Charles
Dickens arriva a Venezia l’11 novembre del 1844 e cinque giorni
dopo è a Verona. Nel libro Visioni italiane si legge: «Tante
e tante volte ho pensato da allora a questo strano sogno sull'acqua,
un po’ curioso di sapere se si trovi ancora lì e se il suo nome
sia Venezia». Sulla città lagunare ad un amico il 12 novembre
scrive: «Non c'è nulla di ciò che avrai sentito a proposito di
Venezia che possa trasmettere la sua magnifica e stupenda realtà. Le
immagini più fantastiche delle Mille e una notte non sono niente in
confronto a Piazza di San Marco e le prime impressioni dell'interno
della chiesa. La bellissima e meravigliosa realtà di Venezia va
oltre la più stravagante fantasia di un sognatore. L'oppio non
riuscirebbe a creare un posto come questo, e un posto così
incantevole non potrebbe venire fuori neppure da una visione».
Allo
scrittore l’Italia ed il suo paesaggio appaiono come immagini
proiettate da una lanterna magica.
Non poteva
dimenticarlo l’unico museo al mondo del Precinema, la Collezione
Minici-Zotti che nella sua prestigiosa sede al piano alto del
quattrocentesco Palazzo Angeli in Prato della Valle a Padova, in
occasione del bicentenario della nascita del geniale scrittore
inglese, propone fino al 23 giugno una mostra dedicata al viaggio in
Italia che Dickens fece tra il 1844 ed il 1845.
L’Italia,
con i suoi paesaggi, «un distillato del mondo» secondo Guido
Piovene, due secoli prima suscitò meraviglia allo scrittore
vittoriano che nel capitolo «Un sogno italiano» aggiungeva:
«Viaggiavo ormai da alcuni giorni e non mi ero riposato che
pochissimo, soltanto la notte. Le novità che mi erano passate
davanti alla
svelta, una dietro l’altra, tornavano ora in me come sogni appena
abbozzati; e mentre proseguivo il viaggio per una strada solitaria,
una folla di cose terribilmente confuse mi vagava nella mente.
Accadeva ogni tanto che qualcuna di queste si arrestasse, per cosi
dire, nel suo incessante migrare e mi desse modo di guardarla ferma,
coglierla in piena chiarezza. Pochi momenti dopo si dissolveva come
un'immagine proiettata dalla lanterna magica; e mentre in un tratto
mi appariva del tutto chiara, in un altro sbiadita e in un altro
ancora nascosta, ecco che una nuova visione, uno dei tanti luoghi
veduti di recente, cominciava ad insorgere indugiando dietro di essa
e apparendomi subito dopo». La mostra vuole fedelmente ricreare
questo senso di meraviglia esponendo oltre 200 vetrini d’epoca per
lanterna magica che riproducono paesaggi e persone così come li
ammirò lo scrittore inglese. Nelle bacheche si potranno apprezzare
l’intera collezione di vetrini che accompagnavano The Marley’s
Ghost e The Chimes, i primi due racconti di Natale di Dickens, che
saranno anche proiettati in dvd, riprodotti dai vetri originali per
Lanterna Magica, nel piccolo teatrino del museo. «Dickens ha
riservato le sue più belle pagine a Venezia - spiega Laura Minici
Zotti direttrice del museo nonché abile lanternista - in mostra
esporremo 14 vedute fotografiche con effetto giorno-notte che si
potranno osservare attraverso il Megaletoscopio costruito dal
fotografo Carlo Ponti (niente a che fare con la Loren), uno svizzero
che abita a Venezia e nel 1864 impara da un fotografo il sistema per
fare uno strumento che riproduce la tridimensionalità. Così si
potranno ammirare il Canal Grande, il Palazzo Ducale ma anche la
festa del Redentore esattamente come le ha viste Dickens nel suo
soggiorno veneziano».
In
esposizione, dunque, immagini dipinte su vetro e a movimento,
suggestive dissolvenze che rappresentavano un’attrazione
irresistibile per gli ingenui spettatori ottocenteschi. L’inizio di
una nuova forma di rappresentazione, a metà strada tra spettacolo e
narrazione, che pochi anni più tardi sfocerà nei film di Méliès e
nel cinema dei fratelli Lumière. Il cineasta americano David W.
Griffith per spiegare il fenomeno della dissolvenza incrociata che
lui nei primi anni del ‘900 usava come segno di interpunzione per
introdurre o concludere un flashback, per rassicurare i suoi
produttori, amava ricordare che si trattava di procedimenti già
usati da Dickens nei suoi romanzi. Che Dickens scrittore, giornalista
e reporter di viaggio conoscesse ed usasse la lanterna magica per
accompagnare quanto diceva con le immagini dei suoi racconti, è
molto probabile. Ne è certa Minici Zotti che spiega. «Sono convinta
che lo scrittore, che spesso leggeva i suoi libri in pubblico,
accompagnasse le sue conferenze con le immagini che illustravano i
suoi libri. Ho trovato on line un disegno che lo riprende mentre ha
in mano una bacchetta che sembra seguire una immagine». Nell’unico
racconto scritto in Italia nell’estate del 1844 (Le
campane),
Dickens scrive: «Per una o due settimane riesco a scrivere benissimo
in un luogo ritirato e un giorno Londra mi rimette in sesto e mi fa
ripartire. Ma la fatica e il lavoro di scrivere giorno dopo giorno
senza quella lanterna magica sono immensi».
Ma
ritorniamo alla mostra. In esposizione ci sono vetrini che illustrano
altre città italiane tra cui Padova, Genova e Roma. Alcune immagini
sono a colori e rigorosamente disegnate a mano, talmente splendide da
far dire a Paolo Cherchi Usai che «hanno la fiammeggiante bellezza
delle miniature medievali». Ben centoventi vetrini, rarissimi ed
acquistati in Inghilterra ad un’asta, illustrano i libri dello
scrittore inglese, in particolare i testi de La piccola Nell e suo
nonno, realizzati dalla ditta inglese E.G.Wood, 2 Queen Street,
Cheapside, London.
Altri
trenta vetri colorati a mano di una perfezione pittorica notevole
illustrano invece il racconto Le campane. Altrettanti, datati 1880,
sono riservati al racconto Marlej’s Ghost, fotografie su vetro
della ditta londinese York and Son. In esposizione, ancora, vetrini
con incisioni di Oliver Twist, Little Nell, Circolo Pickwick, Martin
Chuzzlewit.
“alias
il manifesto”, 4 aprile 2012
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