4.9.18

Charles Dickens a Genova (Luca Panichi)

Genova. Le campane del Duomo di San Lorenzo

La tradizione del Grand Tour in continente, nell'Ottocento era radicata presso i letterati inglesi. Dopo circa otto anni di lavoro assiduo e non sempre gratificante, Dickens decise di effettuare un viaggio in Italia con la sua famiglia, dal luglio del 1844 al giugno del 1845, compiendo un itinerario tra Genova, la prediletta, Venezia, Verona, Firenze, Roma e Napoli. La decisione non scatura solo da una voglia di vacanza, dal bisogno di sfuggire alle continue richieste di denaro, o alla ricerca di nuovi spunti e arricchimenti, ma dalla determinazione di interrompere per qualche anno la produzione di romanzi per ripresentarsi al pubblico con la reputazione di aver visto molte cose e la speranza di una rinnovata presa sui lettori. Dickens incaricò l'amico Fletcher, scultore ormai residente da tempo in Italia, di affittargli una villa a Genova da tenere come punto di riferimento per le possibili escursioni successive. Il 16 luglio 1844 Dickens arriva a Genova e si sistema a Villa Bagnarello, in via S.Nazaro ad Albaro (oggi chiamata Villa Barabino sulla quale nel 1894 venne infissa una lapide sopra la porta per ricordarne il soggiorno), che lui stesso definiva una Pink Jail (Prigione Rosa). Ma non è una vita da recluso quella che fa Dickens a Genova. Magari si sente esiliato, senza saperne bene il perché. Il 23 settembre 1844 i Dickens si traferiscono nel Palazzo delle Peschiere (Villa Pallavicini). Le sue occupazioni, quando non scrive sono di andare «a zonzo...in tutti i buchi e gli angoli del vicinato...», tuttavia la prima impressione non fu delle migliori: «...ci vuole un pò di tempo e di abitudine per superare la sensazione di depressione che, all'inizio, nasce da tanta rovina e da tanta trascuratezza...». Poi cominciano pian piano a emergere le qualità positive della città. L'attenzione di Dickens quindi non è rivolta all'arte, ma alle sensazioni suscitate dall'ambiente e dall'elemento umano. Il cielo azzurro sopra Genova e il blu del mare davanti al golfo «più bello d'Italia», danno subito luce e dolcezza al suo sguardo colto sulla penisola. In questo periodo indirizzò frequenti lettere agli amici inglesi e ad una quantità di persone con cui aveva rapporti più o meno profondi, documentando il divertimento, gli stupori e le sue perplessità. Il distacco dall'Italia, infine è una dichiarazione d'amore: «Non posso dimenticare nulla di questo paese. Vivo nel passato, ora, in composta tristezza». Quando rientrò in patria, Dickens, fece una faticosa operazione di recupero delle sue lettere presso i vari destinatari, egli intendeva rimescolare e rielaborare quella materia per il pubblico. Prima per i lettori del Daily News, il quotidiano da lui fondato, diretto e subito abbandonato nel 1846, poi per la realizzazione di un libro di viaggio: Pictures from Italy. Il libro uscì il 18 maggio del 1846, venne recensito duramente e, oscurato dalle opere maggiori, presto dimenticato.
Durante il suo soggiorno a Genova, Dickens scrive Le Campane, uno dei suoi cinque Racconti di Natale, al quale comincia a lavorare da ottobre, vivendo in uno stato di «furiosa eccitazione». Dickens dichiara di non aver mai esitato tanto prima di iniziare un racconto. Nel momento in cui si era seduto al tavolo con la ferma intenzione di lavorare, era salito dalla città un tale frastuono di campane da farlo impazzire. Il vento gli aveva portato tutti i rintocchi dei campanili di Genova e le sue idee si erano messe a vorticare fino a perdersi in un turbinio di irritazione e stordimento. Scrive: «...specialmente nei giorni festivi, le campane delle chiese suonano incessantemente; non in armonia, o in qualche conosciuta forma sonora, ma in un orribile, irregolare, spasmodico den den den, con una brusca pausa ogni quindici den o giù di lì; una cosa da impazzire.». Sarà poi, paradossalmente, quello stridente concerto a fornirgli lo spunto e il titolo per il racconto di Natale. In una lettera a John Forster rivela di svegliarsi alle sette e di lavorare, dopo un bagno freddo e la colazione, fino alle tre del pomeriggio: «...avere trovato il titolo e sapere come sfruttare lo spunto delle campane è una gran cosa. Che mi assordino pure da tutte le chiese e conventi di Genova, ormai: non vedo altro che la cella campanaria di Londra in cui le ho collocate...».
Nell'ottobre del 1853, Dickens visitò nuovamente Genova. Alloggiò all'albergo Croce di Malta (vico dei Morchi). Il suo intento era quello di tornare sui luoghi di un tempo. Molti erano fondamentalmente immutati, Albaro, i vicoli, ma la sua villa preferita al mondo, le Peschiere era diventata un collegio femminile, i dipinti di divinità pagane erano stati censurati e i giardini lasciati all'incuria. Comunque sia Dickens rimane del suo parere iniziale che, in quanto a bellezza pittoresca e carattere, nessuna città d'Italia, seconda solo a Venezia, può competere con Genova.

dal sito F.O.S.C.A. dell'Università di Genova

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