4.9.18

Una mostra a Parigi. Van Dongen, un olandese nel mitico Bateau Lavoir, il condominio degli artisti (Sebastiano Grasso)

Uno dei tipici ritratti di Kees Van Dongen

Agli inizi del Novecento, il Bateau-Lavoir di Parigi, ex fabbrica di pianoforti in place Emile Goudeau, viene trasformata in appartamentini (non hanno né luce né gas e l’acqua arriva solo al primo piano) destinati a studi di artisti. Fra essi, Braque, Jacob, Picasso, Léger, Matisse, Cocteau, Gris, Brancusi, Modigliani, Gauguin (reduce da Tahiti). Dal dicembre 1905 ci va a stare, per circa un anno, anche l’olandese Cornelis Theodorus Maria (Kees) van Dongen (1877-1968) con la compagna Augusta Preitnger («Guus») e la figlia Dolly. «Guus è vegetariana — scrive Dan Franck ne La favolosa Parigi d’inizio secolo — e dai van Dongen si mangiano solo.spinaci». Una volta che l’artista si separa dalla donna, va a mangiare al ristorante, sulla cui porta appare il cartello: «Dove si può vedere van Dongen mettere il cibo in bocca, masticarlo, digerirlo e fumare? Da Jordan ristoratore, 10 rue des Bons-enfants».
Al Bateau-Lavoir gli artisti fumano l’oppio comprato dai marinai provenienti dall’Indocina; oppio che a qualcuno produce strani effetti. Apollinaire, per esempio, lo fuma assieme a Picabia e crede di essere in un bordello; Picasso — che in quel periodo vive con Femande Olivier e dipinge Les demoiselles d’Avignon — ogni tanto grida che con l’avvento della fotografia, la sua arte non vale nulla: allora è meglio suicidarsi. Effetti momentanei, s’intende, che non hanno seguito.
Kees Van Dongen
Esperienze, queste al Bateau-Lavoir, importantissime per la stagione fauve di Kees van Dongen, cui Parigi, per l’anno culturale olandese in Francia, dedica al Musée de Montmartre (sino al 26 agosto) la rassegna Van Dongen et les artistes du Bateau-Lavoir, a cura di Anita Hopmans: una settantina fra oli e disegni che restituiscono un’immagine precisa di questo artista anarchico e mondano.
A Parigi, Kees arriva nel 1897: vent’anni e tanta voglia di farsi strada. Ha con sé alcuni dipinti con scene popolari eseguiti nella città natia e altri dell’iniziale soggiorno parigino del 1897 e di quello definitivo dai 1899. Nel 1904, la sua prima personale, l’incontro con Derain e la conversione al fauvismo. Per vivere, il giovane olandese fa disegni satirici per alcuni periodici, lo strillone di giornali, il fattorino ed essendo piuttosto robusto come George Braque, persino il lottatore nelle fiere.
Nella mostra di Montmartre c’è anche il ritratto di Fernande. Raccontano che nel vedere le sembianze seminude dell’amante, Picasso l’abbia presa a sberle. Lei era scappata: non solo per questo ma anche per la troppa sporcizia dello studio dell’artista spagnolo. Cosi Pablo aveva chiesto ad Apollinaire di aiutarlo a pulire ed aveva regalato alla donna profumi così forti che quando Femande era da lui, gli amici ne captavano l’odore («Madame Picasso è da queste parti», dicevano).
Se i primi nudi dipinti in Olanda avevano un aspetto «domestico», adesso Kees cerca le sue modelle nei bordelli e per le strade: prostitute, bottegaie, cabarettiste, acrobate. L’eclettismo giovanile lascia il posto a una tavolozza dai colori accesi. Le sue donne hanno occhi grandi e labbra rosso-fuoco. Sarà Lo scialle spagnolo, esposto al Salon nel 1913, a farlo notare alla Parigi che conta, un dipinto suscita scandalo, ma fa sì che sull’artista olandese si apra un forte dibattito. È l’inizio del successo. Grazie soprattutto a due nuove amanti — Jasmy Jacob, direttrice commerciale di grandi case di moda, e la marchesa Luisa Casati — e a Felix Fenelon, il critico più importante di allora. Van Dongen diventa il ritrattista del «bel mondo»: politici e cortigiane, letterati e attrici, ambasciatori e cantanti liriche, galleristi e finanzieri. Insomma, la borghesia si mette in posa.
Kees ritrae le donne non come sono, ma come vorrebbero essere; le rende desiderabili, irresistibili. Con un tratto sono selvagge, orientaleggianti, carnali, con languori di sapore baudeleriano. Il pittore coglie i patiti dell’Opera, le boutique della moda. Ritratti e ancora ritratti: per lui posano anche Leopoldo III del Belgio e l’Agha Khan. In realtà, sul piano artistico — a parte i rapporti coi fauves e alcuni espressionisti tedeschi — Kees se ne sta lontano da gruppi e correnti.
Per i temi trattati viene accostato a Degas e a Toulouse-Lautrec. Negli anni Venti, il «salto». Sino a quando, nel 1941, Amo Breker, scultore ufficiale del III Reich, lo invita in Germania. Viaggio, questo, che i francesi non gli perdonano. Al rientro a Parigi viene boicottato. Tant’è che, lasciata la Ville Lumière, va in Bretagna e, nel '47, a Montecarlo, dove comprerà una villa. Cui, in ricordo dei vecchi tempi, darà il nome di Bateau-Lavoir.

Corriere della sera, 1 luglio 2018

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