14.7.18

Sessantotto. “L'Unità” denuncia «lo sfruttamento operaio nelle fabbriche umbre». Un articolo di Alberto Provantini

La copertina di un pieghevole pubblicitario dela Fornace Toppetti

PER IL PADRONE 
LA SALUTE DELL’OPERAIO 
CONTA POCO

Cinquanta morti sul lavoro in un anno - Violazioni contrattuali nelle fabbriche minori di Todi e Pantalla - Lo sfruttamento degli apprendisti

TERNI, 16 marzo
Sono morti cinquanta operai in un solo anno nella regione umbra, sul lavoro. E nello stesso anno si sono registrati quindicimila infortuni. Questi i dati drammatici, ufficiali, che si ri feriscono a due anni fa. Ed a fianco di queste cifre drammatiche sta l'altra: trentamila disoccupati. Per trovare la causa che ha prodotto questa svolta si deve andare nelle fabbriche. Il padronato della grande e piccola industria licenzia gli operai, riduce gli organici e nel contempo riesce a far aumentare la produzione. E per rispondere a questa formula si violano le leggi, i contratti, si colpisce la salute dei lavoratori.
La nostra rivelazione sui «dieci comandamenti» inviati ai «capi» della Terni ha suscitato allarme tra gli operai ed anche discussioni tra gli stessi «capi». A questi, per dissipare ogni dubbio, vogliamo ripetere che noi non siamo contro a tutto quanto si fa in una azienda pubblica, nella organizzazione del lavoro, nel riammodernamento tecnologico, nello sviluppo tecnico, nel riassetto interno. Siamo contrari invece a tutte quelle misure che pongono gli uomini sul piano delle macchine.
Ora la Temi dovrà dimostrare cosa intende con i suoi «10 comandamenti»: il banco di prova è fornito dalla trattativa in corso sugli orari di lavoro, sull'ambiente di lavoro, sulle ferie e le festività, sugli organici e sulla introduzione della quarta squadra.
La sfruttamento si ripete di fabbrica in fabbrica ed eccoci a Todi, dove ritorna la stona che abbiamo denunciato per la Pozzi o per il Cotonificio Gerli di Spoleto, proprio ieri. Licenziarono ottanta operai nel 66 perché c'era la «crisi di mercato» ed alle Fornaci Toppetti rimasero 250 operai: la «crisi» è superata, la produzione è ritopnata a livelli normali ma gli organici sono ridotti di ottanta unità. Da questo fatto dipende l'intensificato sfruttamento operaio, che si esercita negando il lavoro ai disoccupati, violando la legislazione, colpendo la salute dei lavoratori, costretti a lavorare anche nei giorni festivi, a non godersi delle ferie ed a rimanere tutto a salari infami.
Abbiamo cercato a caso due buste paga: paga base di un operaio 64 mila lire; scopriamo poi che un altro operaio ha lavorato per 88 ore «straordinarie ». Alle Fornaci Tappetti le violazioni contrattuali non avvengono con tanti sottorfigi ma alla luce del sole. Sulla busta paga si legge che di sabato l’operaio lavora otto ore come gli altri giorni della settimana. quando il contratto invece prevede la riduzione di quattro ore di lavoro.
È certo che poi si mette in moto anche qui la macchina degli «accorgimenti». Ecco allora che per 50 operai si fissa il cottimo e per gli altri, che sono costretti a stare al ritmo di questi 50 operai si instaura il lavoro ad economia. E la domenica è sempre segnata in nero sul calendario di questi operai. Lavoratori che non usufruiscono dei riposi retribuiti e delle ferie. Con questa politica Toppetti ha mantenuto ed aumentato i livelli produttivi diminuendo i costi di produzione, diminuendo i livelli di occupazione. colpendo tutta la economia della zona e la salute dei lavoratori.
Dalla vecchia fabbrica alla nuova azienda, da Todi a Pantalla la strada è breve e la politica di Toppetti è quella dei fratelli Granieri. proprietari delle tre fabbriche di Pantalla: la ILFE. per gli infissi, la Tedas, la Elcom; altri duecento operai. Sono fabbriche nuove dove prevalgono la manodopera giovanile. gli apprendisti. E' proprio sui giovani, sugli apprendisti che lo sfruttamento è più pesante e si esercita anche a buon mercato, con un salario che, quando tutto va bene, è di trentamila lire al mese. Queste violazioni sono state oggetto di indagini dell'Ispettorato del lavoro ma si attendono ancora le conclusioni.
Ma per questi ragazzi la conclusione è sempre la stessa quando arriva la cartolina rosa per il servizio militare arriva anche la lettera di licenziamento. «Vanno in pensione a venti anni» questi giovani. Ed in queste fabbriche giovani si praticano i vecchi sistemi — ci dice il segretario della Camera del lavoro Gonnellini — del padronato che rifiuta la presenza del sindacato, che nega la libertà nella fabbrica.

l'Unità, domenica 17 marzo 1968

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