta e De Sica nelle cornici all' inglese, la radio, già muta da un po', che i vicini più non affligge, un mazzo di carte da brigge fra disgustosi bibelots, le tele di Casorati (donne nude in libertà), i quadri di Carlo Carrà (contadini dai piedi enfiati)...". In questa elegante goliardia si avverte quella ironica e colta "aria piemontese" che Morbelli e Nizza avevano respirato nella Torino degli anni Venti. Non a caso i loro compagni di scuola e di giochi, appunto goliardici, erano stati Pavese, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio; al liceo, il compagno di banco di Morbelli era stato Giulio Carlo Argan, e i due amici spesso facevano gare di velocità e di abilità narrative.
Insomma, quando nel 1935, a conclusione del primo ciclo di trasmissioni, comparve il volume I Quattro Moschettieri, si comprese subito che alla straordinaria fantasia degli autori si univa un piglio moderno e dissacratorio; il tutto in tale equilibrio da fare di una parodia di Dumas, dei libri rosa e dei romanzi di avventura, un romanzo di avventura vero e proprio. Il libro ebbe in un anno cinque edizioni; e poichè il personaggio che alla radio aveva avuto più successo era stato quello di Aramis (interpretato da Nunzio Filogamo), trasformato da Morbelli e Nizza in un "gagà scioccherellone" dalla erre moscia e sempre lievemente disgustato della violenza e volgarità dei suoi compagni moschettieri, i due scrittori pensarono di far seguire al primo libro un secondo, intitolato L'avventurosa vita di Aramis.
La serie successiva - 1936-37 - delle trasmissioni fu però modificata e la continuazione de I Quattro Moschettieri fu intitolata Due anni dopo. Anche in questo secondo volume la formula di Nizza e Morbelli funziona perfettamente ed anche qui scatta la autoironia fin dalla manchette: "Molte autorevoli persone ci dicono: 'In fondo, voialtri che ne avreste la capacità - (ma guarda un po' ! grazie) - potreste tentare di darvi ad un lavoro serio, un romanzo ponderato'. Davanti a queste parole ci stringiamo nelle spalle, perplessi, indecisi. Finora non abbiamo mai osato rispondere. Ci confessiamo qui. Ebbene, non scriveremo mai un'opera seria. Morremo col rimpianto di non aver vinto un premio letterario e di non essere considerati dalla Critica. Ce ne dispiace proprio. Oh, quanto ce ne dispiace! Ma fin che siamo allegri, scriveremo di questa roba. E per ora siamo molto allegri. Non c'è proprio speranza".
In verità Nizza e Morbelli cominceranno a scrivere cose "serie" appena finita la guerra; quella guerra che faceva già rimpiangere la felice stagione della radio di pochi anni prima come un lontanissimo paradiso di futilità e di sciocchezze. Con la loro invenzione radiofonica e con i due libri, Nizza e Morbelli avevano però aiutato soprattutto i ragazzi a liberarsi dei residui sentimentali del libro Cuore e di tanti patetismi ottocenteschi. E non può negarsi che, anche grazie alla radio, il loro Scherzo sia pienamente e felicemente riuscito.


la Repubblica, 9 ottobre 1984  

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