Un
articolo “turistico” di un grande archeologo e divulgatore.
Merita più di un aggiornamento, ma mi sembra tuttora utile per
persuadere al viaggio e per accompagnarlo con le domande giuste.
(S.L.L.)
Siracusa, Museo Archeologico Paolo D'Orsi, La Dea Madre allatta 2 gemelli, Tufo, VI sec. a.C. |
L'estate
ha appena mosso i primi passi, ed è subito tempo di turismo e di
vacanze, di distensione e di evasione. Ma c'è proprio bisogno di
seguire le vie più usuali e banali, ed ovviamente sovraccariche? E
quand'anche si scelgano le località più note, perché non cercare
in esse o presso di esse le novità, gli aspetti meno conosciuti
eppure tanto più significativi da ricordare? In particolare, la
scoperta del passato e della luce che esso getta sul presente, delle
nostre radici e quindi del senso stesso della nostra esistenza,
costituisce una suggestiva, affascinante avventura. Riflettiamo: i
luoghi più attraenti del nostro tempo sono gli stessi che attrassero
centinaia e migliaia di anni fa coloro che ci hanno preceduto. Forse
non si recavano ancora in vacanze; ma senza dubbio cercavano
anch'essi il sole, il mare, il clima temperato, l’aria limpida e la
terra fertile. Dove c'è, dunque, un luogo attuale di turismo o di
vacanze, probabilmente c’è un luogo antico. Sarà nello stesso
punto o sarà nelle vicinanze, avrà gli stessi caratteri o caratteri
diversi; ma è ben difficile che manchi. E quando lo si trova, quante
illuminazioni al confronto, quante esperienze indimenticabili!
Il
primo itinerario che proponiamo riguarda la Sicilia e particolarmente
la sua costa orientale, dove si concentra un'eccezionale serie di
centri turistici tra il mare e l'Etna: dalla celebre Taormina alla
non meno celebre Siracusa. È proprio su quest'ultima che
concentriamo l'attenzione, per alcune caratteristiche che si offrono
con fascino particolare: è la più completa, la più significativa
città greca che rimanga in Sicilia; vi sono avvenute recenti
scoperte, che dimostrano quanto ancora resta da conoscere; vi sorge
un nuovissimo, eccezionale museo, che presenta con grande attrazione
i passati e gli attuali ritrovamenti.
Non
toglieremo certo il mestiere alle guide, che condurranno la visita ai
templi di Apollo e Atena sull'isola di Ortigia, dove la fonte Aretusa
assicurò ai primi coloni greci nell'VIII secolo a. C. le condizioni
elementari per la vita; ai quartieri oltre l'istmo, con il teatro,
l'anfiteatro e le mura di Gelone; alla grande cinta muraria con il
Castello Eurialo, una delle maggiori opere difensive dell'antichità.
Né ci dorrà che si narri qualche suggestiva tradizione, come quella
della grotta di straordinarie proprietà acustiche chiamata
l'Orecchio di Dionigi, di cui sembra che quel tiranno si servisse per
ascoltare quanto dicevano i prigionieri.
Ma
sarebbe un peccato se i visitatori si fermassero a questo e se
ignorassero le novità di cui dicevamo, troppo recenti per essere
adeguatamente recepite dalle guide. Anzitutto, nell'isola di Ortigia
è tornato alla luce il più antico insediamento greco, sul fianco
del palazzo della Prefettura. Gli scavi, penetrando in profondità
nel terreno, hanno fatto riaffiorare le case dell'VIII secolo a. C.,
costituite da vani singoli e separate da cortili.
L’enigma risolto
al di là dell’istmo
Sono
allineate sul fianco di una strada che reca ancora i segni del
passaggio dei carri. Siamo alle origini della presenza greca in
Sicilia.
Non
meno rilevante è la scoperta al di là dell'istmo, in piazza della
Vittoria presso il santuario della Madonna delle Lacrime, del tempio
di Demetra e Gore, che era noto dalle fonti storiche, ma la cui
collocazione rimaneva un enigma. Ora il tempio è tornato alla luce,
e con esso alcune centinaia di statuine in terracotta di eccezionale
interesse sia artistico sia religioso, perché costituiscono la
testimonianza delle offerte votive. Al momento della scoperta, le
statuine erano allineate su tre o quattro file: proprio come dovevano
essere disposte nel santuario!
Sorge
ora la domanda: se la visita all'aperto consente di vedere i
monumenti, dove si possono vedere gli oggetti scoperti? Qui si
inserisce l'altra grande novità, quella del nuovo museo, realizzato
dal soprintendente Giuseppe Voza nel vasto parco di Villa Landolina.
