1975 - Il delitto del Circeo Foto di Antonio Monteforte |
L’articolo che segue, di un grande fotografo di sinistra, è di circa un anno fa ed è insieme recensione di un libro e ricordo affettuoso di un maestro, un fotoreporter appassionato e geniale, Antonio Monteforte. Serve anche a rinfrescare la nostra memoria. (S.L.L.)
Antonio Monteforte |
Ci fu un tempo in cui la stampa fece la sua scelta di campo. Nel salone di un grande quotidiano romano c'era un murale che raffigurava i redattori in un atteggiamento e in un abbigliamento curioso e fuori tempo. Avevano un po' dei Tre Moschettieri e un po' di Don Chisciotte, tenevano le spade sguainate in difesa del debole e della verità, il giornale fu venduto e più di una mano di vernice passò su quelle sagome. I fotografi, il loro murale, lo continuarono giorno dopo giorno, notte dopo notte, scatto dopo scatto. Hanno qualcosa di particolare i fotografi romani, nelle loro fotografie c'è passione, c'è critica, c'è coralità, c'è grandezza. Il grande cinema è nato dal loro lavoro, dai loro occhi, dal loro senso di giustizia, dalla loro conoscenza unica della città e delle sue aspirazioni.
È sempre compatto il gruppo dei fotografi romani, anche quello dei giovani fotografi di oggi. A loro penso sia dedicato il bellissimo libro che racconta la vita e mostra il lavoro di Antonio Monteforte, curato da Vittorio Morelli ed edito da Armando Curcio. Il titolo Amore come sangue, richiama il lavoro di Antonio e dei suoi colleghi, un lavoro avvincente, totalizzante, assoluto che chiede tutto. La raccolta di scatti dagli anni '70 agli anni '90 di Monteforte, morto in un incidente d'auto nel 1993, è un lavoro fatto di tempo e luce, ingordo e avido di tempo e di luce, così ingordo, bisognoso, da rubare anche il tempo e la luce dei fotografi. Non bastano alle fotografie il tempo e la luce di cui sono fatte, che le fanno vivere. Troppo spesso pretendono il tempo e la luce dei fotografi, pretendono la vita dei fotografi.
Così è stato per Antonio, che la luce la maneggiava bene, ha illuminato per noi tutti i momenti bui e terribili, le sue fotografie li cercano, li trovano, li esaminano, li mostrano, li denunciano, li esorcizzano. Sembra di vedere la luce dei suoi lampi rimbalzare nella notte e tornare indietro a illuminare la sua bella faccia severa, il suo ciuffo, i suoi baffi.
1973 - Il rogo di Primavalle Foto di Antonio Monteforte |
I suoi occhi da ragazzo innamorato tramutavano in immagini sacre le sofferenze e le pene più atroci, santificava il dolore, Antonio. Il dolore assoluto diventava un'immagine assoluta, che chiede sempre giustizia, quella vera, fatta di amore e di memoria. Amore e memoria per la giovinezza oltraggiata e uccisa nei nostri anni, per Rosaria e Donatella (Lopez e Colasanti, massacro del Circeo, 1975), sorelle di noi tutti. Amore e memoria per Virgilio (Mattei, rogo di Primavalle, 1973), invoca la fotografia di Antonio Monteforte. Il giovane è come crocifisso al davanzale della sua povera casa di Primavalle, c'è grandezza in queste immagini, c'è condivisione, orrore, condanna. Immagini cercate e catturate con il fiuto dei grandi reporter, in un tempo in cui si giocava a carte con l'orecchio incollato alla radio della polizia. Come quella notte di fine settembre quando dalle frequenze intercettate Antonio apprende che i vigili del fuoco stanno andando in via Pola, ad aprire il portabagagli di un'auto dentro il quale sembra sia chiuso un gatto. È sua la foto di Donatella che, insanguinata, emerge dal portabagagli della 127 di Gianni Guido.
Continua ancora oggi il murale dei fotografi romani, scatto dopo scatto. È sempre compatto il gruppo dei fotografi romani; molti mancano, amici, maestri, fratelli; ce ne sono di nuovi. Filippo Monteforte ha la stessa bella faccia severa del padre.
il manifesto 17 dicembre 2011
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