Vincenzo Cerami |
Si può mentire a fin di
bene, quando la verità crea angustie pur non servendo a niente. Si
può mentire a fini strumentali, come durante le elezioni, durante
una guerra e nelle crisi d'amore. Ma si può mentire anche per
nascondere qualche insuccesso, per esempio di ritorno dalla caccia o
dalla pesca. Capita di mentire quando si sa che la verità non serve
e quando si sa che chi ascolta non sa distinguere tra vero e falso.
La menzogna ideale è del mentitore che parla a una folla sorda o,
peggio, che dimentica. In questo caso verità e menzogna hanno lo
stesso valore. È più facile, e più comodo mentire a coloro che non
hanno futuro, vista l'impossibilità di verifica. Chi non ha futuro è
un eterno moribondo, ogni promessa che gli si fa non è mai debito.
Si dice che la mezza verità è una menzogna completa, e che le
menzogne sono sempre ben vestite, mentre la verità va in giro nuda.
Ciò che è vero esiste, la menzogna è un'invenzione.
Quanto detto fino ad ora
non è del tutto esatto. Ci sono molte verità (probabilmente la
maggior parte) che si possono dire solo attraverso una serie di
invenzioni, di bugie. Ogni volta che risulta difficile convincere
qualcuno che si sta dicendo il vero, si ricorre necessariamente a un
sotterfugio retorico, a un piccolo raggiro semantico. Già il ricorso
alla similitudine o alla metafora è un segno di incertezza sulla
propria capacità di persuasione diretta: per dire una verità si
inventa una bugia. Se così non fosse non esisterebbe la letteratura
o per lo meno, la letteratura sarebbe solo voce di mentitori. Invece
non c'è niente di più vero dell'infinito e dolente vorticare
nell'aria di Paolo e Francesca. La verità è che non esiste la
verità, ma esistono solo le sue metafore.
l’Unità, Domenica 24 Gennaio 2010
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