Silvana Saguto |
Dopo alcuni mesi di
silenzio il giudice che per quasi un decennio è stata la “signora”
delle misure di prevenzione, facendo e disfacendo tutto quello che
voleva, nella prospettiva del processo che la vede imputata per una
serie di gravi reati, legati all’esercizio della sua funzione, ha
deciso di passare al contrattacco e di chiamare in ballo tutti i
suoi colleghi e personaggi vari, per testimoniare che il suo modo
d’agire era quello di tutti gli uffici delle misure di prevenzione.
L’udienza avrà luogo il 22 gennaio al tribunale di Caltanissetta e
i testimoni chiamati a sua difesa sono 279. Non si sa se la corte li
accetterà tutti. Tra di essi Cesare Vincenti, già presidente
dell’Ufficio prima della Saguto, Guglielmo Nicastro Roberto Murgia,
Ottavio Sferlazza, Ettorina Contino, Sergio Lari, Giovambattista
Tona, Piero Grillo, il suo collaboratore Fabio Licata e una serie di
altri magistrati appartenenti a varie procure, in gran parte
siciliane. Molti di costoro avrebbero dato incarichi sia a
Cappellano Seminara come amministratore, sia a suo marito Lorenzo
Caramma come “perito”, non per un favore personale, ma perché ne
riconoscevano la professionalità. Nulla di nuovo sotto il sole:
abbiamo diverse volte citato l’esempio del giudice Tona di
Caltanissetta, che affidò a Cappellano l’amministrazione
giudiziaria del sequestro Padovani, che aveva gran parte delle sue
attività a Catania. Fra l’altro quella di nominare amministratori
che, per raggiungere il posto di lavoro devono sottoporsi a lunghe
trasferte, presumiamo pagate a spese dell’azienda, è una brutta
abitudine che non è venuta meno neanche nel dopo-Saguto: si pensi
alla nomina fatta dal giudice Montalbano del catanese Giuseppe
Privitera come amministratore dei beni dei Virga di Marineo:
Privitera si fa vedere poco, ma in compenso ha affidato tutto a un
suo coadiutore, anche lui catanese. Incuriosisce, tra i tanti nomi
citati come testimoni il nome di Pasqua Seminara, la moglie del
procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, della quale è noto il
rapporto di parentela con Cappellano. Tra i tanti testimoni a difesa
la Saguto cita Rosy Bindi e Claudio Fava, rispettivamente presidente
e vicepresidente della Commissione Antimafia. E’ il caso di
richiamare l’audizione 18 gennaio 2012 del prefetto Caruso,
responsabile dell’Agenzia dei beni confiscati alla mafia che ha
sede a Reggio Calabria, davanti alla Commissione Antimafia e la
successiva audizione del 17, 18 e 19 febbraio 2014, quando tutta la
Commissione fece quadrato intorno alla Saguto criticando le
dichiarazioni di Caruso, il quale, per avere squarciato il velo su
questo problema fu graziosamente messo in pensione. Allora persino
l’ANM intervenne e tutti , dal giudice Morosini, a Bindi, a Fava
si apprestarono a frettolose dichiarazioni del tipo che, tirando
fuori certe cose, “si rischiava di destabilizzare il sistema, che
si screditava l’operato della magistratura, che si rischiava di
fare un favore alla mafia”. Scarpinato e Agueci invece dovrebbero
testimoniare che l’attentato che si stava preparando per la Saguto
non era farlocco, ma era vero. Invero, da quanto è sinora emerso,
anche dall’audizione di imputati e testi, da Fabio Licata a Carmelo
Provenzano, pare di capire che la linea di difesa, senza dubbio
ispirata e pilotata dagli avvocati Ninni Reina Antonio Sottosanti e
Giulia Bongiorno (quella che difendeva Andreotti e alla fine riuscì
a farlo assolvere a metà), sia quella di valutare come “normalità”
un sistema di gestione che invece era criminoso e criminogeno. Una
sorta di “Così fan tutti” di mozartiana memoria, che per
qualche verso ricorda anche il discorso di Craxi in Parlamento sulle
tangenti. Le prendevano tutti. Era un modo d’agire comune: di cosa
dovrebbero rispondere gli imputati? Di avere servito lo stato? E così
si crea una specie di ibrida commistione tra il servire lo stato e il
servire se stessi senza che si prenda in seria considerazione che ai
tratta di due cose ben distinte e che, in questo specifico caso, il
problema sta nella legge che consente tali aberrazioni spesso fuori
da qualsiasi rispetto dei diritti costituzionali del cittadino.
Dal sito
www.ilcompagno.it (curato da
Salvo Vitale nello stile di Radio Out), 16 gennaio 2018
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