Immerso nel verde, esso sorge con modernissimi criteri, aprendosi in
forma di margherita ad ampio sviluppo orizzontale. Mentre si evita
l'antica suddivisione per stanze, si sfrutta appieno la luce nelle
modernissime vetrine e fuori dalle vetrine stesse, lasciando ampio
spazio ai tabelloni didattici, alle ricostruzioni, alle fotografie
trasparenti, ai punti di sosta e di ristoro.
Vale
la pena di ricordare un episodio curioso. Alcuni anni or sono, lo
scrittore Lawrence Durrell andò con alcuni amici a visitare
Siracusa, e nella visita propose di recarsi al museo di allora, sito
in piazza Duomo. Che fosse il più importante della Sicilia, era già
noto. E tuttavia l'aspetto antiquato scoraggiò gli amici, che
preferirono un bel bar. Durrell non volle mancare la visita, ma ne
uscì deluso, parlando di «un cimitero degli elefanti». Giudizio
superficiale e ingiusto, evidentemente; ma anche la cultura ha
bisogno di essere presentata in forma che attragga, e questo avviene
certo nel nuovo museo.
I
seimila metri quadrati dell'esposizione attuale accolgono più di
quindicimila reperti disposti in tre sezioni: preistoria e
protostoria, colonie greche della Sicilia orientale, subcolonie e
centri ellenizzati.
Nell'immediato
futuro l'esposizione sarà completata da tremila metri quadrati
relativi all'età ellenistica, romana e cristiana. Nell'insieme, lo
spazio espositivo è almeno dieci volte maggiore di quello del
vecchio museo!
La Sicilia prima
dei Greci
Ma
soprattutto, l'ordinamento per epoche consente di rivivere le vicende
di Siracusa e della Sicilia antica nel modo più completo e
illuminante.
Tra
reperti, ricostruzioni e quadri esplicativi, vediamo anzitutto
com'era la Sicilia prima dei Greci. Dal XIX al XV Secolo a. C., la
cultura di Castelluccio mostra grandi tombe scavate nella roccia, con
porte sulle quali emergono in rilievo enigmatici disegni a spirale. A
partire dal XV secolo i Micenei fondano uno stabile insediamento a
Thapsos, poco a Nord di Siracusa: ne provengono ceramiche, bronzi,
ossi, paste vitree, ambre, nonché più raramente argenti e ori. Le
importazioni da Cipro e da Malta indicano l'ampio raggio del
commercio internazionale.
L'avvento
dei Greci, nell'VIII Secolo a. C., è testimoniato, nella seconda
sezione del museo, soprattutto da Siracusa e da Megara Hyblaea, poco
più a nord in un'area oggi fortemente industrializzata.
Di
Siracusa si vedono le scoperte antiche e recenti, tra cui quelle del
ricordato tempio di Demetra e Core; e spiccano le opere dell'arte
statuaria, in particolare le figure maschili «Xouroi» elegantemente
lavorate nel marmo. Non meno rilevante è Megara Hyblaea, ricca di
opere scultoree: dalla statua del medico Sambrotidas con il nome
inciso sulla coscia destra a quella femminile seduta che allatta due
bambini.
La
terza sezione del museo offre una straordinaria apertura
sull'irradiazione di Siracusa nell’area circostante, in particolare
con la fondazione delle subcolonie di Acre, Casmene e Camarina.
Notevolissima
è anche la statuaria di Granmichele, dal torso marmoreo di «Kouros»
alle statue di divinità sul trono eseguite in terracotta.
L'esposizione si estende a Gela e Agrigento, che Siracusa raggiunse
nella sua espansione. Da Gela, anzi, venne la dinastia dei
Dinomenidi, che nel VI Secolo a. C. portò Siracusa al più grande
splendore.
La
città conquistò in seguito quasi tutta la Sicilia e si fece
paladina della guerra contro i Cartaginesi; poi si legò ai Romani,
dai quali fu infine sopraffatta nel 212 a. C. Su quest'ultima fase
documenteranno le ulteriori sezioni del museo. Ma poiché abbiamo
promesso esperienze illuminanti, possiamo chiederci da ultimo: quale
impressione d'insieme ci offre oggi Siracusa, con le nuove scoperte e
le testimonianze ormai adeguatamente esposte della sua gloria?
Ebbene,
su queste sponde benedette dal mare e dal sole, ricchissime di ogni
coltivazione, aperte in promontori e insenature dove le navicelle
antiche potevano facilmente ripararsi, nacque otto secoli prima di
Cristo la storia della Sicilia e dell'Italia.
Portatori
di cultura e d'arte, i Greci portarono anche l'alfabeto, con cui gli
uomini potevano tramandare la memoria di sé. Sembra di rivederli,
quegli antichi colonizzatori, quando si scende al porto tra le viuzze
imbiancate di calce come nella madrepatria greca, cercando le
trattorie dove, ora come allora, si gusta il pesce freschissimo cotto
alla brace.
“La
Stampa”, giovedì 29 giugno 1989
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