Benito Mussolini fra il
1917 e il 1918 fu messo a libro paga dai servizi segreti britannici:
cento sterline alla settimana, versate in contanti da sir Hoare, il
capo della sezione che l’intelligence aveva aperto a Roma, affinché
l’allora direttore del «Popolo d’Italia» sostenesse la campagna
bellica contro Austria e Germania. La notizia è suggestiva e il
«Guardian», quotidiano di Londra, ha deciso di rilanciarla in prima
pagina innescando una catena di titoli e di interpretazioni. La
vicenda va però ricostruita per intero e integrata perché,
così come è stata divulgata, presenta alcune lacune che è
corretto colmare.
Fonte delle rivelazioni è
l’archivio che sir Samuel Hoare ha lasciato in eredità e che
dal 1960 è conservato nella biblioteca di Cambridge sotto il
nome di Templewood Papers. Sir Samuel Hoare, visconte di
Templewood, aveva lavorato dapprima alle dipendenze del
capitano Mansfiel Cumming, direttore del controspionaggio
interno, poi era passato a collaborare con il capitano
Vernon Kell, che invece comandava la sezione estera. E proprio
da questi era stato spedito a coordinare le attività della Missione
Militare Britannica a Roma.
Nell’ultimo anno
della prima guerra mondiale, due mesi dopo la disfatta di
Caporetto, sir Hoare aveva concentrato le sue attenzioni su due
fronti: le divisioni in Vaticano e la possibilità di organizzare in
Italia la propaganda in favore degli Alleati, cercando di
reclutare quanti fossero in grado di opporsi alla voce dei
pacifisti. E fra questi «agenti» di supporto, in cambio di un
contributo settimanale di 100 sterline, Hoare agganciò Benito
Mussolini, sia nella veste di giornalista sia nella veste di
agitatore e prossimo fondatore dei Fasci di combattimento.
Sir Hoare spediva a
Londra regolari rapporti, direttamente al suo superiore,
capitano Kell. Per quanto riguarda il Vaticano, il capo degli 007
annotava, grazie a un informatore nella Santa Sede, che fra i
favorevoli alle potenze nemiche c’era monsignor Pacelli, futuro
papa Pio XII, un convinto «sostenitore» della Germania. Per quanto
riguarda Mussolini, invece, ne sottolineava l’opera di
fiancheggiamento all’Impero. Addirittura in una relazione Hoare
spiegava che Mussolini gli aveva promesso di muovere una squadra di
veterani per «persuadere a restare a casa» i manifestanti riuniti a
Milano contro il conflitto bellico.
Il responsabile del
servizio segreto britannico a Roma conservò copia dei documenti e
gli eredi ne fecero dono all’università di Cambridge dove sono
catalogati minuziosamente per «parti »: la parte terza è titolata
«Vaticano e Mussolini». A quasi 50 anni di distanza due professori,
entrambi di Cambridge, sono andati a rileggerli. A quanto pare,
ognuno a insaputa dell’altro, visto che ne hanno dato annuncio in
forme e tempi diversi. Uno, Peter Martland, ha parlato diffusamente
coi giornalisti della sua «scoperta». Il secondo, Christopher
Andrew, ha scritto un libro di oltre mille pagine (The defence of
the realm , che è la «storia autorizzata» del MI5). Un
bestseller, uscito da pochi giorni.
Rivalità fra studiosi?
Comunque sia, nella poderosa opera di Andrew, si trova traccia del
Mussolini «agente degli inglesi » alle pagine 104 e 105. Poche
righe. Alle quali però vanno collegate altre due rivelazioni
contenute alla pagina 124 e di cui vi deve essere riscontro negli
archivi dei servizi segreti britannici che lo storico ha
potuto consultare. Christopher Andrew sostiene che fra i
politici inglesi non pochi negli anni Venti espressero ammirazione
per Mussolini. Cita due frasi. Winston Churchill che lo definì:
«Il salvatore del suo Paese». E il conservatore Austen
Chamberlain, ministro degli Esteri dal 1924 al 1929, che parlò
di «un uomo sincero e un patriota». Gli eventi presero poi la piega
conosciuta ma per un certo periodo Londra guardò Mussolini con
sguardo tutt’altro che preoccupato. C’era chi sapeva che era
stato un confidente della «perfida Albione».
Corriere della Sera
15.10.09
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