Genova. Le campane del Duomo di San Lorenzo |
La tradizione del Grand
Tour in continente, nell'Ottocento era radicata presso i letterati
inglesi. Dopo circa otto anni di lavoro assiduo e non sempre
gratificante, Dickens decise di effettuare un viaggio in Italia con
la sua famiglia, dal luglio del 1844 al giugno del 1845, compiendo un
itinerario tra Genova, la prediletta, Venezia, Verona, Firenze, Roma
e Napoli. La decisione non scatura solo da una voglia di vacanza, dal
bisogno di sfuggire alle continue richieste di denaro, o alla ricerca
di nuovi spunti e arricchimenti, ma dalla determinazione di
interrompere per qualche anno la produzione di romanzi per
ripresentarsi al pubblico con la reputazione di aver visto molte cose
e la speranza di una rinnovata presa sui lettori. Dickens incaricò
l'amico Fletcher, scultore ormai residente da tempo in Italia, di
affittargli una villa a Genova da tenere come punto di riferimento
per le possibili escursioni successive. Il 16 luglio 1844 Dickens
arriva a Genova e si sistema a Villa Bagnarello, in via S.Nazaro ad
Albaro (oggi chiamata Villa Barabino sulla quale nel 1894 venne
infissa una lapide sopra la porta per ricordarne il soggiorno), che
lui stesso definiva una Pink Jail (Prigione Rosa). Ma non è una vita
da recluso quella che fa Dickens a Genova. Magari si sente esiliato,
senza saperne bene il perché. Il 23 settembre 1844 i Dickens si
traferiscono nel Palazzo delle Peschiere (Villa Pallavicini). Le sue
occupazioni, quando non scrive sono di andare «a zonzo...in tutti i
buchi e gli angoli del vicinato...», tuttavia la prima impressione
non fu delle migliori: «...ci vuole un pò di tempo e di abitudine
per superare la sensazione di depressione che, all'inizio, nasce da
tanta rovina e da tanta trascuratezza...». Poi cominciano pian piano
a emergere le qualità positive della città. L'attenzione di Dickens
quindi non è rivolta all'arte, ma alle sensazioni suscitate
dall'ambiente e dall'elemento umano. Il cielo azzurro sopra Genova e
il blu del mare davanti al golfo «più bello d'Italia», danno
subito luce e dolcezza al suo sguardo colto sulla penisola. In questo
periodo indirizzò frequenti lettere agli amici inglesi e ad una
quantità di persone con cui aveva rapporti più o meno profondi,
documentando il divertimento, gli stupori e le sue perplessità. Il
distacco dall'Italia, infine è una dichiarazione d'amore: «Non
posso dimenticare nulla di questo paese. Vivo nel passato, ora, in
composta tristezza». Quando rientrò in patria, Dickens, fece una
faticosa operazione di recupero delle sue lettere presso i vari
destinatari, egli intendeva rimescolare e rielaborare quella materia
per il pubblico. Prima per i lettori del Daily News, il quotidiano da
lui fondato, diretto e subito abbandonato nel 1846, poi per la
realizzazione di un libro di viaggio: Pictures from Italy. Il
libro uscì il 18 maggio del 1846, venne recensito duramente e,
oscurato dalle opere maggiori, presto dimenticato.
Durante il suo soggiorno
a Genova, Dickens scrive Le Campane, uno dei suoi cinque
Racconti di Natale, al quale comincia a lavorare da ottobre,
vivendo in uno stato di «furiosa eccitazione». Dickens dichiara di
non aver mai esitato tanto prima di iniziare un racconto. Nel momento
in cui si era seduto al tavolo con la ferma intenzione di lavorare,
era salito dalla città un tale frastuono di campane da farlo
impazzire. Il vento gli aveva portato tutti i rintocchi dei campanili
di Genova e le sue idee si erano messe a vorticare fino a perdersi in
un turbinio di irritazione e stordimento. Scrive: «...specialmente
nei giorni festivi, le campane delle chiese suonano incessantemente;
non in armonia, o in qualche conosciuta forma sonora, ma in un
orribile, irregolare, spasmodico den den den, con una brusca pausa
ogni quindici den o giù di lì; una cosa da impazzire.». Sarà poi,
paradossalmente, quello stridente concerto a fornirgli lo spunto e il
titolo per il racconto di Natale. In una lettera a John Forster
rivela di svegliarsi alle sette e di lavorare, dopo un bagno freddo e
la colazione, fino alle tre del pomeriggio: «...avere trovato il
titolo e sapere come sfruttare lo spunto delle campane è una gran
cosa. Che mi assordino pure da tutte le chiese e conventi di Genova,
ormai: non vedo altro che la cella campanaria di Londra in cui le ho
collocate...».
Nell'ottobre del 1853,
Dickens visitò nuovamente Genova. Alloggiò all'albergo Croce di
Malta (vico dei Morchi). Il suo intento era quello di tornare sui
luoghi di un tempo. Molti erano fondamentalmente immutati, Albaro, i
vicoli, ma la sua villa preferita al mondo, le Peschiere era
diventata un collegio femminile, i dipinti di divinità pagane erano
stati censurati e i giardini lasciati all'incuria. Comunque sia
Dickens rimane del suo parere iniziale che, in quanto a bellezza
pittoresca e carattere, nessuna città d'Italia, seconda solo a
Venezia, può competere con Genova.
dal sito F.O.S.C.A.
dell'Università di Genova
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