È possibile che
l'Alzheimer abbia, anche, un'origine virale: a suggerirlo, seppure in
modo non definitivo, è uno studio americano, pubblicato su “Neuron”,
dove è stato sequenziato il Dna dei tessuti di mille cervelli. I
ricercatori hanno trovato, nel 30 per cento dei 622 cervelli di
malati di Alzheimer precoce, una quantità molto maggiore di due
ceppi dell'herpes virus, HH-V6A e HHV7, diversi dal più comune
Herpes simplex, e capaci di infettare i neuroni. «La nostra
ricerca era nata per studiare i geni coinvolti nell'Alzheimer, in
modo da cercare una cura. A un certo punto però, grazie al
sequenziamento di nuova generazione - una tecnologia che permette di
individuare molte più tracce di Dna - abbiamo fatto una scoperta:
alcuni geni, che fanno la differenza tra chi si ammala di Alzheimer e
chi no, hanno anche un ruolo antimicrobico e antivirale» spiega il
genetista Joel Dudley, della Mount Sinai School of Medicine di New
York. «Questo è stato il primo indizio del possibile coinvolgimento
di virus nella malattia».
Dopo aver riscontrato la
maggior presenza di Dna virale nei cervelli dei malati, i ricercatori
hanno affrontato un'altra questione: «Ci siamo chiesti se il virus
fosse solo un "passeggero", senza rapporti con la malattia.
Abbiamo perciò ricostruito i messaggi chimici che il Dna dei malati
e il Dna dei virus si scambiano, elaborando una mappa». Risultato:
qualche relazione c'è, ma non è detto che sia di causa-effetto:
potrebbe essere il virus a scatenare l'Alzheimer ma è anche
possibile che, con il cervello indebolito dall'Alzheimer, per il
virus sia più facile proliferare. «Perciò è presto per ipotizzare
che i farmaci antiretrovirali possano prevenire l'Alzheimer» dice
Dudley. «Ma è importante capire di più sul ruolo dei virus, e
quindi del sistema immunitario, nella malattia».
IL VENERDÌ di
“Repubblica” ■ 6 LUGLIO 2018
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