Giorgio Agamben |
A quanto pare, benché io
abbia dichiarato espressamente che non intendevo firmare l’appello
sullo ius soli, il mio nome vi è stato in qualche modo
illegittimamente inserito. Le ragioni del mio rifiuto non riguardano
ovviamente il problema sociale ed economico della condizione dei
migranti, di cui comprendo tutta l’importanza e l’urgenza, ma
l’idea stessa di cittadinanza. Noi siamo così abituati a dare per
scontato l’esistenza di questo dispositivo, che non ci
interroghiamo nemmeno sulla sua origine e sul suo significato. Ci
sembra ovvio che ciascun essere umano al momento della nascita debba
essere iscritto in un ordinamento statuale e in questo modo trovarsi
assoggettato alle leggi e al sistema politico di uno Stato che non ha
scelto e da cui non può più svincolarsi. Non è qui il caso di
tracciare una storia di questo istituto, che ha raggiunto la forma
che ci è familiare soltanto con gli Stati moderni. Questi Stati si
chiamano anche Stati-Nazione perché fanno della nascita il principio
dell’iscrizione degli esseri umani al loro interno. Non importa
quale sia il criterio procedurale di questa iscrizione, la nascita da
genitori già cittadini (ius sanguinis) o il luogo della
nascita (ius soli). Il risultato è in ogni caso lo stesso: un
essere umano si trova necessariamente soggetto di un ordine
giuridico-politico, quale che sia in quel momento: la Germania
nazista o la Repubblica italiana, la Spagna falangista o gli Stati
Uniti d’America, e dovrà da quel momento rispettarne le leggi e
riceverne i diritti e gli obblighi corrispondenti.
Mi rendo perfettamente
conto che la condizione di apatride o di migrante è un problema che
non può essere evitato, ma non sono sicuro che la cittadinanza sia
la soluzione migliore. In ogni caso, essa non può essere ai miei
occhi qualcosa di cui essere orgogliosi e un bene da condividere. Se
fosse possibile (ma non lo è), firmerei volentieri un appello che
invitasse ad abiurare la propria cittadinanza. Secondo le parole del
poeta: “la patria sarà quando tutti saremo stranieri”.
dal sito di quodlibet, postato il 18 ottobre 2017
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